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Il ministro dell'economia Giancarlo Giorgetti

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Per l’economia del Mediterraneo restano centrali i principi e le idee della Carta di Napoli mentre il governo si prepara a due scadenze non facili

Perché ho parlato di “scadenze non facili” per il Governo? Perché sono dei provvedimenti che questo Governo, dopo un primo anno di attività, dopo una serie di atti e di provvedimenti legislativi, dovrà necessariamente assumere. In realtà dovrà fornire precisi chiarimenti almeno su cinque aree tematiche strategiche:

  1. La elasticità del PNRR
  2. Il riassetto programmatico per una infrastrutturazione a dieci anni del Paese
  3. Il ruolo del nostro Paese nella definizione e nella gestione sia delle Reti TEN nel prossimo quinquennio, sia del Fondo di Sviluppo e Coesione 2021 – 2027
  4. Il riassetto infrastrutturale e normativo della nostra offerta portuale ed interportuale e la definizione di nuove interpretazioni dell’assetto logistico del Paese
  5. Istituzione di un nuovo modello finanziario per la realizzazione del sistema infrastrutturale

La elasticità del PNRR: il Ministro Fitto, sin dal primo momento, ha riletto le scelte e gli interventi inseriti nel PNRR in modo da garantirne non solo il completamento entro il 30 giugno del 2026 ma anche ha cercato di individuare come evitare che un numero rilevante di tali progetti, non potendo rispettare tale scadenza, potessero trovare in altri Programmi comunitari adeguate garanzie. Un lavoro in corso che sicuramente sarà concluso entro il 15 settembre prossimo, cioè entro la presentazione del NADEF al Parlamento.

Scadenze non facili per il Governo Meloni: i nodi del pnrr

Penso però che sarà opportuno, sin da ora, identificare delle modalità e delle coperture finanziarie garantite dal bilancio ordinario dello Stato che annullino il dubbio che opere decise ed in molti casi pronte per essere appaltate o addirittura già appaltate restino solo impegni programmatici. Ma tutto questo, a mio avviso, impone il passaggio da un PNRR sommatoria di distinte finalità ad un PNRR organico in cui, direttamente ed indirettamente, tutte le scelte tutti gli interventi siano fra loro interdipendenti; uno strumento che sia caratterizzato da una ricchezza programmatica e da una copertura finanziaria nuova.

Dovremmo finalmente avere il coraggio di ammettere che il PNRR è stato senza dubbio un encomiabile atto di solidarietà della Unione Europea ma, al tempo stesso, si è arricchito, in questi primi tre anni, di una diffusa e convinta presa d’atto della incapacità di contribuire ad una crescita organica del nostro Paese; in fondo ci stiamo, proprio con questo PNRR, convincendo che il trasferimento di quelle risorse, l’attivazione concreta di quelle risorse, proprio per l’assenza di organicità, incida poco sulla crescita del PIL.

Il riassetto programmatico per una infrastrutturazione a dieci anni del Paese: ci stiamo convincendo ormai da molti anni, sì prima ancora della pandemia e prima ancora della guerra in Ucraina, che la serie di scenari che avevamo disegnato a scala nazionale e comunitaria, sarebbero nel breve periodo cambiati sostanzialmente; ce lo avevano anticipato, in modo esauriente, i demografi, ce lo avevano anticipato coloro che portavano avanti la ricerca sulla digitalizzazione di tutti i comparti del sistema socio economico, ce lo avevano annunciato una serie di economisti su un cambiamento sostanziale dei consumi.

Stiamo entrando in una nuova fase

Insomma stavamo e stiamo entrando in una nuova fase che riusciamo a stento a capire da una serie di segnali quali:

  • La rivoluzione dei processi logistici; fino a soli dieci anni fa non sapevamo cosa era la supply chain e fino a dieci anni fa non avevamo capito che la logistica sarebbe diventata la forza e la debolezza del sistema industriale avanzato
  • Il cambiamento delle abitudini nell’utilizzo dell’urbano, cioè nella coscienza di vivere in una o più città
  • La disponibilità a trasferirsi in qualsiasi realtà del pianeta pur di raggiungere misurabili condizioni di convenienza sociale ed economica
  • Il concetto dell’apprendimento e della specializzazione, cioè il concetto di ciò che chiamiamo professionalità sempre più estraneo a schematismi

Potrei continuare ad elencare i cambiamenti in parte già avvenuti ed in parte in corso di esplosione e, cosa davvero preoccupante, se tentiamo di costruire una offerta infrastrutturale (reti stradali e ferroviarie, metropolitane, centri merci, porti, aeroporti, realtà urbane, ecc.) ci accorgiamo che siamo lontanissimi da una intuizione progettuale capace di costruire una articolata offerta a questo nuovo sistema di domanda; un sistema che viene prodotto da quello che è e sarà sempre più l’attuale generazione. Per cui il primo problema, il primo input anche solo teorico da inserire nel redigendo NADEF dovrebbe essere proprio quello di catalogare i cambiamenti e definire un codice comportamentale che identifichi, davvero, la offerta infrastrutturale del futuro

