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Ursula Von der Layen e Giorgia Meloni

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Primo vertice informale europeo sulla Difesa a Bruxelles nel nuovo anno e il primo da quando Trump si è insediato alla Casa Bianca


Quando i 27 si sono dati il buongiorno lunedì 3 febbraio mattina a Bruxelles Trump aveva dichiarato guerra a Messico, Canada e Cina e il suo alter ego Elon Musk aveva lanciato la campagna Mega (Make Europe Great again).

Nelle prime ore del pomeriggio di lunedì 3 febbraio il conto alla rovescia è scattato anche per l’Europa: «Saremo durissimi sui dazi anche con l’Europa che ci ha trattati malissimo, non compara auto e nient’altro da noi» ha detto il Presidente Usa.
Un paio d’ore dopo il problema è “congelato” per un mese con il Messico grazie all’invio di qualche migliaio di soldati al confine con gli Usa. Ed è partita quella che sembra una trattativa anche con Justin Trudeau e il Canada.

LA GUERRA SUI DAZI DI TRUMP


Chissà a che punto saremo questa mattina, martedì 4 febbraio 2025. Di sicuro i 27 riuniti da mattina a sera a Palais d’Egmont a Bruxelles per il vertice informale sulla Difesa e il primo da quando Trump è insediato hanno cambiato l’agenda dal tema Difesa a quello dei dazi commerciali.
E hanno cominciato a misurarsi con un “alleato” storico ma così imprevedibile e minaccioso da immaginare il futuro come un tavolo da gioco in cui il presidente Usa tiene il banco, rilancia sempre e spesso bluffa.

VERTICE EUROPEO IMPRONTATO SUI DAZI


Il vertice aveva all’ordine del giorno un solo punto: la costruzione della Difesa europea e il percorso per essere autonomi se e quando il vecchio zio Sam dovesse, come minaccia ogni giorno Donald Trump, smettere di sostenere la Nato.

Al punto B c’è il tema di come parificare, nel frattempo, i bilanci nazionali ad un contributo Nato pari almeno al 3 per cento del pil (Trump che chiede 5 ma è il suo modo di rilanciare).
Il punto è che sette paesi Ue, tra cui l’Italia ( e poi Portogallo, Spagna, Belgio, Lussemburgo, Croazia e Slovenia) sono tutti al di sotto del 2 per cento.
Inutile dire che le posizioni dei 27 al tavolo sono divise e ancora lontane dall’ipotesi più logica: una difesa comune europea vorrebbe dire pesare di più in questo scenario geopolitico così fluido, spendere meno a livello di bilanci nazionali ma anche rinunciare ad un pezzo della sovranità di ciascuno.

Il tema quindi di lunedì 3 febbraio è stato congelato a vantaggio di una discussione più realistica circa il raggiungimento di uno standard di spesa militare pari al 3% del pil (in qualche anno) e del 2% quasi subito. Il problema è che l’Italia è ferma all’1,57% e che mancano all’appello circa dieci miliardi.

ISTINTI MINACCIOSI DI TRUMP SUI DAZI

Dove trovarli e come è questione che sta togliendo il sonno e creando qualche tensione fra più ministri: oltre Meloni, si stanno occupando del dossier Crosetto, Urso e Giorgetti.
Al tema Difesa è stato dedicato anche il pranzo a palais d’Egmont a cui hanno preso parte il segretario generale della Nato Mark Rutte – portavoce della causa del 5% insieme con il premier polacco Donald Tusk ma non del debito comune Ue per sostenerlo. Al pranzo è stato invitato anche il leader inglese Keir Starmer. Insomma, un confronto ai massimi livelli in linea con un momento assai speciale anche per l’Europa.


L’agenda del summit è virata subito sul tema dazi perché proprio le spese per la difesa possono essere una delle monete di scambio per sedare gli istinti minacciosi di Trump sui dazi. Una visione questa – una trattativa controllata – che vede alleate Meloni, la presidente von der Leyen e l’Alto commissario Kaja Kallas contro una visione più diretta di Macron e Scholz e così sintetizzabile: ai dazi si risponde con i dazi.


Andiamo con ordine. Il padrone di casa, il presidente del Consiglio Ue Antonio Costa , ha salutato le delegazioni chiedendo di avere “in questa riunione dedicata unicamente alla Difesa una discussione franca, aperta e libera su tre questioni principali: priorità che dobbiamo sviluppare in modo collaborativo, come garantire i finanziamenti necessari, e come rafforzare i partenariati esistenti”. Sulla Difesa è il Libro bianco con le indicazioni politiche che dicano cosa fare nei prossimi mesi per avere la Difesa europea.

TUSK INDICA LA VIA DELLA MEDIAZIONE CON TRUMP


Subito dopo il presidente di turno, il polacco Tusk, ha indicato la strada della mediazione: «Le armi americane e le migliori relazioni possibili per quanto riguarda la difesa con Stati Uniti, Canada, Regno Unito e Norvegia devono essere al centro della nostra attenzione». Nel corso della giornata la linea è emersa in modo abbastanza chiaro e vede la premier Meloni, la presidente von der Leyen e il ministro degli Esteri Kaja Kallas allineate.

MELONI E IL RAPPORTO PRIVILEGIATO CON GLI USA

Giorgia Meloni non ha voluto fare dichiarazioni prima del vertice (unico leader ad astenersi) e non era intenzionata a farne neppure alla fine. La premier italiana si è presentata a Bruxelles forte del suo rapporto privilegiato con la Casa Bianca e con una linea molto chiara: «L’economia Usa e Ue sono complementari e intrecciate. E’ necessario trovare l’intesa economica e il punto di equilibrio. Non fare la guerra ma dialogare3. Pur avendo le risposte alternative pronte a cui Bruxelles lavora da mesi: accordi commerciali con Sud America (Mercosur) e Messico, dialogo fitto con l’India e aperture alla Cina. Chiaro il monito della Kallas: «Una guerra commerciale Usa e Ue è dannosa e va evitata anche perché alla fine vincerebbe solo la Cina».

Dal summit esce un mandato di stare attenti alle parole e limitare le reazioni. Di reagire solo a cose fatte. In fondo la giornata di ieri, lunedì 3 febbraio, è stata paradigmatica dello stile Trump: usare i dazi per minacciare su altri fronti. La presidente del Messico Claudia Sheinbaum ha mandato al confine 1500 soldati e in cambio l’aumento del 25% dei dazi sul Messico è stato congelato per un mese. Su ben altre posizioni Francia e Germania. «Ai dazi si risponde con i dazi» è la linea di Macron.

INDICI DI BORSA, NON SI SCHERZA CON I DAZI


La sintesi, almeno per ora, è che Bruxelles potrebbe dare disponibilità ad acquistare armi americane per implementare la difesa europea (Macron è contrario). Allo stesso modo Bruxelles tiene in tasca il jolly di acquistare più gas liquido americano. A margine Meloni sta trattando una partita nazionale: ottenere di mettere le spese militari fuori dal computo del Patto di Stabilità. Nella serata di lunedì 3 febbraio il recupero degli indici di borsa americani ed europei sembra voler suggerire a tutti, a cominciare da Trump, che non si scherza con i dazi.


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