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Putin e Zelensky rilanciano le proprie condizioni. Trump si gioca la sua credibilità a casa e nel mondo


La portavoce della Casa Bianca, in Usa, Karoline Leavitt non ha lasciato spazio ai dubbi: «Non siamo mai stati così vicini a un accordo di pace come lo siamo in questo momento».

Che l’atmosfera sia febbrile alla vigilia della seconda telefonata – nella giornata di oggi martedì 18 marzo 2025 – tra il Presidente americano Donald Trump e il omologo russo Vladimir Putin non stupisce. Le sorti del negoziato sull’Ucraina, avviato dall’inquilino della Casa Bianca all’indomani della sua rielezione, saranno naturalmente al centro della colloquio. La telefonata si svolgerà quasi certamente attraverso la famigerata linea rossa, il collegamento telefonico diretto tra la Casa Bianca e il Cremlino installato durante la Guerra Fredda per favorire la comunicazione tra le due superpotenze.

GLI USA, MAI STATI COSÌ VICINI ALLA PACE


«Vogliamo vedere se possiamo porre fine a questa guerra. Forse ci riusciremo, forse no, ma penso che abbiamo ottime possibilità» ha detto Trump parlando coi giornalisti sull’Air Force One, l’aereo presidenziale americano. «Parleremo di terre. Parleremo di centrali elettriche» ha aggiunto il tycoon confermando così le indiscrezioni che vedevano il tema delle cessioni territoriali da parte di Kiev come al centro dell’agenda negoziale. Che la linea impostata dall’inquilino dello Studio Ovale fosse questa era del resto già trasparito dalle parole di Mike Waltz, il Consigliere per la sicurezza nazionale presidenziale.

Parlando alla ABC News domenica scorsa, Waltz aveva ammesso che la discussione sul futuro assetto dell’Ucraina avrebbe probabilmente incluso la cessione di territori di Kiev alla Russia, affermando che i negoziati dovranno per forza di cose rispecchiare la realtà sul terreno. Un approccio realista che nella narrativa trumpiana deve far ben sperare per le sorti del conflitto, ma che cela soprattutto anche una certa “ansia da prestazione” del tycoon, eletto alla Casa Bianca una seconda volta proprio con la promessa di concludere rapidamente il sanguinos o conflitto

MOSCA RIMARCA LA SUA POSIZIONE


Alla vigilia della seconda conversazione con Trump, Mosca ha invece rimarcato la sua posizione. A pensarci è stato il Viceministro degli Esteri russo Aleksandr Grushko, che in un’intervista al quotidiano russo Izvestia ha dichiarato che la Federazione Russa insisterà affinché l’accordo di pace includa le necessarie garanzie di sicurezza per Mosca, in particolare il riconoscimento dello status di neutralità dell’Ucraina e il divieto a non aderire alla NATO da parte di Kiev.

Il rappresentante russo ha inoltre escluso la possibile presenza di contingenti militari stranieri su territorio ucraino, comprese le forze di pace che alcuni paesi europei – con in testa Francia e Gran Bretagna – stanno discutendo quale mezzo di deterrenza contro future incursioni russe.

Grushko ha affermato che il dispiegamento di soldati occidentali armati in Ucraina violerebbe gli interessi di sicurezza russi, ma ha aperto alla possibilità di accettare la presenza di osservatori disarmati che monitorino i progressi del cessate il fuoco e il rispetto degli accordi di pace, a patto che appartengano a paesi imparziali dunque non a nazioni dell’Alleanza atlantica. Sul tema è intervenuto ieri anche Peskov, che ha definito «assolutamente pericoloso» parlare di militari NATO in Ucraina, con esplicito riferimento alla proposta anglo-francese.

KIEV NON TACE


Ma se il Cremlino parla, Kiev di certo non tace. Alla vigilia della telefonata Trump-Putin, è stato il Ministro degli Esteri ucraino Andriy Sybiha ha dettare le condizioni dell’Ucraina, a partire da tre linee rosse fondamentali. Secondo capo della diplomazia ucraina, Kiev non riconoscerà il possesso del territorio occupato dalle forze russe, in nome della propria integrità territoriale.

In secondo luogo, l’Ucraina non accetterà veti sulle proprie decisioni politiche, in particolare per quanto riguarda la possibilità di aderire a certe alleanze come l’Unione Europea o la NATO. Sybiha ha sottolineato in particolare come l’ingresso nell’Alleanza Atlantica resti la miglior garanzia di sicurezza per Kiev al punto da essere stata inserita nella stessa costituzione ucraina.

Infine, il diplomatico ha specificato che l’Ucraina non accetterà limitazioni alle proprie forze armate né per quanto riguarda i numeri né circa le sua capacità operative. Tutte condizioni sostanzialmente incompatibili con le richieste russe.

IL TIRA E MOLLA


Un tira e molla, insomma, in cui ogni elemento può diventare pedina della trattativa, economia compresa. Intervistato infatti alla prestigiosa rivista americana Politico, il commissario ucraino alle sanzioni Vladislav Vlasiuk ha aperto alla rimozione delle misure imposte alla Russia come parte di un accordo di pace che garantisse a Kiev la sua sicurezza.


Che il tema delle sanzioni rimanga una merce di scambio lo conferma anche la telefonata del Segretario di Stato Marco Rubio al Ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjàrtò, in cui il diplomatico statunitense ha chiesto di adoperarsi affinché Budapest non ponesse il veto al rinnovo delle sanzioni europee contro Mosca, incluso il congelamento degli asset finanziari di Mosca detenuti nelle banche occidentali e bloccati a seguito dell’invasione russa del febbraio 2022. L’Ungheria ha effettivamente annunciato il ritiro del suo veto, permettendo così la ri-approvazione delle sanzioni contro la Russia.

La portavoce Levitt del resto ha precisato che se i colloqui dovessero fallire Washington è pronta a usare tutte le leve a sua disposizione per costringere la Russia al negoziato, pur senza scendere nei dettagli.

UNA TRATTATIVA COMPLESSA


Difficile comunque riannodare tutti i fili di quella che si preannuncia una trattativa sfaccettata e complessa. Non a caso è stato lo stesso Rubio a mettere le mani avanti, anche di fronte alle alte aspettative e alle difficoltà sul campo. «Questa è una guerra complessa, che dura da tre anni e si svolge su un fronte militare molto esteso e con grande complessità. Nessuno dice che sia facile ma voglio che tutti capiscano che questo è il piano.

Piano A: cessate il fuoco, così possiamo passare al Piano B, la seconda fase, che consiste nel riunire tutti attorno al tavolo delle trattative per trovare un modo per porre fine a questa guerra in modo permanente, sostenibile, che tenga conto delle esigenze di tutti» ha dichiarato il capo della diplomazia americana in un’intervista a CBS News. «Non potremo arrivare alla seconda fase finché non avremo superato la prima» ha aggiunto Rubio, spiegando che si tratta di uno sforzo non facile ma su cui Washington ha intenzione di puntare con l’intento di chiudere il conflitto il prima possibile.

TRA CAUTELE E PROCLAMI


Tra cautele e proclami, ogni attore insomma si affretta a piantare le proprie bandierine e a disporre le proprie pedine sul tavolo dei negoziati, ognuno giocando una propria partita. In attesa che il fatidico telefono rosso squilli di nuovo.

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