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Raffaele Fitto

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C’è il “sì” ufficiale della Commissione europea alla proposta di revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) inviata in agosto a Bruxelles. E “allegato” al via libera c’è anche l’apprezzamento per un’operazione che ha portato alla messa in campo di un progetto considerato più “ambizioso”, oltre che sul fronte energetico attraverso l’introduzione del capitolo RepowerEu, anche su quello delle sfide climatica e digitale – sulle due grandi transizioni quindi, per cui la percentuale dei fondi passa rispettivamente dal 37,5% al 39,5% e dal 25,1% al 25,6%.

E non solo, per la Commissione, diverse misure del “piano modificato saranno in grado di contribuire a rafforzare la competitività del Paese e la resilienza dell’economia italiana” e si citano quelle volte a “potenziare la resilienza del sistema sanitario, rafforzare l’efficacia delle politiche attive del mercato del lavoro, sostenere il sistema educativo e ridurre le disparità regionali”. Insomma, una promozione piena quella arrivata da Bruxelles – a differenza di quella con riserva sulla Manovra -, accolta con soddisfazione dalla premier Meloni che ancora giovedì era tornata a difendere l’operato dell’esecutivo sul Recovery in sede di premier time di fronte alle accuse di ritardi avanzate delle opposizioni.

«Abbiamo la conferma di aver fatto un lavoro di cui il governo può essere molto fiero. Abbiamo fatto ciò che avevamo promesso che avremmo fatto, siamo scesi nel concreto, abbiamo verificato le criticità e le abbiamo superate, abbiamo fatto in modo che tutti i soldi del Pnrr venissero spesi nei tempi e quindi abbiamo concentrato le risorse sulla crescita e la modernizzazione della nazione e mi pare che il risultato, sul quale in pochi scommettevano, dice che non era una scelta sbagliata», ha affermato, ringraziando poi la Commissione Ue che «è stata sicuramente rigida per certi versi, ma molto aperta alla possibilità che queste risorse fossero spese nel migliore dei modi».

La presidente del Consiglio ha parlato al termine del confronto a Palazzo Chigi sulla manovra con le associazioni datoriali (martedì l’appuntamento con i sindacati). Ha sottolineato che molte delle misure indirizzate alla crescita, alle infrastrutture e al sostegno del tessuto produttivo sono state contemplate negli interventi riformulati del Pnrr e non nella Legge di Bilancio «che è per forza di cose seria, responsabile», seguendo una logica di complementarietà. Si tratta in totale di più di 21 miliardi: «di fatto una seconda manovra tutta destinata alla crescita». Risorse “recuperate” dall’efficientamento del Piano che ora ha a disposizione una dote maggiore, pari a 194,4 miliardi (122,6 in sovvenzioni e 71,8 in prestiti): ai 191,5 originari se ne aggiungono altri 2,8 – 2,7 miliardi di quote ETS più «un piccolo ricalcolo» di circa 100 milioni (0,146 miliardi, nel dettaglio).

Il Piano comprende ora 66 riforme, 7 in più: 5 previste nel capitolo RepowerEu – che vale complessivamente 11 miliardi – ha spiegato il ministro degli Affari regionali, Raffaele Fitto, illustrando il “restyling” in conferenza stampa – per quanto riguarda le altre due la prima concerne gli incentivi alle imprese (e mette in atto un piano di razionalizzazione e rafforzamento delle misure, ndr), l’altra la Coesione (mira a garantire il rispetto dei requisiti dei programmi e l’attuazione degli interventi, ndr) e «rappresentano un’altra grande sfida e un messaggio importante in questa direzione».

La riprogrammazione complessiva delle risorse è pari a 21,4 miliardi: 2,8 miliardi di risorse aggiuntive; 9 miliardi derivano da rimodulazioni operate all’interno del Piano per economie maturate da ribassi d’asta e adeguamenti dei progetti; 11,5 miliardi dal definanziamento di misure in ritardo o inammissibili per le quali, ha ribadito il ministro, è garantita la copertura a carico di altri programmi, ovvero lo stesso Pnrr, i fondi di sviluppo e coesione o il fondo complementare che sarà oggetto di verifica, ha anticipato Fitto, dal memento che alcuni degli interventi previsti saranno anch’essi oggetto di «una verifica di fattibilità».

