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Giancarlo Giorgetti

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L’allerta è massima. E lo fa capire chiaramente il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, nella sua audizione di fronte alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato sulla Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza. I nuovi scenari di guerra in Medioriente si aggiungono a quelli dell’Ucraina. Le incertezze sulla crescita, il rischio di un nuovo aumento delle materie prime, l’aumento dei rendimenti sono ulteriori motivi di preoccupazione per il titolare del dicastero di via Venti Settembre.

Che lancia subito un messaggio esplicito ai partiti in vista della manovra economica che sarà varata lunedì prossimo: i margini per ampliare il perimetro della spesa proprio non ci sono. La legge di Bilancio dovrebbe attestarsi sui 22 miliardi di euro. Soldi che saranno sufficienti solo per finanziare la conferma del taglio al cuneo fiscale per i redditi medio bassi, l’avvio del rinnovo dei contratti pubblici, il comparto sanitario e le misure a favore della natalità e delle famiglie (rica un miliardo di euro). Il governo è anche alla ricerca delle coperture necessarie per finanziare lo step iniziale della riforma fiscale, con l’accorpamento delle prime due aliquote dell’Irpef.

Costo dell’operazione, fra i 4 e i 5 miliardi, da finanziare con la cosiddetta “tax expenditures”, ovvero la riduzione degli sconti fiscali. Niente di più. La preoccupazione principale resta quella del debito pubblico. Non a caso, ieri, il ministro non ha escluso una revisione dei saldi di bilancio, anche con l’eventuale riduzione dell’extra-deficit di 15,7 miliardi previsto l’anno prossimo. Una proposta che era stata avanzata proprio nei giorni scorsi in un’editoriale pubblicato dal direttore, Roberto Napoletano, sul nostro quotidiano.

La linea del governo, sintetizza Giorgetti, è insomma quella della “prudenza realista”. Anche perché il varo della manovra avverrà proprio alla vigilia dell’importante Ecofin dei ministri dell’Economia sulla riforma del Patto di Stabilità.
Per abbattere il debito e fare cassa il ministro non esclude neanche la possibilità di ulteriori dismissioni. E risponde con una battuta a chi avanza l’ipotesi di una vendita di Autostrade e Ferrovie: “L’inversione dei fattori potrebbe aiutare”. Nel frattempo, la scorsa settimana, è stata avviata la ricerca di consulenti per la dismissione della partecipazione in Mps.

Del resto, con l’attuale situazione economica, non è possibile sgarrare. “Abbiamo dovuto fronteggiare scenari molto difficili, con scelte finalizzate ad assicurare condizioni adeguate e a promuovere una crescita sostenibile e duratura per la nostra economia”. Insomma, non ci saranno margini per andare oltre i 15,7 miliardi di scostamento dei conti previsti dalla Nadef. “Serve per mettere 80-100 euro in più al mese nelle buste paga dei redditi medio-bassi”. Il via libera dovrebbe arrivare oggi dal Parlamento.

Ma il ministro lancia un monito preciso ai partiti in vista della sessione di bilancio: “Sarò contro ogni tipo di emendamento che aumenterà la spesa con maggiori entrate”. Anche perché, aggiunge, “questa manovra porterà ad un taglio della spesa, e credo che qualcuno non sarà contento”. Sulla stessa linea del ministro anche il vice premier e leader della Lega, Matteo Salvini: “Spero che non ci siano emendamenti della maggioranza sulla Finanziaria”.

I riflettori sono puntati anche sulle conseguenze che potrebbe avere, sui nostri conti pubblici, la nuova guerra in Medio Oriente: “Nella Nadef abbiamo previsto diversi scenari. Ma se la situazione peggiorasse, credo che ci sarà bisogno di una riflessione globale, non solo in Italia”. La situazione del debito preoccupa anche l’Ufficio Parlamentare di Bilancio che, dopo aver validato il testo della Nadef, ha messo in guardia sul possibile ristagno dell’economia italiana nel secondo semestre del 2023.

“La sostanziale stabilizzazione del debito pubblico si basa sulla realizzazione di ipotesi soggette a margini di incertezza”. Il riferimento è ai 20 miliardi di incassi previsti con le privatizzazioni e all’attuazione degli investimenti programmati con il Pnrr. Infine, ieri, anche il Fondo Monetario Internazionale ha taglio le stime sulla crescita del Pil italiano prevedendo, per il 2023, una crescita dello 0,7%.


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