Raffaele Fitto
INDICE DEI CONTENUTI
- 1 OBIETTIVO DI FITTO È ANTICIPARE L’INVIO ALL’UE DEL PIANO RIMODULATO DAL GOVERNO
- 2 CHIESTO UNO SFORZO MAGGIORE IN VISTA DEI PROSSIMI ANNI DEFINIT “CRUCIALI”
- 3 FITTO E LA PREOCCUPAZIONE DEL GOVERNO: PROGRAMMAZIONE FONDI UE 2014-2020 BLOCCATA AL 34%
- 4 IL MIT CONFERMA DI VOLER PORTARE A TERMINE TUTTE LE OPERE
Il ministro Raffaele Fitto si dice tranquillo riguardo il Pnrr ribadendo che «le considerazioni dell’Ue sono in linea con le priorità del governo»
Arriverà in Parlamento la prossima settimana la relazione semestrale del governo sullo stato dell’arte del Piano nazionale di ripresa e resilienza, con un quadro sugli interventi che potranno essere realizzati nell’arco temporale stabilito da Bruxelles – senza ipotecare risorse su un risultato incerto – e su quei progetti che è opportuno spostare su altri programmi di finanziamento, ovvero i fondi della coesione nazionali ed europei, che hanno un orizzonte più lontano. A dare l’appuntamento è stato il ministro degli Affari europei, Politiche di coesione, Sud e Pnrr, Raffaele Fitto, nel corso del question time alla Camera.
«Nel corso di questi mesi – ha spiegato – il governo ha provveduto ad effettuare una verifica approfondita di cui si terrà conto nella relazione semestrale, che verrà inviata al Parlamento nella prossima settimana, in ordine all’effettiva possibilità di realizzare gli interventi previsti dal Pnnr. Si tratta – ha aggiunto – di una verifica effettuata nella prospettiva di garantire da un lato un utilizzo efficace di tutte le risorse, dall’altro di individuare in relazione a tutti gli investimenti le modalità di attuazione e le reali forme di finanziamento più adeguate rispetto alla reale, effettiva realizzazione degli interventi».
OBIETTIVO DI FITTO È ANTICIPARE L’INVIO ALL’UE DEL PIANO RIMODULATO DAL GOVERNO
Il ministro aveva dato ai suoi colleghi la data di ieri come termine per consegnare le proposte di revisione degli obiettivi, in modo da anticipare, rispetto alla data limite del 31 agosto, l’invio a Bruxelles del Piano rimodulato – che comprende anche il capitolo RePower EU con i progetti per spingere sull’efficientamento e l’indipendenza energetica – e avviare al più presto la negoziazione con i tecnici della Commissione Ue. Che, come ha sottolineato il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, «conviene all’economia italiana», dal momento che in ballo ci sono gli assegni di giugno e di dicembre che valgono complessivamente 34 miliardi.
Intanto la terza rata – 19 miliardi legati agli obiettivi del secondo semestre 2022 – è ancora nelle casse di Bruxelles. Il governo «ha adottato tutti i provvedimenti necessari», ha puntualizzato Fitto intervenendo alla Camera – chiarendo anche, in risposta ai rappresentanti dell’M5S che gliene chiedevano conto, che la tranche in questione non è legata a misure di tutela del territorio -. Insomma, la «fiduciosa attesa» continua. E le parole di Gentiloni non destano allarme, anzi: «Per ora non vediamo significativi ritardi accumulati» nell’attuazione del Piano «e il fatto che stiamo finalizzando la nostra valutazione sulla terza rata non significa che sia rimasto indietro».
CHIESTO UNO SFORZO MAGGIORE IN VISTA DEI PROSSIMI ANNI DEFINIT “CRUCIALI”
È richiesto comunque, e non solo all’Italia, uno sforzo maggiore dal momento che i prossimi sono anni cruciali per la messa a terra dei progetti, e intanto si assicura disponibilità e flessibilità sulle modifiche al Piano, «ma dobbiamo farlo il prima possibile – ha detto il commissario Ue – . Per questo incoraggiamo a rafforzare la capacità amministrativa a livello centrale e locale per affrontare le prossime sfide». Un “incoraggiamento” che la Commissione ha messo nero su bianco anche nelle raccomandazioni contenute nel pacchetto di primavera del semestre europeo pubblicate ieri, puntando il dito in particolare sul «livello subnazionale», insieme all’invito a «garantire una governance efficace» per spingere sull’attuazione del Recovery Plan, come dei programmi della politica di coesione «in stretta complementarietà e sinergia con il Pnrr».
FITTO E LA PREOCCUPAZIONE DEL GOVERNO: PROGRAMMAZIONE FONDI UE 2014-2020 BLOCCATA AL 34%
I risultati della politica di coesione del resto danno la portata della sfida sul fronte della capacità amministrativa: da giorni il ministro Fitto va ripetendo i numeri della programmazione 2014-2020: la spesa è inchiodata al 34%, pari a 43 miliardi su 126 disponibili. Secondo la tredicesima edizione del rapporto della Fondazione Ifel (Anci) diffusa ieri, poi, tra Fesr, Fse, Feasr e Feamp i Comuni devono spendere ancora 3,9 miliardi del vecchio ciclo di programmazione, cui se ne aggiungono, tra Fesr, Fse+ e Jtf, altri 10,4 con scadenza 2029. E poi ci sono i 40 ricevuti in dote dal Pnrr.
Per il ministro Fitto le raccomandazioni della Commissione sono «in linea con la visione e le priorità del governo Meloni». In particolare, «sulla modifica del Piano relativamente al RePowerEU si conferma l’avanzamento dell’interlocuzione positiva con la Commissione in attesa della formalizzazione» del capitolo aggiuntivo, ha sostenuto, evidenziando che finora solo 4 quattro Stati lo hanno già presentato. Per quanto riguarda la complementarietà tra i programmi finanziari e il rafforzamento della governance, ha sottolineato, sono entrambi tasselli della strategia messa in campo dal governo.
IL MIT CONFERMA DI VOLER PORTARE A TERMINE TUTTE LE OPERE
Intanto una prima risposta alla richiesta ai ministeri di una verifica sui rispettivi obiettivi è arrivata dal Mit, che ha confermato di voler portare a termine tutte le opere, Pnrr e non. “Qualora alcune opere non potessero beneficiare dei fondi Pnrr, il Mit procederà con altre forme di finanziamento”. Quanto alle criticità riscontrate alcune riguardano il trasporto pubblico locale: si considera, quindi, la possibilità di una rimodulazione del target intermedio 2024 degli interventi del trasporto rapido di massa causa caro materiali e crisi nella catena di approvvigionamento che, però non dovrebbero incidere sull’obiettivo finale che prevede la realizzazione di 260 km di infrastrutture entro il 2026, mentre per i bus elettrici la difficoltà è legata alla realizzazione delle infrastrutture di ricarica “che sono di difficile concretizzazione soprattutto nelle grandi città”.
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