X
<
>

Share
5 minuti per la lettura

Il semipresidenzialismo assicura una flessibilità che dà a Macron spazi di manovra numerici e politici: un governo per la Francia è possibile


Emmanuel Macron non gode di molte simpatie nel mondo politico italiano. Per la destra è il rivale di Marine Le Pen, e quindi inviso a Matteo Salvini. Ricordiamo, da ultimo, gli improperi che il vice presidente del Consiglio di una nazione “cugina’’ della Francia, ha rivolto a Macron quando proponeva di intervenire direttamente in Ucraina. Quanto a Giorgia Meloni sono note le “incomprensioni’’ tra lei e l’inquilino dell’Eliseo. Per la sinistra è troppo riformista, come se fosse un Matteo Renzi “che ce l’ha fatta’’.
Quanto ai due leader italiani che appartengono a Renew, il suo stesso raggruppamento europeo, sia Calenda che Renzi sono troppo pieni di sé per occuparsi di persone migliori di loro.

LEGGI ANCHE: Per Macron il rebus di governo sulle alleanze

L’ONDA NERA FRENATA

Poi, diciamoci la verità. La destra vede in Marine Le Pen una leader che non è stata costretta a passare per Fiuggi. La sinistra trova in Jean Luc Mélenchon quel mister Hyde libero di seguire il suo istinto di lotta fuori dai panni scomodi del dottor Jekyll di governo.
Basta seguire i commenti riservati nelle ultime ore (dopo il colpo di teatro di domenica scorsa) agli esiti delle elezioni legislative francesi.
Tutti si aspettavano la vittoria del Rassemblement National. Pronti a macerarsi per l’avanzata dell’onda nera, a cui era necessario rispondere a colpi di fronti popolari, ancorché minoritari. Perché a Elly Schlein non interessa vincere le elezioni, ma cambiare la cultura e la politica della sinistra.

Come si è notato, alla vittoria di Keir Starmer nel Regno Unito hanno riservato, in Italia, meno onori di quelli che hanno accompagnato la formazione del Nfp in Francia. Una formula ancor più apprezzata dopo la sua affermazione elettorale sulla base del seguente paradigma: non basta l’unità dei progressisti, è necessario pure realizzarla intorno a un programma di (contro)riforme radicali e di messa in discussione degli impegni di carattere internazionale.

LA FRANCIA, MACRON E I NODI DA SCIOGLIERE PER FORMARE UN GOVERNO

Macron sembra costretto a uscire di scena. A obbedire ai diktat di quel saltimbanco di Mélenchon che di suo, nel pacchetto del Nfp, ha solo 74 deputati, uno in meno di prima. Il rilievo più benevolo che gli viene rivolto riguarda la difficoltà di formare un governo, al di fuori della maggioranza della “desistenza’’ (che ha sollevato le critiche del Cremlino che tifava Le Pen).
Queste valutazioni – ha fatto notare un politologo di vaglio come Gianfranco Pasquino – risentono di una scarsa conoscenza dei meccanismi del semipresidenzialismo d’Oltralpe. «Premesso che la nomina del primo ministro spetta al Presidente della Repubblica, che è difficile considerare Macron uno sconfitto, va subito aggiunto – ricorda Pasquino – che quel primo ministro non ha bisogno di un voto di fiducia (investitura). Chi non lo vuole deve trovare una maggioranza assoluta dell’Assemblea nazionale che gli/le voti contro»’.

LEGGI ANCHE: La rivincita di Macron, beffata Le Pen

Poi aggiunge: «Vero è che il Nouveau Front Populaire è il gruppo parlamentare maggioritario, 182 seggi. Ma, primo: dovrebbe compattamente unirsi al Rassemblement National, e questa sì sarebbe una alleanza del “disonore” (espressione di Bardella al quale bisognerà spiegare che la politica democratica consiste nel costruire alleanze ampie e rappresentative sia pro sia contro). Secondo, almeno la metà dei parlamentari del Nfp, grazie alla generosità nelle desistenze che va riconosciuta a Mélenchon, non sono esponenti di France Insoumise, ma socialisti, verdi e diverse gauche»

IL SEMIPRESIDENZIALISMO IN FRANCIA OFFRE A MACRON GLI SPAZI PER FORMARE UN GOVERNO

«Dunque – conclude Pasquino – esistono spazi di manovra numerici e politici che, applicando la Costituzione della V Repubblica, il semipresidenzialismo consente non poca flessibilità, Macron potrà abilmente sfruttare con successo».
Ricordiamo chi è Emmanuel Macron. Nel 2017, quando il sovranismo sembrava invincibile nella sua lotta all’Unione e all’euro, Emmanuel Macron condusse una campagna elettorale controtendenza (invitava i suoi sostenitori a presentarsi alle manifestazioni sventolando la bandiera dell’Europa insieme al tricolore). E vinse. Si presentò in piazza del Louvre la sera della vittoria preceduto dall’Inno alla gioia suonato prima della Marsigliese.

LEGGI ANCHE: L’azzardo vincente del presidente Macron

L’INSIDIA MÉLENCHON

Nello storico discorso della Sorbona criticò coloro – erano tanti anche da noi – che hanno fatto passare l’idea che l’Europa fosse solo una burocrazia impotente e attribuito la responsabilità delle scelte e delle decisioni impopolari (derivanti da impegni liberamente assunti) a Bruxelles.
«Dimenticando, così, che Bruxelles non siamo altro che noi, sempre, ad ogni istante». Poi seguì una dura denuncia del risorgere dei mostri del nazionalismo, identitarismo, protezionismo, sovranismo (a lungo sottovalutati ma che possono persino prevalere). Parole chiare e nette che non esitarono a paragonare i pericoli di oggi alle tragedie del secolo scorso; gli attuali protagonisti a quelli di ieri con addosso “un abito nuovo’’.

Poi, venne l’impegno politico più significativo: «Non cederò nulla, nulla a quelli che promettono l’odio, la divisione o il ripiego nazionale. Non gli lascerò alcuna possibilità di dettare l’agenda». Così, invece della riscoperta di un’anacronistica sovranità nazionale, Macron indicò, in quel memorabile “Discorso’’, ben sei chiavi di una sovranità futura dell’Europa come «potenza economica, industriale e monetaria». Sette anni dopo, seppure un po’ malconcio, Macron svetta in Europa come il leader in grado di arginare l’onda (sopravvalutata) della destra. Quando scelse in pochi minuti di andare alle elezioni anticipate, sfidando i francesi ad assumersi, con il voto, la responsabilità di farsi governare da RN di Bardella/Le Pen, assumendo così in proprio l’obiettivo antifascista per cui fu costituito il Nfp.

I PRECEDENTI

Non era la prima volta che il RN otteneva di buoni risultati nelle consultazioni elettorali europee dove si vota col criterio proporzionale. In quest’ultima occasione è stato sfidato a compiere il grande salto, senza riuscirci. E non è detto che gli riesca nel 2027. Come ha scritto Gabriel Garcia Marquez: «Chi ha vissuto cent’anni di solitudine, non avrà un’altra occasione nella vita». Attendiamo con curiosità, speranza e fiducia il momento in cui Macron si libererà di Mélenchon e del suo pernicioso programma. Nello “scopone scientifico’’ è la mossa dello “spariglio’’.


La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.  
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE