Il premier Mario Draghi al Meeting di Rimini
7 minuti per la letturaÈ un messaggio di fiducia e un invito al coraggio di fronte alle sfide poste da quello che è un «momento storico drammatico»: «L’Italia ce la farà, questa volta». Mario Draghi parla di fronte alla platea del Meeting di Rimini che gli riserva un’accoglienza più che calorosa: due lunghissime standing ovation, gli applausi scandiscono il suo discorso, sottolineandone i punti salienti, e sono ritmati quelli che lo accompagnano mentre lascia la sala al termine dell’intervento.
Che è un bilancio dell’azione del governo in quella stessa sede in cui, con il discorso tenuto nel 2020 – quello in cui distingueva tra “debito buono” e “debito cattivo” -, aveva tracciato quelle che sarebbero state le linee guida dell’agenda Draghi a capo di un esecutivo di unità nazionale chiamato a governare una pandemia che sembrava indomabile e le sue ricadute sociali ed economiche. Tradisce un po’ l’amarezza per non aver potuto portare a termine tutti i “compiti” che si era assegnato, pur senza mostrare alcuna acrimonia nei confronti dei partiti che lo hanno “congedato” anzitempo.
Anzi, fa un’apertura di credito alle forze politiche che competono per succedergli, dicendosi «convinto che il prossimo governo, qualunque sia il suo colore politico, riuscirà a superare quelle difficoltà che oggi appaiono insormontabili, come abbiamo fatto noi – sottolinea – l’anno scorso».
Invita «tutti ad andare a votare». E a chi «avrà il privilegio di guidare il Paese» raccomanda di «preservare lo spirito Repubblicano». Mentre sul piano più strettamente operativo avverte che «le decisioni che prendiamo oggi sono destinate a segnare a lungo il futuro dell’Italia».
Non sono le uniche “raccomandazioni” che il premier uscente consegna idealmente al futuro esecutivo: fa riferimento «alle pulsioni sovraniste che spingevano a lasciare l’euro» e rileva che «l’Italia non è mai stata forte quando ha deciso di fare da sola». E di fronte a un’eventuale tentazione di protezionismo e isolazionismo sottolinea che «non coincidono con il nostro interesse nazionale». Ne parla declinando in chiave internazionale l’esigenza di credibilità dell’azione di governo «fondamentale perché l’Italia abbia un peso in Europa e nel mondo», ma che è anche dovuta perché, sottolinea il premier, «è un Paese fondatore dell’Unione Europea, protagonista del G7 e della Nato. Il nostro debito pubblico – tra i più alti del mondo – è detenuto per oltre il 25% da investitori esteri. E migliaia di aziende straniere si riforniscono dalle nostre imprese, fanno i loro ordini o impiegano i loro capitali in Italia e contribuiscono alla crescita, all’occupazione, al bilancio pubblico».
Un discorso che lo porta a ribadire il posizionamento del Paese che «è al centro dell’Europa e ancorato al Patto Atlantico, ai valori di democrazia e libertà». Quelli che richiama quando ribadisce la posizione dell’Italia al fianco dell’Ucraina. «L’Italia – afferma – ha bisogno di un’Europa forte tanto quanto l’Europa ha bisogno di un’Italia forte». Una forza che dovrà porre sui tavoli chiamati a decidere su questioni essenziali, come lo sono adesso il tetto europeo sul gas e la riscrittura delle regole europee di bilancio. «L’Italia sa essere un Paese autorevole ed è con l’autorevolezza che viene il rispetto degli altri», rimarca.
Il premier fa il bilancio dei risultati del suo governo di fronte alle sfide poste prima dalla pandemia e subito dopo dalla guerra in Ucraina. L’Italia ha reagito dando prova di resilienza e di forza: il Pil, sottolinea, è aumentato del 6,6% e la crescita acquisita per il 2022 è già del 3,4%. «Siamo tornati ai livelli di Pil che registravamo prima della pandemia in anticipo rispetto alle previsioni della Commissione europea – sottolinea – Secondo il Fondo monetario internazionale cresceremo più di Francia, Germania e della zona euro nel suo complesso».
Il tasso di occupazione è cresciuto, toccando livelli record. Le politiche di sostegno messe in campo hanno contenuto l’aumento delle diseguaglianze. E il sostegno alle imprese e alle famiglie di fronte allo shock energetico – con il prezzo del gas che ha sfiorato i 300 euro, più di dieci volte il valore storico – provocato dall’invasione russa dell’Ucraina, non si sono “appoggiate” sullo scostamento di bilancio, sottolinea Draghi citando i risultati raggiunti e quelli raggiungibili, e indicandoli indirettamente consiglia a chi gli succederà – il ricorso all’extradeficit è stato richiesto più volte dalla destra come dalla sinistra – di proseguire su questa strada. Questi intanto i numeri: «Il debito pubblico in rapporto al prodotto interno lordo è sceso di 4,5 punti percentuali nel 2021 e il governo prevede continui a calare anche quest’anno di altri 3,8 punti percentuali.
