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Mario Draghi

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Si sta ripetendo, in modo diverso come è logico, quello che è accaduto con la rielezione del presidente Sergio Mattarella. Anche lui aveva escluso in modo assoluto il ritorno al secondo settennato, ma fu costretto a ripensarci. Ora è la volta di Mario Draghi e, da come si sono messe le cose, è probabile che il Presidente possa ritornare sui propri passi.

L’appello dei sindaci, oltre 1.000, quello della stampa internazionale, dell’establishment dell’Unione europea nonché degli altri capi di Stato, la moral suasion del presidente della Repubblica, in una situazione in cui non vi è stato ancora nessun voto di sfiducia, quasi certamente lo porterà a “sacrificarsi” per il bene del Paese, anche se i due personaggi sono talmente diversi che qualunque tipo di conclusione potrebbe essere possibile.

I DISAGI DEL SUD

Ma supponiamo che per il bene del Paese questa vicenda abbia una conclusione positiva in modo da arrivare naturalmente alla fine della legislatura. E che quindi continui “il governo dei migliori” che finora ha consentito al Paese di attraversare momenti complicati, raggruppati tutti in un periodo molto breve. Dalla pandemia, alla guerra, dalla svalutazione alla siccità, all’invasione delle cavallette in Sardegna, non ci siamo fatti mancare proprio nulla.

La cosa più probabile è infatti che vi sia una seconda spaccatura all’interno dei cinque stelle e che l’ala più oltranzista vada all’opposizione o si limiti all’astensione. E questo potrebbe consentire al Presidente di restare.

Ma aldilà di un’ipotesi, che fa parte forse dei desiderata di molti, se dovesse risultare una corretta previsione va certamente raccolto, se non una raccomandazione, un invito a non dimenticare che, dietro al travaglio che ha portato una forza politica così numerosa alla diaspora, vi sono delle esigenze e dei disagi di una popolazione che non si possono dimenticare.

Per questo, caro Presidente, il suo impegno nei confronti del Sud, non solo non deve venir meno, ma piuttosto deve essere ulteriormente rafforzato. Vi è una parte del Paese che crede che il Pnrr sia stato fondamentalmente ideato dall’Unione europea, destinando tante risorse all’Italia, proprio perché vi è un territorio equivalente al 40% dell’Italia che soffre.

Si sente discriminato per la mancanza dei diritti di cittadinanza uguali a quelli dell’altra parte del Paese, nella sanità, nella scuola, nella infrastrutturazione, perlomeno, e che crede che il governo Draghi debba essere l’occasione per un intervento importante, ora che le risorse a disposizione sono disponibili.

Forse non tutti i mali vengono per nuocere e l’astensione o il voto contrario della parte più ideologizzata e oltranzista del Movimento 5 Stelle potrebbe consentire cose che fino a ora politicamente erano impossibili.

Parlo di una corretta impostazione per il reddito cittadinanza, che non consenta ai furbetti di poterlo utilizzare senza averne diritto, alla correzione del 110% che porti a evitare le ruberie finora avvenute, ma penso anche alla possibilità di rimettere in pista quel ponte sullo stretto di Messina, prodromico all’utilizzo dei porti siciliani di Gela e Augusta per accogliere le maxi porta container, che oggi passano da Suez, ci salutano, per andare verso Tangermed o in prevalenza verso Rotterdam.

LE INFRASTRUTTURE INDISPENSABILI

Presidente, avochi a sé l’ultima decisione su questo importante asse che deve collegare Berlino con il medio e l’Estremo Oriente.

Senta Salini, ad di We Build, che certamente non è un qualunque venditore di fumo, e gli chieda spiegazioni sulla sua affermazione che sarebbe disponibile a costruire il collegamento stabile a costo zero, in quattro anni, con il progetto già approvato e validato elaborato in 10 anni da un gruppo di studiosi tra i più accreditati nel mondo.

Sarebbe un messaggio importante a un Sud che non va più a votare, perché deluso ormai dalla forza che aveva rappresentato le sue istanze e che ha perso ogni speranza di essere adeguatamente rappresentato e difeso nei suoi diritti fondamentali. D’altra parte è chiaro a coloro che sono in buona fede che un’alta velocità/capacità ferroviaria che non abbia anche l’attraversamento stabile non ha assolutamente senso, in particolare per quei 5 milioni di abitanti, che fanno della Sicilia l’isola più abitata del Mediterraneo.

Che aspettano ormai da oltre cinquant’anni che finisca la melina di commissioni e sottocommissione che continuano a studiare quello che già è stato abbondantemente approfondito.

L’unificazione economica del Paese è il vero obiettivo di una classe dirigente adeguata a una realtà che vuole essere moderna come l’Italia. E sappiamo bene che tale processo non è ancora avvenuto e che, ancora oggi, si fanno trasferire le persone dalla loro terra piuttosto che trasferire il lavoro dove esse abitano, con costi incredibili non solo economici ma anche umani.

In un Paese la cui vera classe dirigente, quella che ha avuto le leve del comando, che ha i giornaloni, che controlla Confindustria e sindacati, pensa di risolvere il problema del divario cambiando i riferimenti e la Costituzione facendo riferimento ai territori invece che alle persone.

Un intervento eretico, come quello che può essere il Suo potrebbe riportare a saggezza processi che potrebbero mettere in discussione la stessa unità del Paese. Se dovesse proseguire il Suo mandato, come molti si augurano e si attivano perché avvenga, si troverà a essere più forte e poter imporre indirizzi e percorsi che ovviamente troverebbero molte forze politiche, che vogliono alimentare la bulimia del Nord, contrarie. In una visione miope e provinciale dello sviluppo del Paese.

IL VERO PROBLEMA ITALIANO

Con la stessa capacità con cui il suo governo ha gestito una pandemia difficilissima, che ha colpito duramente il nostro Paese, caro Presidente, affronti il vero problema che questa nostra Nazione, ormai dall’Unità d’Italia, continua ad avere e che non consente adesso di avere gli stessi ritmi di crescita che si hanno nei Paesi cugini, fondatori dell’Unione.

Con la stessa determinazione con cui ha preso posizione nei confronti di una invasione, contro ogni regola e normativa internazionale, parlando in modo chiaro e netto sul fatto che non mandare armi all’Ucraina significa consegnarla nelle mani della Federazione Russa, non per una pace ma per un’annessione, così bisogna convincersi che laddove alcune opere fondamentali non vengano fatte si consegna il Mezzogiorno al sottosviluppo e al degrado.

Che là dove il tempo pieno a scuola non viene attuato si consente che venga scelta una classe dominante estrattiva, perché il voto non sarà pescato uno a uno sulla base della convinzione ma con delle reti sulla base di appartenenze più o meno legittime. Caro Presidente, lei che può farlo, guardi alla testa dell’acqua e non alla foce del fiume.


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