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Faccio prima una sintetica premessa: stiamo capendo e, soprattutto, apprezzando la lungimiranza degli esperti del Piano Generale dei Trasporti che quaranta anni fa ritennero indispensabile ed urgente la realizzazione di quattro nuovi valichi ferroviari (il nuovo tunnel Torino – Lione, l’adeguamento del Sempione, il San Gottardo ed il Brennero).
Nel caso del Brennero era una obbligata esigenza improcrastinabile perché all’epoca, cioè nel 1984, l’Austria non era ancora nella Unione Europea ed aveva anticipato, addirittura, la chiusura dei transiti su strada dei TIR soprattutto perché il tasso di inquinamento della Valle dell’Inn aveva raggiunto livelli insostenibili.
Ebbene, proprio in questi giorni abbiamo appreso che: l’asse stradale del Brennero costituisce il principale collegamento tra l’Italia ed il Nord Europa; attraverso il valico stradale del Brennero transitano ogni anno merci per un valore di circa 160 miliardi di euro e questo dato, questa notizia viene fornita dalla Conftrasporto; un valore che è pari a un terzo del valore dell’interscambio commerciale nazionale che passa attraverso i valichi alpini. Ricordo che di tale rilevante importo circa 73 miliardi di euro sono di merci provenienti dal Mezzogiorno.
Se poi approfondiamo questi dati scopriamo che proprio nel 2022 i TIR in transito al valico del Brennero sono stati pari a 2,4 milioni. In realtà l’azione dell’Austria blocca un cordone ombelicale tra l’Italia e la Germania e lo blocca incrinando, in modo irreversibile, il corridoio alpino che unisce la seconda realtà manifatturiera europea e cioè l’Italia con la prima la Germania.
Ed è interessante leggere il comunicato congiunto che le Associazioni dell’autotrasporto merci come Anita, la Fai, la Fedit insieme alla Confindustria hanno prodotto in cui viene ribadito: “Continueremo l’azione legale avviata a livello europeo ritenendo che sussistano i presupposti giuridici per consentire ai privati di agire. In questo modo, si porrebbe fine alla reiterata violazione da parte dell’Austria dei principi di libera circolazione delle merci e sarebbe garantita una concorrenza equa tra i confini dell’Unione. Le associazioni ritengono che l’operato della Commissione europea in questa vicenda sia stato inefficace e, al tempo stesso, carente. Occorre, quindi fare immediata chiarezza”.
Ed è, a mio avviso, interessante un dato che le Associazioni mettono in evidenza: “Secondo uno studio commissionato dal Parlamento europeo i benefici complessivi garantiti alla economia europea dalla libertà di circolazione delle merci ammonterebbero a circa 390 miliardi di euro l’anno”.
Questi dati, o meglio, questi macro dati penso che da soli facciano capire cosa significhi bloccare il transito di un Corridoio comunitario e al tempo stesso prende corpo finalmente il significato e la finalità dei lavori partiti nel 1984 con il Piano Generale dei Trasporti, partiti con la proposta degli esperti del Piano di redigere un Master Plana dei trasporti in Europa, partiti con l’approvazione di tale proposta dal Consiglio e dal Parlamento europeo e che hanno poi trovato, nella definizione delle Reti Trans European Network (TEN – T), il coronamento finale attraverso cui denunciare alla intera Unione quale ruolo venivano a svolgere i singoli Corridoi.
Nel caso del Brennero si comprende benissimo cosa significhi all’interno della Unione Europea il Corridoio Helsinki – La Valletta, cosa significhi la garanzia dei flussi di traffico, soprattutto delle merci, non tra due terminali come quelli di Verona e di Monaco ma tra aree territoriali e ambiti produttivi distanti e con filiere merceologiche completamente diverse e con scadenze temporali, in particolare per il comparto agro alimentare, di difficile gestione logistica.
Quindi, l’azione di uno Stato della Unione europea, cioè dell’Austria, non si configura come un’azione tecnica mirata ad un rallentamento dei transiti o ad un cadenzamento degli stessi ma essenzialmente come una messa in crisi della crescita di tutte le attività produttive che trovano nel Corridoio Helsinki – La Valletta la vera spina dorsale delle attività logistiche ed economiche di una vasta area della intera Unione Europea.
Ma la cosa che preoccupa di più è che l’impegno profuso dal nostro Paese nella realizzazione del nuovo tunnel ferroviario del Brennero, le risorse stanziate dal nostro Paese sia per la realizzazione del tunnel che per l’intero corridoio che da Verona raggiunge il valico, la attenzione sistematica all’avanzamento dei lavori in modo da poter disporre entro e non oltre i prossimi dieci anni di un tunnel che colleghi Fortezza a Innsbruck passando sotto il passo del Brennero raggiungendo così una lunghezza pari a 64 chilometri e divenendo la galleria più lunga del mondo, sono tutti comportamenti che non mettono assolutamente in dubbio non solo la volontà e l’interesse del nostro Paese a dare concreta attuazione ad una opera chiave per la crescita non di un ambito territoriale limitato ma di una parte essenziale della intera Unione Europea e con una ricaduta determinante sia per la crescita meridionale dell’Unione che di quella più a Nord.
Tutto questo non solo non può essere sottovalutato ma, cosa ancor più grave, non può portare ad una scelta che penalizza in modo così grave non solo le economie e le attività di chi:
- È preposto a garantire la non facile funzione logistica,
- È ormai legato alle logiche della supply chain
- Ottimizza le tecniche di just in time
- Ottimizza le logiche di produzione e commercializzazione della filiera agro alimentare ma mette in crisi le diffuse potenzialità di una arteria che danneggia in modo irreversibile la crescita di due ambiti territoriali contrapposti.
Infatti su questa, ripeto, arteria vitale per la crescita dell’intero sistema economico comunitario ci sono due gravissimi “trombi”: uno causato dalla mancata realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, un “trombo” che produce un danno stimato di oltre 6 miliardi di euro l’anno nella formazione del PIL dell’isola ed uno, quello del segmento del Brennero, che, in assenza di un tunnel ferroviario ed in presenza di un blocco alla fluidità dei transiti su strada, produce un danno ancora più grave. Entrambe i due “trombi” producono un danno proprio ai terminali opposti quello del Mezzogiorno e quello del sistema settentrionale della Unione Europea.
Forse è la prima volta che nella storia della Unione Europea gli interessi del Nord e del Sud diventano una condizione obbligata per chiedere con la massima urgenza una assunzione di responsabilità della Unione; una assunzione di responsabilità mirata da un lato ad evitare blocchi alla fluidità dei transiti e dall’altro a dare concreta attuazione alle scelte, accelerando i lavori in corso sul Brennero e avviando quelli legati alla realizzazione del Ponte; in tal modo si portano a compimento due segmenti chiave non di una Regione, non di un Paese ma dell’intera Unione Europea.
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