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L’eredità della Regina Elisabetta è complessa ma Carlo III ha tutte le qualità che servono per poterla raccogliere
Re Carlo ha preso il nome di re Carlo III. Se vediamo i suoi predecessori che hanno portato lo stesso nome, possiamo oggi dire che ha avuto coraggio. L’ho conosciuto anni fa in ambasciata e nelle diverse peregrinazioni nel nostro Paese. È una persona estremamente intelligente, una persona di cultura con tanti interessi, tra cui quello per l’architettura, l’archeologia, l’agricoltura.
Se andiamo a vedere la storia viene fuori che Carlo I Stuart fu processato dall’alta Corte, condannato a morte e decapitato. Cromwell fece dichiarare il re reo di alto tradimento. La figura di re Carlo I Stuart fu poi rivalutato da suo figlio, re Carlo II. La Chiesa anglicana lo proclamò Santo. La sua commemorazione cade il 30 gennaio.
Questo nome non portò molta fortuna neanche a Carlo II che ebbe una vita travagliata fino ad essere esiliato: tornò trionfalmente in Inghilterra dopo la dichiarazione di Breda del 1660.
Basta questo per comprendere che questo nome non ha portato grandi fortune a chi l’avesse. Oggi Carlo prende un nome difficile. Dovrà in qualche modo gestire una eredità complessa, ma sono convinto che abbia le qualità per farlo. È una persona sensibile oculata che analizza bene i problemi di oggi. È stato sempre al fianco della regina e ha curato tante cose al posto suo, in particolar negli ultimi anni. Nei suoi quasi 73 anni di età ha vissuto in prima persona molti avvenimenti: dalla guerra fredda alla caduta dei regimi comunisti. Ha vissuto il nuovo corso dell’Europa dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989. Nel 1973 ha visto entrare il suo Paese nel mercato europeo e poi uscirne nel 2020.
Oggi Carlo III ha il duro obiettivo di riportare il Regno Unito ai fasti di un tempo. Non lo attende un momento facile anche se a lui tocca regnare e non governare, aspetto quest’ultimo che rientra nei poteri di governo e parlamento. E poi dovrà cercare di mantenere unita una famiglia: da un lato il figlio grande, William, il principe ereditario designato alla corona britannica e dall’altro Harry, il secondogenito difficile da gestire soprattutto dopo alcune esternazioni pubbliche fatte.
Carlo III dovrà trovare sempre le parole giuste anche nelle situazioni più complesse, così come fece la mamma regina nella visita nell’ex colonia India, puntando, tra l’altro, sulla comunanza di tradizioni e lingue tra i due Paesi. È stata senza alcun dubbio una Regina dalle grandissime qualità che interpretava il suo ruolo come un servizio ai sudditi non un privilegio. Carlo III, a mio avviso, non sarà da meno. Sarà il re che porterà alto il nome del casato di Windsor.
Meritano una particolare attenzione i rapporti tra la casa reale britannica e le alte cariche dello Stato italiano. La Gran Bretagna dopo un periodo di distacco dall’Europa, a un certo punto si accorse che la Comunità economica europea. E bisognava agire. Era l’agosto 1961, quando l’allora primo ministro del Regno Unito Macmillan, nonostante non tutti fossero d’accordo nel Paese, presentò la propria candidatura ufficiale alla Cee. L’Italia era pienamente favorevole. Noi avevamo rapporti stretti con ministri degli Esteri e primi ministri. Una relazione che fu consacrata da un grande gesto. Il 29 aprile del 1969 il presidente del consiglio Giuseppe Saragat e il nostro ministro degli Esteri, Pietro Nenni, vennero addirittura invitati alla residenza reale del castello di Windsor. Il tutto si presentava come un tentativo per l’avvicinamento al mercato europeo. E proprio quel giorno accadde qualcosa di incredibile.
Mentre eravamo nel castello di Windsor, si dimise il presidente della Repubblica Francese, Charles De Gaulle, che lottò strenuamente per impedire l’ingresso del Regno Unito nelle Comunità, ponendo il suo veto per ben due volte alle candidature inglesi. Il generale francese sottomise il suo mandato al risultato del referendum sulla riforma del Senato e la regionalizzazione e gettò la spugna dopo la vittoria del «no». Si ritirò nella sua proprietà à Colombey-les-Deux-Églises, dove morì 18 mesi più tardi. A quel punto era chiaro che per l’Inghilterra ci sarebbero stati aspetti molto positivi. L’ambasciatore Manzini con cui lavoravo a stretto contatto, sottolineò a Saragat e Nenni che il ruolo dell’ambasciata a Londra diventava importante e significativo. Il governo acconsentì e io fui mandato a Londra.
Nel 1973 l’Inghilterra entrò così nel mercato europeo. È stato quello un momento storico importante nei rapporti tra i due Paesi.
Un’altra fase rilevante è quella avvenuta durante la presidenza di Francesco Cossiga, quando quest’ultimo venne invitato in Inghilterra negli anni Ottanta. E la Regina fece sapere che era pronta ad accoglierlo con piacere. Incontrai Cossiga e gli dissi di cogliere questa grande occasione perché il rapporto con il nostro Paese era diverso rispetto a quello con altri. Gli suggerii un dono particolare per l’occasione. Creare una fontana a pochi passi dall’ambasciata a Londra. E avevo indicato anche in Emilio Greco lo scultore che dovesse realizzarla.
Tra l’altro a Londra non ci sono tante fontane come a Roma. Cossiga trovò il regalo stravagante, ma non disse di no. Così mi recai dal sindaco di Londra e gli presentai l’iniziativa. Nella zona della Carlos Place doveva essere realizzata una fontana con “Nereide”. C’era solo un problema. Quando un privato decide di fare qualcosa in un luogo comunale deve renderlo pubblico e se nel giro di tre quattro mesi nessuno presenta obiezioni allora si può procedere.
Ma una scultura di una donna nuda che si specchiava nell’acqua poteva infastidire i gesuiti irlandesi la cui chiesa era proprio in quell’area. Avevo rapporti con loro e andai a parlarci. Li convinsi e la cosa andò in porto, consolidando ulteriormente un rapporto bilaterale e di amicizia. Si vede come noi italiani, anche in situazioni particolari, introducevamo qualche elemento che rendesse tutto più suggestivo.
Da sottolineare, poi, come durante il suo regno la Regina abbia fatto spesso riferimento alla fede comportandosi in maniera rigorosa. Era una cristiana sincera e impegnata. Da capo della chiesa anglicana ha lavorato molto per il dialogo multireligioso e ha scritto molto di questi argomenti. Una fede che è stata anche un indirizzo morale della società.
(*)Ex segretario generale del ministero degli Affari Esteri
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