La ministra Marta Cartabia
4 minuti per la letturaIl Senato ha approvato in via definitiva il disegno di legge per la riforma dell’ordinamento relativo alla magistratura. Si aggiunge così un elemento importante, che integra e completa le riforme, già approvate, del processo penale e del processo civile, con la comune finalità di rendere efficiente l’andamento della giustizia, intervenire sulle carriere dei magistrati rendendo verificabile, per quanto si possa, il loro impegno e la loro professionalità, valorizzare le attitudini e le capacità organizzative nella selezione delle funzioni direttive, assicurare l’autorevolezza dei magistrati, evitando il rischio di offuscarne l’immagine di indipendenza e di imparzialità a seguito della partecipazione a competizioni elettorali o all’assunzione di incarichi di derivazione politica, recuperare la credibilità del Consiglio superiore della magistratura e rinnovare il sistema elettorale e le regole di funzionamento per ridurre il peso delle correnti.
Come è naturale che accada per ogni riforma, nel dibattito che si sviluppa nel corso della procedura per la sua approvazione vengono messi in risalto aspetti critici, anche con la legittima finalità di introdurre correttivi conformi alla propria visione ideale o all’interesse della categoria cui si appartiene. Anche in questo caso non manca chi, in particolare nel modo dell’avvocatura, avrebbe voluto una riforma più incisiva o diversa, e chi invece, nel mondo della magistratura, ha ritenuto che contenga disposizioni che ne mettono a rischio la indipendenza. La riforma che si deve all’impegno e alla paziente tessitura della Ministra Cartabia, approvata dal Parlamento, è ora legge. È quindi opportuno deporre le armi dialettiche che si sono incrociate nel corso della sua formazione, e contribuire tutti a una buona attuazione della riforma e alla sua corretta applicazione.
Per il primo aspetto manca ancora un passaggio decisivo. Quella approvata è una legge che attribuisce al Governo la delega per emanare, entro un anno, decreti legislativi, con la stessa forza della legge, nel rispetto dei principi e criteri direttivi contenuti nella legge. Secondo uno schema da tempo invalso e collaudato, il Governo presenterà entro un anno gli schemi dei decreti legislativi alle Camere, perché le Commissioni competenti esprimano il loro parere. Ancora un altro termine di due anni per introdurre disposizioni integrative e correttive suggerite dall’esperienza che si farà. Infine tre anni per avere una raccolta di tutte le disposizioni vigenti in materia di ordinamento giudiziario, coordinate e sperabilmente organiche.
È evidente la complessità della procedura e il differimento nel tempo delle norme che attueranno i principi e criteri direttivi stabiliti dalla legge. È da auspicare che i termini previsti non si “consumino” e che il Governo provveda al più presto, come è nei suoi poteri, ad adottare gli schemi dei decreti legislativi, il cui testo di massima, del resto dovrebbe essere stato già predisposto dal Ministero della giustizia. La sollecitudine nell’attuazione della delega mostrerebbe una efficienza di buon auspicio anche per la effettiva applicazione delle nuove norme.
Quest’ultima è la fase più impegnativa, perché l’esperienza insegna che non di rado l’impulso riformatore si esaurisce con la pubblicazione di una legge sulla Gazzetta ufficiale, nella errata convinzione che “l’intendenza seguirà”. Non sono pochi gli aspetti organizzativi che devono essere predisposti per sostenere la effettiva applicazione della riforma. A cominciare dalla cura che richiedono la raccolta degli elementi e le procedure di valutazione dei magistrati, ad evitare rischi nella attribuzione di giudizi sintetici per loro natura sommari e difficilmente riassuntivi, quali discreto, buono o ottimo.
Non mancano aspetti che riguardano la organizzazione degli uffici, accanto ai quali si collocano disposizioni di politica giudiziaria. Così è per il progetto organizzativo con il quale il Procuratore della Repubblica definisce i criteri di selezione delle notizie di reato da trattare con precedenza, nell’ambito dei criteri generali fissati dal Parlamento, tenendo conto della realtà criminale e territoriale e dell’utilizzo efficiente delle risorse tecnologiche, umane e finanziarie disponibili. Molte previsioni possono esaurirsi in formule di stile o al contrario, e come si auspica, segnare punti di svolta nella efficienza e trasparenza della funzione giudiziaria.
Non mancano innovazioni che sollecitano maturazione di costumi, come la responsabile partecipazione degli avvocati, recata dalla loro componente presente nei Consigli giudiziari, nel giudizio sulla professionalità dei magistrati, mediante la segnalazione di fatti specifici che incidono positivamente o negativamente sulla professionalità.
La riforma offre strumenti e schemi che devono divenire diritto vivente ed essere riempiti, oltre che dal comportamento individuale, dal costume di tutte le categorie professionali che concorrono a comporre il sistema giudiziario. L’impegno comune, per valutare la efficacia del disegno riformatore, non può che essere la leale attuazione e applicazione della legge.
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