Per martedì il ministro ha convocato una cabina di regia cui prenderanno parte anche i rappresentanti di Comuni, Province e Regioni con cui verranno condivise le modalità ed i termini per assicurare la copertura finanziaria di tutti gli interventi programmati dagli Enti locali. «Il decreto di finanziamento non è stato toccato – ha puntualizzato il Fitto – appena si sarà conclusa, con l’ok del Consiglio europeo, la fase di valutazione ed entrerà in vigore il nuovo Piano, contemporaneamente verrà disposto il finanziamento degli interventi in questione».

Sul fronte degli investimenti, 150 in tutto, il nuovo Piano prevede il finanziamento di nuove misure, l’incremento di risorse a favore di altre, la riprogrammazione di alcuni interventi e l’utilizzo delle economie maturate.

In particolare, alle imprese andranno 12,4 miliardi: a guidare la classifica è la misura Transizione 5.0, che incasserà 6,3 miliardi con lo strumento del credito di imposta. Corposo, pari a 2,5 miliardi, anche lo stanziamento di fondi per il sistema produttivo per la transizione green, tecnologie Net Zero e competitività e resilienza delle filiere produttive strategiche. Due miliardi sono destinati ai contratti di filiera per agroalimentare, pesca e acquacoltura, silvicoltura, floricoltura e vivaismo. Altri 850 milioni sono per le aziende agricole e di allevamento, per sostenere, tra l’altro, l’installazione di pannelli fotovoltaici, sistemi di gestione intelligente dei consumi elettrici ed accumulatori.

Alla ricostruzione di Emilia-Romagna, Toscana e Marche colpite dalle alluvioni in maggio vanno 1,2 miliardi per la difesa idraulica, il ripristino della viabilità delle infrastrutture stradali, del patrimonio edilizio residenziale pubblico e delle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche, delle scuole e delle infrastrutture sportive.

Capitolo reti e infrastrutture: il piano dispone 1,8 miliardi di euro per la realizzazione ed il rafforzamento strategico di reti elettriche e per il gas, di cui: 450 milioni per il rafforzamento Smart Grid; 500 milioni per il Tyrrhenian link-est; 200 milioni per il collegamento Sardegna-Corsica-Italia; 60 milioni di euro per lo sviluppo di progetti di interconnessione elettrica transfrontaliera tra Italia, Slovenia e Austria. E ancora: 1,024 miliardi per il finanziamento di interventi per la riduzione delle perdite e della dispersione idrica. Altri 1,165 miliardi di euro andranno per l’acquisto di nuovi treni a emissioni ridotte, per il servizio pubblico universale, da destinare, a livello nazionale e livello regionale, al miglioramento dell’efficienza e della qualità del servizio.

Viene poi istituito un fondo da 1,3 miliardi per famiglie a basso reddito e giovani: la misura «è disegnata in modo da superare le criticità e le distorsioni generate dal superbonus», ha evidenziato il ministro.

Alle politiche del lavoro il governo, rispetto al Piano precedente, ha destinato un miliardo in più, 618 sono i milioni dedicati alle politiche giovanili. Per il comparto salute arrivano 750 milioni di euro per l’Assistenza domiciliare integrata e la telemedicina.

«Nei prossimi giorni – ha affermato Fitto – definiremo con l’Ue gli ultimi aspetti per giungere alla definizione del pagamento della quarta rata entro il 31 dicembre 2023. Ci poniamo poi l’obiettivo di poter raggiungere gli obiettivi come modificati dalla revisione sulla quinta rata entro il 31 dicembre di quest’anno, che puntiamo a definire entro dicembre».

Nella stessa giornata il governo ha reso noti anche i risultati dell’efficientamento della macchina amministrativa che ha portato a un significativo abbattimento del moloch dei decreti attuativi: in 13 mesi sono stati adottati 342 provvedimenti complessivi, che hanno consentito di liberare misure a favore di cittadini ed imprese per circa 14 miliardi. In bianco restano ancora 415 decreti, di cui 15 ereditati dal governo Conte I, 52 dal Conte II, 154 dall’esecutivo Draghi e 194 “firmati” Meloni.


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