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ROMA – Tagliare il numero dei parlamentari o no? Questo il quesito per 46.641.856 italiani chiamati al voto per il referendum di oggi e lunedì. Ad essere precisi sarà questo il quesito che gli elettori troveranno nella schede verde chiaro: “Approvate il testo della legge costituzionale concernente Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana – Serie generale – n.240 del 12 ottobre 2019?”. Si o No. Risposta semplice.
Non lo è altrettanto la previsione sulla partecipazione. L’astensionismo potrebbe essere più alto laddove non ci sono altre votazioni ovvero regionali e amministrative che si svolgeranno contestualmente al referendum del 20 e 21 settembre. Inoltre, c’è un altro fattore che potrebbe pesare: i timori per l’emergenza Covid.
Si vota oggi e domani fino alle 15. Il referendum è confermativo ovvero non si tratta di abrogare una legge, ma di approvare una riforma. Gli elettori sono infatti chiamati a confermare o bocciare la riforma degli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione italiana, modifica approvata dal Parlamento l’anno scorso che prevede il taglio dei parlamentari, riducendo l’attuale numero da 945 a 600, per un totale di 400 deputati (ad oggi sono 630) e di 200 senatori (al momento sono 315), mantenendo i senatori a vita (ma riducendone il numero, al massimo 5 in totale). Prevista anche una diminuzione dei parlamentari all’estero: i deputati scendono da 12 a 8, i senatori da 6 a 4.
Il quorum non serve per il referendum sul taglio del parlamentari trattandosi di un referendum costituzionale confermativo. L’esito delle urne sarà valido anche se il 20 e 21 settembre 2020 non si raggiungerà il 50% più uno dei votanti. A differenza di quanto succede invece con i referendum abrogativi, questa volta l’astensione dal voto non “varrà” come un no. Questo è il quarto referendum confermativo della storia della Repubblica italiana.
Se vincono i Sì il taglio dei parlamentari entrerà in vigore dopo le prossime elezioni politiche. Resteranno i senatori a vita nominati dal Presidente della Repubblica per altissimi meriti in campo sociale, scientifico, artistico e letterario, ma potranno essere un massimo di 5 (finora cinque senatori erano quelli che ciascun Capo dello Stato poteva nominare, secondo l’articolo 59 della Costituzione).
Nelle elezioni della pandemia, le prime che si svolgono a settembre in Italia, il centrodestra unito non punta solo a vincere. Sogna la “remuntada”, per ribaltare l’attuale equilibrio del 2 a 4 e magari andare oltre. Quattro infatti le regioni, al voto, governate ora dal Pd (Puglia, Campania, Marche e Toscana) contro Veneto e Liguria, in mano a presidenti di centrodestra in corsa per il bis.
Eppure sono proprio i Democratici a “ballare” di più con la “rossa” Toscana diventata contendibile, l’unica con il ballottaggio. In ballo pure Marche e Puglia, dove il Pd è insidiato da Francesco Acquaroli e Raffaele Fitto di Fratelli d’Italia. Il primo potrebbe strappare la regione mai stata a destra, il secondo potrebbe riprendersi la Puglia. Se l’impresa riuscisse, diventerebbero tre i governatori FdI (dopo Marco Marsilio, in Abruzzo).
E crescerebbe il bottino totale delle regioni gestite dal centrodestra, oggi 12 su 18 escluse le due “autonome”. Tra i Dem, invece, la speranza è di chiudere la partita 3 a 3, contando sulla conferma di Vincenzo De Luca in Campania. La sfida si gioca in sei regioni, più la Valle d’Aosta. Guardando gli altri rivali sul ring, i 5 Stelle corrono da soli ovunque tranne in Liguria con Ferruccio Sansa, unico candidato sostenuto insieme da M5s e Pd. Nel weekend, urne aperte anche in 1.184 Comuni e per esprimersi sul referendum.
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