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È abbastanza normale che nelle coalizioni ci sia una certa competizione: ogni componente punta ad intestarsi qualche provvedimento che pensa la rafforzi coi suoi elettori e ad attribuirsi il merito di averne bloccati altri che ritiene poco popolari. Non ci sarebbe dunque da scandalizzarsi troppo se questo succede anche nel governo giallorosso, non fosse che il momento è particolarmente delicato, per cui sarebbe bene usare le dovute cautele nel farsi concorrenza.
La delicatezza della situazione è ben nota: bisogna scrivere una legge di bilancio che tenga nel dovuto conto il peso abnorme del nostro deficit, che oltre tutto sembra in crescita. Non ce lo chiede solo l’Unione Europea, è una esigenza per consentire al nostro paese di trovare le condizioni per una ripresa che vada oltre il galleggiamento. Un governo che è nato da un’intesa parlamentare che ha sconfitto, almeno al momento, forze populiste che puntavano ad uno scontro elettorale molto drammatizzato, si trova in circostanze particolarmente difficili per fare una manovra del genere. La ragione è banale: bisognerebbe tirare la cinghia e ciò significa offrire un’occasione d’oro all’opposizione per sfruttare il malcontento e i timori (veri o indotti) che simili misure suscitano.
LA NUOVA OPPOSIZIONE
Nel caso specifico di questi giorni c’è da tenere presente che una giustificazione ampiamente propagandata per giustificare un cambio di equilibri che evitassero il ricorso alle urne anticipate, è stata quella che si doveva impedire un aumento automatico dell’Iva e che si dovevano introdurre misure a vantaggio delle disponibilità di reddito degli italiani (visto che su quei tasti aveva parecchio picchiato ciò che sarebbe poi divenuta la nuova opposizione).
Questo contesto avrebbe dovuto suggerire alla maggioranza di governo di presentarsi molto unita e di puntare su una comunicazione che valorizzasse al massimo quell’intesa. Ciò non sta avvenendo. Innanzitutto la preparazione del Documento di Economia e Finanza (DEF) non è avvenuta con quella trasparenza e accortezza che sarebbe stata opportuna. Il ministro Gualtieri non ha investito nel presentarsi come un timoniere saldo nel suo ruolo e le diverse componenti si sono lasciate andare a sottolineare le loro divergenze. Per di più l’hanno fatto con il solito ricorso alle esternazioni televisive assai poco accorte in termini di valutazione dei possibili scossoni. È vero che l’iniziativa è venuta dal debordante Di Maio, che sembra incapace di gestire diversamente il suo ruolo, ma il PD poteva aspettarselo e predisporre qualche strategia preventiva piuttosto che inseguirlo quando le frittate erano fatte. Oltre tutto non ci voleva grande intuizione per immaginarsi che Renzi si sarebbe infilato in questi spazi scenici, soprattutto dopo che, in maniera davvero inspiegabile, si è pensato di tenere assai poco conto della sua presenza come quarta gamba della coalizione.
CONTE SI RAFFORZA
Si può dire che tutto è stato occasione per un ulteriore passo avanti dell’accreditamento del premier Conte nuova versione. Infatti con abilità si è presentato come il vero garante della impostazione della politica economica del suo governo, dichiarando che l’Iva non sarebbe stata toccata, che anzi si sarebbe trovato modo di proseguire sulla strada di tutti quegli interventi “espansivi” che si erano promessi all’opinione pubblica (taglio del cuneo fiscale, sostegno a sanità, scuola e università, investimenti verdi, ecc.).
Volendo essere un po’ attenti si potrebbe chiedersi dove si troveranno le risorse che si era fatto filtrare fossero problematiche e che adesso sembrano essere spuntate dal solito cilindro. La bacchetta magica sarebbe, manco a dirlo, la lotta all’evasione fiscale, resa adesso possibile dal mondo digitale che potrebbe mettere a margine l’uso del contante come mezzo di transazioni non tracciabili.
Questo tipo di intervento non è ancora chiaro nelle sue modalità e dunque non si sa quanto sarà effettivamente in grado di contrastare in misura efficace l’evasione fiscale. Le speranze derivano dal fatto che l’introduzione della fatturazione elettronica ha dato buoni risultati, ma i problemi tecnici legati all’uso della moneta elettronica in una varietà di tipologie che è molto grande sono molteplici e soprattutto non è chiaro quanto i vantaggi del nuovo meccanismo saranno facilmente comprensibili per il grande pubblico. Insomma è un tema buono perché ci si accapiglino tutti.
PROPOSTE DISCUTIBILI
Resta il fatto che all’attrazione di “farsi vedere” annunciando interventi quantomeno discutibili i politici non riescono a sottrarsi. Tramontata la tassazione sulle merendine, il PD ha lanciato il tema dello “ius culturae” subito frenato da M5S. L’ultima trovata è l’idea di dare il diritto di voto a 16 anni: l’ha fatta sua Enrico Letta (da cui francamente ci si aspettava qualcosa di meglio), l’ha ripresa Conte, e Di Maio si è detto d’accordo. Se in un’opinione pubblica ondivaga e facile preda delle “agitazioni” sia una buona idea, lo si lascia giudicare al lettore, certamente non risolve alcun problema, ma si accoda semplicemente alla moda suscitata dal successo delle manifestazioni giovanili per l’ambiente.
Data la complessa situazione del momento sarebbe auspicabile che almeno le forze di governo lavorassero per compattare l’opinione pubblica attorno ad una seria e responsabile considerazione dello stato delle nostre finanze pubbliche. Temiamo che purtroppo non siano i tempi.
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