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Raffaele Fitto

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Dal primo gennaio del 2024 il Mezzogiorno sarà un’unica Zona economica speciale, un’operazione messa in campo dal Decreto Sud approvato ieri dal Consiglio dei ministri che consente l’estensione della formula maggiorata del credito d’imposta applicata alle otto Zes meridionali, all’intero territorio del Sud d’Italia. Una misura che per il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, rappresenta «una grande opportunità per il Mezzogiorno» e «una grande vittoria l’esser riusciti a negoziare con l’Ue un’unica Zes a fronte di otto (una per ogni regione meridionale, ndr).

Questo vuol dire semplificazioni e vuol dire credibilità. Con la Zes unica il Mezzogiorno d’Italia può competere a livello internazionale alla pari con tutti gli altri e ad armi pari con tutto il resto della nazione, è una misura che finalmente rimette in linea il territorio», ha affermato la premier intervenendo durante l’affollata conferenza stampa dopo il Cdm che, oltre al Dl Sud, ha dato il via libera al decreto Caivano con misure di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e una stretta sulla criminalità minorile.

«Con il Dl Sud vogliamo creare un ambiente favorevole agli investimenti e alle imprese, abbandonando la logica assistenziale prevedendo una serie di interventi per un valore di 1,5 miliardi di euro all’anno», ha affermato il ministro degli Affari Europei, Coesione, Sud e Pnrr illustrando il provvedimento che porta la sua firma e, ha sottolineato, prevede anche uno strumento collegato al piano strategico della Zes Unica che consentirà che di avere una visione di insieme, anche perché all’interno del Pnrr.

L’intervento si affianca a un altro importante tassello della strategia di rilancio del territorio meridionale, ovvero il recupero della capacità amministrativa delle amministrazioni, strategica per superare l’inefficienza e i ritardi che hanno zavorrato le risorse e gli interventi della politica di coesione (sulla programmazione e mettono a rischio quelle del Pnrr: il decreto prevede il potenziamento degli organici delle amministrazioni delle regioni del Sud, soprattutto i comuni, che potranno così “rinvigorire” squadre di lavoro e competenze e trattenerle grazia alla possibilità di mettere in campo contratti a tempo indeterminato.

«Sono mesi che il dibattito si muove sull’incapacità di riuscire a spendere le risorse europee perché non si hanno le strutture adeguate – ha detto Fitto – Il governo ha ottenuto possibilità, in un confronto molto positivo con la Commissione europea, di avere all’interno della programmazione della coesione un progetto organico con 2.200 assunzioni pagate con risorse europee fino al 2029». Di queste 71 sono destinate all’amministrazione centrale.

Il decreto prevede anche un raccordo dei fondi della politica di coesione, nazionali ed europei, compreso Pnrr e Fondo di sviluppo e coesione che, si ribadisce e mette nero su bianco nel decreto, è destinato a sostenere esclusivamente interventi per lo sviluppo, ripartiti nella proporzione dell’80% nelle aree del Mezzogiorno e del 20% in quelle del Centro-Nord. In particolare, si definisce un percorso di programmazione condivisa tra regioni e governo che assicura l’unitarietà strategica degli interventi ed il pieno rispetto delle finalità dei fondi, connesse alla riduzione dei divari territoriali.

«Riorganizziamo il Fondo di sviluppo e coesione, istituiamo gli accordi di coesione per realizzare un’alleanza fra i vari livelli istituzionali e ci poniamo il tema di spendere le risorse non solo bene ma in tempi certi», ha evidenziato Meloni. Più dettagliata la spiegazione del ministro Fitto: «Le risorse non saranno più erogate staccando un assegno con una verifica successiva, come accadeva prima, ora il meccanismo si inverte: si parte dall’Accordo di coesione con la preventiva individuazione degli interventi e il relativo cronoprogramma che saranno messi su una piattaforma migliorando la trasparenza».

Si interviene poi, innovandola, sulla Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne, che oggi riguarda solamente 1.824 comuni abitati da circa quattro milioni di cittadini rispetto ai 4.000 comuni delle aree interne dove risiedono circa 14 milioni di persone.

Il provvedimento si fa carico anche del finanziamento, con 45 milioni, di interventi urgenti nei comuni di Lampedusa e Linosa, per la realizzazione di infrastrutture viarie e di opere di urbanizzazione primaria, impianti di depurazione, deposito di carburante e nuovi edifici pubblici. La norma, oltre a stanziare le risorse, assicura al comune di Lampedusa il supporto tecnico operativo di Invitalia per accelerare la realizzazione degli interventi previsti. «Sono contenta della norma che portiamo a Lampedusa, che più di tutte ha pagato l’emergenza dei flussi migratori illegali», ha commentato la presidente del Consiglio.


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