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Un cantiere edile

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In più occasioni ho ribadito che non ho mai apprezzato chi dice “Io lo avevo detto”; penso, infatti, che non ha senso ricordare gli errori commessi in passato e, a maggior ragione, non ha senso raccontare quanto si era detto, sempre in passato, per denunciare errori commessi da altri. Ho fatto questa premessa solo per precisare che non ha senso oggi riportare integralmente quanto da me scritto in una nota in cui consigliavo all’ex Presidente dell’ANCE Gabriele Buia

– di non guardare come ad “un grande atto strategico” quello varato dal Governo Conte nel 2020, cioè nella detrazione del 110% applicato sulle spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 30 giugno 2022 per interventi di efficientamento energetico e di adeguamento antisismico degli edifici da ripartire tra gli aventi diritto in cinque quote annuali;  

 – di non definire atto risolutore della crisi dell’intero comparto edile, una operazione storica che regalava all’intero comparto le condizioni per uscire dalla crisi.

Avevo anche precisato che sicuramente il provvedimento si configurava come un intervento utile per un comparto che, proprio negli anni precedenti (dal 2014 al 2020), aveva visto fallire 120.000 imprese e perdere 600.000 posti di lavoro nell’intero comparto edile, ma era, al tempo stesso, un provvedimento che non poteva essere preso da un Governo che, con un debito pubblico così elevato, non avrebbe potuto sostenere una impennata sicura della intera operazione, una impennata che in soli due anni avrebbe pesato in modo pesante sul bilancio dello Stato.

Quindi, consigliai al Presidente Buia di rivedere questo suo approccio ottimistico perché avrebbe potuto, come poi è successo, innescare una corsa del mondo imprenditoriale ad attrezzarsi, ad investire in un non facile restyling delle proprie aziende, a credere che lo Stato avrebbe potuto sopportare, a tempo indeterminato, una operazione che era limitata nel tempo e che non avrebbe potuto configurarsi come una iniziativa strutturale.

Molti diranno che questa scelta dell’ex Governo Conte ha evitato il fallimento di tante imprese piccole e medie e, al tempo stesso, ha contribuito ad un aumento del Prodotto Interno Lordo del 3% e secondo alcuni Istituti di ricerca avrebbe consentito anche l’assunzione di circa 110.000 unità lavorative. L’ho detto prima, si può capire e giustificare il provvedimento solo come puro atto di emergenza ma non possiamo oggi pensare che una simile norma potesse configurarsi come provvedimento in grado di assicurare risultati consolidati e sistematici nel tempo. L’ANCE, quindi, doveva, a mio avviso, dire ai suoi iscritti che il provvedimento sarebbe durato per un arco temporale limitato ed al Governo che, forse, sarebbe stato più utile articolare la intera operazione nel tempo, cioè, solo a titolo di esempio, il Governo avrebbe potuto distribuire in un arco temporale di quattro anni i benefici prodotti dalla norma; cioè avrebbero potuto godere dei benefici i residenti in 5 Regioni sorteggiate annualmente. Ma potrei elencare altri possibili itinerari utili per ridimensionare un danno finanziario per lo Stato che, sia il Governo Draghi nella Nota di Adeguamento al Documento di Economia e Finanza (NADEF), sia l’attuale Governo presieduto dalla Premier Giorgia Meloni, hanno scoperto essere indifendibile e, addirittura, capace di incrinare la stabilità finanziaria dello Stato.

Non ha quindi senso, ripeto, fare un processo agli errori del Governo Conte, di errori ne ha commessi tanti, non ha senso ricordare che è stato un grave errore “illudere” un intero comparto, quello delle costruzioni, dichiarando che con il Superbonus 110% si rendeva possibile un rilancio organico e duraturo dell’intero comparto delle costruzioni perché non era affatto vero e non sarà vero fin quando si assumeranno scelte che non sono adeguatamente filtrate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e non possiamo non ricordare che nel 2022 l’ex Ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco aveva chiaramente detto che era andata avanti una norma completamente slegata da ciò che, invece, impone una sana lettura delle evoluzioni e delle incidenze nel tempo di ciò che la stessa norma genera.

L’attuale Presidente dell’ANCE Federica Brancaccio in una intervista di pochi giorni fa ha dichiarato: “Chiederemo al Governo di trovare una soluzione per i crediti incagliati che sia rapida ed efficace. Non possiamo accettare rinvii ad ulteriori provvedimenti. La questione va risolta subito. Al tavolo porteremo non solo il tema del presente ma anche quello del futuro. Queste modifiche estemporanee, una ogni quarantacinque giorni al bonus edilizio, non servono a nulla. Serve una proposta strutturale di lungo periodo e che il Governo reputi sostenibile per i conti pubblici” ed alla domanda se sia pensabile chiedere al Governo una proroga per la chiusura dei lavori, la Presidente Brancaccio ha precisato: “Il tema è sblocchiamo i crediti e vediamo come risponde il sistema delle imprese. Poi se c’è bisogno di una proroga ci si penserà”. Infine al quesito se i bonus siano una mina sui conti dello Stato, la Brancaccio precisa: “Sì e no. Eurostat ha detto i crediti nei cassetti fiscali possono essere imputati a deficit, dando una via d’uscita per quanto riguarda il debito. Per il futuro c’è sicuramente la necessità di avere una copertura finanziaria. Il problema è che il Bilancio dello Stato vede solo la spesa e non il ritorno. Noi potremmo dire che se mi dai 100 come bonus, torna subito 45 e nel tempo 120. Però questi numeri non sono trasformabili in copertura nel Bilancio dello Stato. Noi vorremmo chiedere al Governo di capire quale è la spesa sostenibile anno per anno e su quella fare una proposta di lungo periodo”.

Queste dichiarazioni della Presidente Brancaccio dimostrano che, forse, questo approccio sarebbe stato bene viverlo anche nel 2021 sempre dall’ANCE; in quella occasione sarebbe stato indispensabile chiedere allo Stato quello che correttamente chiede l’attuale Presidente oggi e cioè: “quale fosse la spesa sostenibile anno per anno e su quella fare una proposta di lungo periodo” ed è davvero apprezzabile l’ammissione della Brancaccio quando ammette che “non è possibile trasformare i ritorni di investimento generati dalla operazione in copertura nel Bilancio dello Stato”.  Se questo comportamento, se questo atteggiamento propositivo e al tempo stesso non ottimistico, fosse stato preso tre anni fa sicuramente non avremmo oggi dovuto assistere ad un vero danno gestionale per molte imprese e quello che sembrava “un grande atto strategico ed una operazione di rilancio organico del comparto” rischia di diventare un grave ed irreversibile default.


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