Il rapporto debito/Pil resta a livelli molto alti, ma se queste previsioni dovessero confermarsi, si tratterebbe del maggior calo in termini assoluti in un biennio a partire dal dopoguerra. Mai negli ultimi venti anni in Italia l’uscita da una recessione era stata accompagnata da una riduzione significativa nel rapporto debito/Pil». L’inflazione, dice, è vero contribuisce a ridurre il rapporto, ma «non è sufficiente a spiegarla», come mostra, ad esempio, il confronto con la Francia e la Germania dove «alla fine di quest’anno sarà prossimo al livello del 2020, a fronte invece del forte calo in Italia». Ora l’economia internazionale «è in forte peggioramento» e questo tocca anche il nostro Paese che, però, assicura il presidente del Consiglio, può comunque contare «su basi solide, e mostra un possibile percorso da seguire. Crescita economica, giustizia sociale, sostenibilità dei conti pubblici sono pienamente compatibili fra loro, e possono rafforzarsi a vicenda».
Il contesto internazionale tra crisi geopolitiche, economiche e climatiche, pone sfide da far tremare i polsi. Come quella energetica posta dal ricatto russo sul gas: l’Italia ha agito imponendo «un cambio radicale» nella sua politica energetica, dimezzando le importazioni che l’anno scorso erano pari al 40% del suo fabbisogno e accelerando lo sviluppo delle rinnovabili. E se i due rigassificatori previsti saranno installati nei tempi previsti nell’autunno del 2024 «sarà in grado di diventare completamente indipendente» da Mosca: «Un obiettivo fondamentale per la sicurezza nazionale, perché la Russia – afferma il premier – non ha esitato a usare il gas come arma geopolitica contro l’Ucraina e i suoi alleati europei». Si parla tanto di sovranità, sottolinea, e ci si è così tanto affidati «a un Paese che non ha mai smesso di inseguire il suo passato imperiale». «Non deve accadere mai più».
Il governo ha spinto per avere un tetto al prezzo del gas, osteggiato da alcuni Paesi perché temono che Mosca blocchi le forniture. Ma gli stop di quest’estate, rileva il premier, mostrano «i limiti di questa posizione». La Commissione europea presenterà una proposta sulla questione nel prossimo Consiglio europeo, quando – anticipa Draghi – dovrebbe presentare una proposta su come il costo dell’energia elettrica da quello del gas. Un legame che ha permesso ai produttori di energia rinnovabile di fare profitti elevati. Il premier coglie l’occasione per rivendicare la scelta di tassare gli extraprofitti delle imprese del settore energetico dovuti all’aumento dei prezzi dei combustibili fossili che hanno penalizzato cittadini e imprese. E le richiama a versare il dovuto.
Parla quindi delle riforme avviate, con quella fiscale in testa, insistendo in particolare su quella del catasto, e poi della riscossione, temi caldi nell’ultima fase del governo e ora della campagna elettorale: «L’evasione non deve essere tollerata né incoraggiata», è il monito.
Sono riforme importanti anche perché legate al Pnrr, un altro “capitolo” su cui l’Italia si gioca la sua credibilità, sia sul fronte internazionale, perché «i nostri partner europei si sono impegnati a tassare i propri cittadini» per permettere all’Italia di avviare la sua ricostruzione dopo la crisi pandemica. Ma anche sul fronte nazionale, perché «i cittadini si aspettano riforme e investimenti che rendano l’economia più efficiente, equa e sostenibile e mettano al centro del Paese il Sud, i giovani e le donne». Ne discende un invito implicito a rispettare gli impegni assunti con Bruxelles, intanto il suo governo è al lavoro per raggiungere «il più alto numero di obiettivi possibili prima del cambio del governo».
Il fatto che la guerra in Ucraina compaia tra gli ultimi paragrafi del suo discorso non smorza la forza con cui il premier ribadisce la posizione dell’Italia: «Al fianco del popolo ucraino, del suo diritto a difendersi e decidere del proprio destino». «Allo stesso tempo, dobbiamo essere pronti a cogliere le opportunità per raggiungere una pace che sia duratura e sostenibile». «Non c’è alcuna contraddizione tra la ricerca della pace, il sostegno all’Ucraina, l’attuazione di sanzioni efficaci contro la Russia». E sulle sanzioni non si può non leggere un “appunto” al leader della Lega, Matteo Salvini, che ne è tornato a metterle in discussione, sostenendo che oltre che essere «inutili», «alimentano il conflitto».
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