Il ruolo del nostro Paese per le sfide dei prossimi anni

Il ruolo del nostro Paese nella definizione e nella gestione sia delle Reti TEN nel prossimo quinquennio, sia del Fondo di Sviluppo e Coesione 2021 – 2027. Sicuramente l’approccio del Ministro Fitto, come è stato detto al primo punto, non solo è stato corretto ma, in fondo, è come se, dopo quasi trenta anni di utilizzo degli strumenti legati ai Fondi di Sviluppo e Coesione, ci si sia resi conto che il processo programmatorio avesse solo un preciso connotato: ridistribuire le risorse prima in logica territoriale e poi in logica “partitica”.

In realtà, almeno per il nostro Paese, con un Mezzogiorno integralmente ricco di realtà con “Obiettivo 1” (sono ammesse all’Obiettivo 1 solo quelle Regioni il cui prodotto interno lordo pro capite è inferiore al 75 % della media comunitaria), cioè con 8 Regioni su 8 in Obiettivo 1, il respiro programmatico ed il respiro strategico non hanno mai rivestito un ruolo determinante.

Cosa diversa invece è stata la esperienza legata alle Reti TEN – T, sia perché l’approccio dato sin dall’inizio da Karel Van Miert e da Loyola de Palacio è stato sempre finalizzato a rendere efficiente l’intero sistema infrastrutturale della Unione Europea senza mai cadere in logiche localistiche, sia perché il riferimento ed il supporto tecnico economico è stato garantito sin dall’inizio da un organismo come la Banca Europea degli Investimenti (BEI). Quindi anche in questo caso forse sarebbe bene indicare, nel NADEF, il ricorso per tutti i fondi comunitari alla esperienza vissuta con le Reti TEN – T

Scadenze non facili per il Governo, il nodo dei porti

Il riassetto infrastrutturale e normativo della nostra offerta portuale ed interportuale e la definizione di nuove interpretazioni dell’assetto logistico del Paese. Se si riuscisse solo a scrivere ed a proporre una rivisitazione sostanziale della nostra offerta portuale ed interportuale, se si avesse il coraggio di scegliere, come già anticipato da molti mesi, un numero di HUB logistici tutti tra l’altro supportati da una adeguata elencazione delle relative interazioni e potenzialità e se si riuscisse a definire la gestione di questi macro HUB logistici da parte di Società per Azioni con un forte coinvolgimento del privato, allora sono sicuro che il NADEF si caratterizzerebbe come il primo tassello di una nuova offerta logistica del Paese.

La paura di trasferire ai privati impianti realizzati con risorse pubbliche è una paura ridicola, è una paura che produce un solo risultato: nell’area settentrionale del Paese si svolgono, producendo ampio margine, quasi l’80% delle attività logistiche del Paese. E se si effettua un approfondimento di questo vasto ambito territoriale del Nord del Paese si scopre che nella sola Regione Lombardia si svolge quasi il 70% di quell’80%.

Un nuovo modello finanziario per il sistema infrastrutturale

Istituzione di un nuovo modello finanziario per la realizzazione del sistema infrastrutturale. Da diverso tempo prospetto due distinte iniziative:

  • Varo di una Legge che stanzi annualmente una percentuale fissa del PIL (1,5% – 3%) per l’attuazione di un Programma che abbia un respiro pluriennale lungo (almeno venti anni) e sia mirato alla costruzione della nuova offerta infrastrutturale. Una offerta infrastrutturale che, sulla base dei punti affrontati in precedenza, dovremmo essere in grado di costruire
  • Varo di un Fondo Rotativo, cioè di un Fondo che garantisca determinate risorse e che recuperi, nel tempo, i vari ritorni di investimento in modo da essere sempre un riferimento certo di coperture finanziarie.

Feuromed e la centralità della Carta di Napoli

Queste mie considerazioni cercano di dare continuità operativa a quanto contenuto nella “Carta di Napoli” prodotta dal I Festival Euromediterraneo svoltosi a Napoli nel mese di marzo scorso; al punto 2 di tale Carta si precisa:

I lavori del Festival e delle sue attività collegate sono a disposizione e debbono essere di sostegno della redazione della Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza e come tali in seguito, con cadenza trimestrale, anticiperanno i prossimi Documenti di Economia e Finanza

Quindi con le mie sintetiche considerazioni, riportate prima, ho voluto dare ulteriore motivazione alla Carta di Napoli perché ritengo che rappresenti un’occasione unica di confronto su una tematica, quella legata alla economia del Mediterraneo, che spesso è stata solo oggetto di gratuita denuncia mediatica e non di convinta costruzione di un nuovo modello socio – economico.


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