Re Carlo III d'Inghilterra firma l'atto della sua proclamazione
4 minuti per la letturaADESSO il principe eterno è proprio re: Carlo III del Regno Unito e, almeno al momento, per uno stuolo di reami sparpagliati per il mondo secondo la geografia del vecchio impero dell’ava Vittoria che tiene solo nei pensieri sciagurati di qualche brexiter fondamentalista. Il Canada l’ha già preso per buono, si attendono le mosse (non immediate certo) dell’Australia, delle isole dei Caraibi e di svariati isolotti appena fuor d’acqua dalle onde del Pacifico, sperduti verso “il mondo alla fine del mondo”. Ha avuto il suo primo intoppo, ma piccolo: un portapenne che ingombrava il prezioso tavolo dove era squadernato l’atto di accettazione del trono, che veniva dopo la proclamazione davanti all’Accession Council, l’organismo predisposto dalla tradizione inglese ma che nessuno aveva visto mai.
Stavolta c’era la televisione, che settant’anni fa non entrava nelle “segrete stanze” e che solo una felice intuizione del principe Filippo portò alla causa della Royal Family, quando impose l’incoronazione di Elisabetta in diretta planetaria. I consigliori non volevano: la monarchia ha da essere misteriosa, dicevano, ma il duca di Edimburgo, che oggi sarebbe un influencer più influente di Chiara Ferragni, ebbe l’appoggio della Regina e i parruccati obbedirono. Anche chi doveva togliere di mezzo l’ingombrante portapenne ha obbedito.
Carlo ha fatto il suo discorsetto del re: non l’ha tirata per le lunghe, anche se aveva avuto quasi tre giubilei per prepararlo, avendo alle spalle 73 anni di attesa. Ha ricalcato al Council quel che aveva detto la sera prima alla Nazione ed al Commenwealth ed al mondo: seguirà la via di Elisabetta, servizio e dedizione; conta sull’appoggio della neoregina (consorte), l'”amata Camilla”, che era a chioma fluente e senza uno di quei cappelli che hanno contribuito alla fama pop di Elisabetta II.
Camilla ha controfirmato, con aria serena e viso lontano da quell’aspetto che sembrava così arcigno a Lady Diana che la chiamava “il rotweiler”. Ha controfirmato anche William, il più “Elisabetto” della casa, da ieri ricchissimo Duca di Cornovaglia e Principe di Galles, che non è il tessuto quadrettato ad avergli dato nome e titolo, ma da uno di quei principi il tessuto prese nome perché fu lui a lanciarlo di moda: era il famoso duca di Windsor, quello che rinunciò al trono per amore di Wallis, ma anche, dicono, per la troppa simpatia personale verso Hitler, che i britannici invece…
Carlo ha ribadito la promessa materna: servirò il regno per tutta la vita (dicono che così abbia rimosso subito i rumours che vorrebbero una precoce abdicazione in favore di William, il “cocco di Londra”) e seguirò le indicazioni del Parlamento. Niente grilli per la testa come i Carlo che l’hanno preceduto, ma eravamo nel Seicento.
La fresca premier Liz Truss ha ugualmente controfirmato l’atto, sotto lo sguardo attento di sei suoi predecessori, quelli in vita, tra i quali l’elegantissima Theresa May, e anche l’ultimo, lo scapigliato Boris Johnson, che si dice stia già tramando per essere, oltre che il predecessore, anche il successore.
La Royal Family era tutta in Camilla e William. Nessuno dei principi è membro del Council ma è anche un segnale della nuova linea del casato: spending review, non più “mangiapane a tradimento”, come si diceva una volta. Harry deve aver capito l’antifona in anticipo e per questo è andato a raccattare dollari (a palate) in America, magari spifferando, insieme con Meghan, gli altarini dei parenti. Per ora i due si tengono in disparte in zona Castello di Windsor.
Carlo III ha cominciato i suoi incontri, il Governo gli ha giurato fedeltà, il popolo che piange Elisabetta sembra averlo finalmente capito, sparano a salve i cannoni del Regno Unito, salgono di nuovo sui pennoni le Union Jack che erano state abbassate a mezz’asta per rispetto a Elisabetta (garriscono in alto solo il tempo della proclamazione, poi tornano alla mestizia della mezz’asta e di questi giorni), sudditi d’ogni età portano fiori a Buckingham Palace, il messo incaricato dal balcone di St James Palace annuncia l’avvenuta proclamazione e la sospirata accettazione, “God Save the King” è l'”Habemus Papam” della situazione. Si sente in giro qualche cinguettio repubblicano, ma è cosa da salotto, da Ztl si direbbe in italiano.
L’Inghilterra è forse, però, quella signora che ieri l’altro si è sporta dalle transenne per baciare Carlo III: “L’ho visto così triste!” ha raccontato. Triste come il Regno Unito, il Commonwealth e il mondo intero ora che non c’è più la Regina con il cappello e la borsetta. Ha detto Carlo (ma questa se l’era preparata chissà da quanto): che gli Angeli ti accompagnino nel tuo ultimo viaggio. Che non è quello da Balmoral a Londra per il grande addio del 19 settembre.
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