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Sarà pure un “vecchio leone” sopravvissuto a mille battaglie. Sarà il padre fondatore taumaturgo che tutti i partiti vorrebbero avere. Sarà “un pezzo del nostro glorioso passato che ci ha proiettato verso il futuro”, come lo giustificano i senatori del partito. Ma, insomma, diciamola tutta: l’Umberto Bossi, ancora con ‘sta storia dei meridionali sporchi e cattivi, ha un po’ triturato i maroni a tutti. Specie a Matteo Salvini.

Il quale Salvini è stato costretto, seppur a denti stretti, a prendere le distanze dalla frase biascicata dall’Umberto durante il congresso nazionale che ha definitivamente cancellato la Lega Nord a favore della nazionalissima Lega per Salvini premier. Ha affermato il senatur davanti ad una platea che egli credeva ancora quella della Pontida dei bei tempi: “Mi sembra giusto aiutare il Sud…altrimenti se non li aiutiamo mentre sono “a casa loro”, straripano e poi vengono qui (al nord). Una situazione un po’ come l’Africa”. E lì, ha riso soltanto qualche nostalgico padano in ultima fila. Salvini e lo stato maggiore della “nuova Lega” al 30%, hanno deglutito d’imbarazzo; e tutti -vecchi e giovani, di fresco entusiasmo e d’antico pelo politico- hanno tentato di giustificare le “idee divergenti” del fondatore dal grande affresco ecumenico del partito odierno. Ma non ci sono riusciti. Perché le idee di Bossi non sono divergenti, sono proprio sghembe. Io capisco che per un leghista sia difficile ammetterne il declino del Senatur; ma sono oramai in tanti a sussurrare che il vecchio si sia rincoglionito, che rappresenti solo l’ombra del condottiero che fu. Lo dico con una stretta al cuore: acconsentire che Bossi si presenti così in pubblico non è un gesto di rispetto, è accanimento senile. Lo sguardo spento, il fisico provato dalla malattia, i sussulti di un orgoglio di territorio che cozzano con la strategia di Lega nazionale da lui aborrita: il Bossi presenzialista in un mondo che non è più suo oramai è soltanto cibo per piccoli scoop giornalistici. Qualcuno dovrebbe spiegare ai nuovi leghisti che issarlo come il pupazzo della Befana nei dì di festa non è salubre. Sia per Bossi che per la Lega stessa.

Vorrei ricordare che il Carroccio scese al 3% proprio a causa delle politiche familiste del fondatore; e che i 49 milioni di euro sottratti allo Stato provengono dalla gestione Bossi; e che l’operazione dei diamanti di Belsito era benedetta dal capo; e che non è mai stato dato conto di un’inchiesta del quotidiano Libero che scoprì la sparizione di un appartamento del valore di 400mila euro donato da una militante leghista di Mantova al suo segretario e poi sparito dai radar e dai bilanci del partito. L’inchiesta me la ricordo bene, era firmata da me. E, ok, ora, in virtù dell’onore delle armi, allo sconfitto Bossi non solo è concesso il rispetto dei vinti, ma il diritto ad una finta, tenace opposizione interna, compresa di dita media mostrate alle telecamere e frasi un tantino razziste. Ma, per il sacro Dio Po, non esageriamo…


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