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Monica Maggioni con Guido Crosetto e Marco Minniti

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UN MEDITERRANEO strategico per gli interessi nazionali e il ruolo che l’industria italiana, a partire da quella partecipata dallo Stato, può giocare nelle sfide decisive per i prossimi decenni. Ne hanno parlato attorno a un tavolo, nella rovente estate romana, il ministro della Difesa, Guido Crosetto, i vertici dei due fra i più importanti player industriali italiani, gli amministratori delegati di Fincantieri e Finmeccanica, rispettivamente Pierroberto Folgiero e Roberto Cingolani, a parlare di interesse nazionale, davanti a un affollato parterre, da Gianni Letta alla ministra della Ricerca, Annamaria Bernini.

La terza edizione del Med-Or Day, la Fondazione che è diventata un punto di riferimento per rafforzare i legami, gli scambi e i rapporti internazionali tra l’Italia e i Paesi dell’area del Mediterraneo allargato fino al Sahel, Corno d’Africa e Mar Rosso (“Med”) e del Medio ed Estremo Oriente (“Or”), si è subito trasformata in un’occasione per lanciare un messaggio semplice semplice: l’interesse nazionale, mai come in questo momento, proprio nel rapporto fra Italia e Mediterraneo, è strategico. Lo dice chiaramente Marco Minniti, presidente della Fondazione Med-Or, aprendo e chiudendo il dibattito. E spiegando che mai come in questo momento, “in un mondo così disordinato, l’interesse nazionale costituisce una bussola, un’idea non solo per questa o quella alleanza di governo, ma per l’intero Paese. E’ quello che unisce e non quello che divide”.

Da questo punto di vista, l’Italia, al centro del Mare Nostrum, è il ponte ideale fra l’Europa e il cosiddetto Mediterraneo allargato, fra l’Occidente e i Sud del Mondo. Proprio i temi che sono stati al centro della prima edizione del Festival Feuromed, organizzato dal Quotidiano del Sud e che si è svolto nel marzo scorso nella città partenopea e dal quale è nata la Carta di Napoli con i suoi allegati, presentati a Roma alla presenza del ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano e del sindaco Gaetano Manfredi.

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Ma, se la bussola è il Mediterraneo, bisogna creare anche una classe dirigente che sappia guidare la nave Italia sulla sua rotta, al di là della “politichetta” che pensa solo a trovare un argomento al giorno su cui litigare e dividersi.

Invece, incalza il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ci sono vittorie sui quali tutti dobbiamo festeggiare, indipendentemente dal colore del governo che siede a Palazzo Chigi. L’esponente dell’esecutivo pensa soprattutto al fitto e complesso lavoro diplomatico che ha portato alla decisione di al-Sisi di graziare Patrick Zaki, chiudendo un lunghissimo contenzioso con l’Egitto. “Tocca alla classe dirigente, che costituisce la struttura del Paese, al cosiddetto “deep-State” avere una visione del futuro- aggiunge il ministro della Difesa – Abbiamo bisogno di un documento di strategia nazionale condiviso da tutte le forze in gioco, un luogo da sottrarre alle normali dispute politiche e sul quale disegnare gli scenari futuri del Paese”. Un luogo dove, ad esempio spiega Roberto Cingolani, numero due di Leonardo, si possa collocare un “ministero del futuro”, che avesse un solo compito: costruire il piano strategico dell’ottava potenza manifatturiera mondiale. Ma anche un luogo dove, ad esempio, si pensi a come utilizzare il grande patrimonio di tecnologia che abbiamo in Italia. “Abbiamo inventato la plastica e non sapevamo cosa farne, abbiamo creato i computer e oggi siamo fuori dal giro, siamo stati i pionieri del nucleare e oggi abbiamo un grave problema di dipendenza energetica”, racconta Cingolani, tornando a vestire per un attimo gli abiti dello scienziato. E per spiegare meglio il concetto, l’Amministratore delegato di Fincantieri ricorre, ovviamente, ad una metafora marina: “Siamo bravissimi nella partenza, ma poi durante la regata, ci distraiamo”.

Anche qui, occorre una bussola, una visione. E, Folgiero, pensa ad esempio all’importanza di costruire un polo nazionale della “subaquea”, soprattutto nel Mediterraneo, il mare dove ci sono più cavi sottomarini e di telecomunicazione al mondo, e per questo strategico. “Dobbiamo occupare questo spazio disegnando un eco-sistema in anticipo e puntando anche a difendere le nostre invezioni e tecnologie”. Fincantieri è un campione nazionale che occupa più o meno centomila persone ed è l’ultimo avamposto dell’industria navale pesante europea, migrata per lo più in Oriente. Ma, avverte Folgiero, se dobbiamo fare “re-shoring, se dobbiamo riportare qui pezzi di industria, c’è un tema gigantesco di manodopera”, gli italiani “non non vogliono più produrre”. Bisogna cambiare passo. E il settore della difesa può giocare un ruolo fondamentale per fare Pil ed export. Anche per Cingolani c’è un grande problema di risorse umane: “Mancano 300mila ingegneri nei prossimi dieci anni”. Ma occorre anche mettere mano alle regole giuslavoristiche, inadeguate per un Paese che vuole essere competitivo. E, inoltre, occorre pensare a quella che sarà l’Italia nei prossimi trent’anni. Insomma, allargare lo sguardo, incrociando il Mediterraneo. Ma, soprattutto, conclude Marco Minniti, puntando a far crescere il sistema-paese.


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