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La Corte Costituzionale ha stabilito che in Italia anche i single potranno adottare bambini stranieri
Un genitore è sufficiente, da oggi lo dice la legge. La Corte costituzionale ha stabilito che in Italia sarà possibile, anche per i singoli e non solo per le coppie, adottare bambini “stranieri in stato di abbandono”.
La decisione arriva in una sentenza depositata ieri, con cui la Consulta dichiara illegittimo l’articolo 29 bis, comma 1, della legge 184 del 1983, legge che non includeva l’aspirante genitore singolo fra quelli che avrebbero potuto adottare un bambino straniero. La spinta a pronunciarsi viene da Firenze, dove una donna ha sollecitato nel luglio scorso il Tribunale dei minori a sollevare la questione di costituzionalità per l’articolo citato.
ADOZIONE BIMBI STRANIERI SVOLTA STORICA
Per alcuni una svolta storica, lper alcuni un passaggio necessario, per altri una decisione sbagliata. Secondo il presidente emerito della Corte costituzionale, Cesare Mirabelli, la sentenza non è “sconvolgente”: il singolo potrà «manifestare la disponibilità ad adottare e chiedere la valutazione di idoneità» ma poi «sarà in concreto il tribunale a stabilire se è nell’interesse del minore specifico provvedere a questa adozione».
Cosa che già avviene per le coppie, d’altra parte. Il dibattito sull’adozione, nel nostro paese, è come si sa complesso e tormentato, con implicazioni di ordine morale e sociale rispetto alle quali il mondo politico e legislativo fatica a decidere: e ancora una volta un cambiamento importante proviene infatti dalla Magistratura, che si sostituisce alle Camere come già avvenuto su che meriterebbero un dibattito politico dettagliato e consapevole, come il fine vita o la procreazione assistita. In questo caso fa un po’ impressione la data della norma ritenuta non costituzionale, 1983. Sono tanti, 42 anni, soprattutto per tutti quelli che hanno visto infrangere contro questa regola un loro desiderio profondo, legittimo o illegittimo che fosse.
IL CASO DI DALILA DI LAZZARO
Una di queste persone, la più celebre forse, è Dalila Di Lazzaro, che tante volte in questi si è espressa pubblicamente, in cerca di un riconoscimento di quella sua istanza così intima e privata: “L’importante è esserci arrivati: meglio tardi che mai”, ha commentato poche ore dopo la notizia della sentenza l’attrice, che nel ’91 aveva perso un figlio e per tanto tempo ha cercato di ottenere il diritto a un’adozione.
La sentenza allinea il nostro paese a una parte dell’Europa: questo tipo di adozioni sono già possibili in Francia, Gran Bretagna, Spagna e Germania.
E contiene anche una premessa alle adozioni monogenitoriali di bambini italiani: “Diversamente ci sarebbe una disuguaglianza”, commenta sempre Mirabelli: l’adozione non serve «per procurare un figlio a chi lo desidera ma per assicurare, attraverso questo strumento, al bambino un contesto familiare di crescita armoniosa che a volte può essere garantito anche dal singolo».
IL MONDO POLITICO
Il mondo politico si scuote dal suo torpore bipartisan, invocando l’urgenza di rivedere l’attuale legislazione sulle adozioni: «Spetta al Parlamento raccogliere questo segnale forte e approvare, cercando la più ampia convergenza possibile», dice Mara Carfagna di Noi Moderati-Centro Popolare.
Servirà, fa eco la senatrice Pd Valeria Valente, «semplificare e accelerare le procedure nel prevalente interesse del minore che è quello a trovare una famiglia nel più breve tempo possibile». Parte del mondo cattolico invece dissente: «Un’aberrazione giuridica da scongiurare in ogni modo», la definisce Jacopo Coghe, portavoce dell’associazione Pro Vita e Famiglia.
I DISSENSI DI PARTE DEL MONDO CATTOLICO
Se ne parlerà, insomma. Una strada possibile, per non metterci altri quarant’anni a decidere, può essere quella di dare ascolto alla scienza, a chi è a contatto ogni giorno con situazioni e sentimenti di persone che istanze e desideri le vivono sulla propria pelle. «Io sono favorevole, per un motivo semplice», ci dice Maurizio Brasini, psicoterapeuta che lavora ogni giorno con minori, coppie e famiglie: «Noi siamo animali da branco e siamo predisposti a stabilire relazioni significative a due. Cioè i nostri “numeri” in termini relazionali sono “due” e “molti”. Non c’è una predisposizione alla famiglia tradizionale insomma. Ci serve uno (o più di uno) su cui contare in particolare e ci serve una rete sociale».
Chi vorrà scrivere una legge potrebbe ricominciare da qui.
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