Carla Ruocco e Luigi Di Maio
3 minuti per la lettura«Ciao Luigi,se vogliamo essere uniti, bisogna accettare le critiche e non sembrare sempre vittime degli eventi». Sono parole di Carla Ruocco, presidente della commissione Finanze alla Camera e attivista del Movimento 5 Stelle fin dalla sua nascita a Roma. Adesso non è più in linea con le indicazioni del movimento capeggiato da Luigi Di Maio.
E proprio al capo politico pentastellato ha deciso di rivolgere un intervento che si è tenuto tra i parlamentari pentastellati.
«Oggi ci sono due piani che si confondono – ha sottolineato Ruocco – quello interno e quello istituzionale. Comunque, grazie di essere venuto qui oggi e di darmi l’opportunità, finalmente, di poterti parlare». Cortesie che cedono subito il passo a un rimprovero: «Certo, avrei preferito fortemente che tu rispondessi ai miei numerosi messaggi, ma mi rendo conto che hai avuto tantissimo da fare con Salvini».
L’AFFONDO
«La volontà sin dai tempi del Direttorio (ti ricordi? Io molto, molto bene) – dice la presidente della commissione Finanze con malcelata ironia – è stata antitetica rispetto alle scelte intraprese. E che hanno condotto la deriva e lo sfascio di un Movimento in cui hanno creduto 11 milioni di persone. E che questa volontà è stata a te espressa in tutti i modi».
«Ascoltare vuol dire prevenire» è il consiglio misto all’accusa che arriva a Di Maio.
«Questo tengo a dirlo, senza tema di essere smentita. Per questo mio comportamento corretto ho pagato un prezzo molto caro.
D’altra parte, nessuna buona azione è restata impunita» è la considerazione amara.
RESA DEI CONTI
Non sono solo vedute politiche differenti, Ruocco rinfaccia a Di Maio questioni personali: «Ricordo come sia stata osteggiata la mia proposta di legge sulle semplificazioni fiscali, provvedimento utile per i cittadini che aveva l’unica colpa di essere stata scritta da me. Ricordo, inoltre, quando, dopo mesi in cui ti avevo sollecitato un incontro, riuscii finalmente ad ottenerlo ed in quella occasione ti consegnai brevi manu una lettera nella quale esprimevo molto chiaramente la diagnosi di cancro di cui era ammalato il movimento: demeritocrazia è la definizione più indicata ed adatta alla gestione che hai messo in campo»
MOVIMENTO MALATO
«E e la demeritocrazia è un cancro di tutti i contesti che vogliano avere un futuro. Non che mi sia mai rammaricata né offesa di non aver fatto parte della squadra che hai scelto e di un governo sulla cui durata, francamente, non avrei scommesso un euro, anzi, sono molto contenta di presiedere una commissione importante che vanta un tasso di produttività mai visto prima. Quello che però, per me ha rappresentato un boccone amaro, è il veder quotidianamente e costantemente marginalizzata la posizione del Movimento 5 stelle riguardo ai temi economici, a me tanto cari e demandati purtroppo de facto totalmente alla lega o alle opposizioni»
La deputata grillina è un fiume in piena: «Ho provato imbarazzo a dover rispondere ai numerosi messaggi che continuamente mi chiedevano il perché. Ma purtroppo alla comunicazione era stato dato ordine di mettermi un burqua e di farmi diventare un’ombra. ed anche di questo, ne ho le prove, molta gente la pensa come me, perché da tempo, e su questo te ne do atto, sei riuscito a creare un regime interno al movimento, con delle regole, in cui, francamente, non mi riconosco».
SIBILLA GRILLINA
«Non sono soddisfatta per nulla dal poter dire apertamente che avevo previsto tutto questo, ma è l’unica cosa oramai che mi resta da fare oggi, a disastro avvenuto. Vorrei, comunque, ricordare anche che, quando si indice una riunione che possa aver risvolti sulle scelte dei parlamentari, lo si fa con un criterio di convocazione ed una scelta di partecipanti non esattamente basata sulle simpatie o sul caso».
CIRCOLO RISTRETTO
Ruocco prende di mira gli incontri ristretti organizzati dal ministro dello Sviluppo economico: «Si pu andare a cena con amici e invitare ovunque chi si vuole, ci mancherebbe altro, ma organizzare incontri, integrati con persone non titolate, a valle dei quali si fanno uscire comunicati stampa che impacchettino una volontà parlamentare preconfezionata e ne condizionino i comportamenti, è un modo violento di gestire un gruppo parlamentare, e ciò fa male alla coesione, alla prospettiva e alla leadership del gruppo stesso».
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