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Nel dramma che il mondo vive dal 7 ottobre (il giorno dell’assalto dei terroristi di Hamas a Israele) è circolata una frase di Golda Meir la grande statista che governò lo Stato ebraico dal 1969 al 1974, dopo Eskol e prima di Rabin (si entra con questi nomi nella grande storia di quel popolo), la quale disse rivolgendosi ai nemici della propria gente: «Forse potremo perdonarvi per i nostri bambini che avete ucciso, ma non vi perdoneremo mai per i vostri che abbiamo ucciso».
Ho ricordato queste parole assistendo a un’esibizione in tv di una ex ambasciatrice, Elena Basile, che ha deciso di svolgere sulla tragedia del nuovo conflitto tra Israele e il terrorismo palestinese, il medesimo ruolo che Alessandro Orsini ha svolto per mesi reggendo la coda a Putin e giustificando i motivi dell’aggressione nei confronti dell’Ucraina.
NON C’È LIMITE AL PEGGIO
Almeno Orsini aveva riguardo per i bambini che, a suo avviso, potevano vivere felici anche nel contesto di un regime totalitario, purché ciò consentisse di evitare quella terza guerra mondiale che il professore, un sosia del burattino Sganapino, dava per imminente se l’Occidente non si arrendeva al disegno del despota del Cremlino.
Purtroppo non c’è alcun limite al peggio. L’ex ambasciatrice -una nuova scoperta delle fumerie d’oppio dei talk show – a chi le faceva notare il trattamento riservato dai miliziani di Hamas nei confronti dei bambini ebrei, rispondeva che non c’è alcuna differenza tra un bambino che muore decapitato o bruciato vivo (l’ebreo) e quello che muore di inedia e di malattia (nella Striscia di Gaza).
Ma il problema non è quello del bambino, ma di chi e come gli provoca la morte. Anche chi bombarda o lancia un missile è consapevole che ci possono essere degli effetti collaterali e che possono essere colpiti di civili, comprese le donne e i bambini.
Ne deriva che uno Stato democratico e civile deve dare alle sue truppe regole di ingaggio molto precise: colpire obiettivi militari. Non avviene sempre così. A volte si massacra la popolazione civile ed è proprio quello che compie regolarmente l’esercito russo in Ucraina) proprio per fiaccare la capacità di resistenza del nemico.
Anche gli Alleati durante la Seconda guerra mondiale bombardarono Dresda con l’obiettivo di colpire la popolazione, come aveva fatto la Luffwaffe su Londra. E anche la bomba atomica fu lanciata sul Giappone nella consapevolezza di colpire dei civili inermi.
È diverso, però, avere la forza e il coraggio di guardare negli occhi un bambino mentre ci si accinge a tagliarli la gola. E si compie questo crimine feroce soltanto perché questo essere umano, che si affaccia alla vita, è un ebreo. Gli israeliani non espongono i bambini in prima linea. Gli estremisti palestinesi li mandano avanti per primi quando decidono di ripetere episodi di “intifada”.
IL SOSTEGNO AD HAMAS
Un’altra “perla” delle teorie dei pacifisti del giorno dopo è la seguente: le trattative si fanno con i nemici. È il tentativo che fecero le democrazie europee nei confronti del nazismo. Le politiche dell’ appeasement si rivelarono ben presto inutili e rinunciatarie.
È stato il presidente Sergio Mattarella a ricordare nei giorni scorsi gli errori compiuti nel 1938 e nel 1939 che non evitarono ma spalancarono le porte alla Seconda guerra mondiale, che iniziò con il rifiuto del Regno Unità di intavolare negoziati con Hitler nonostante la situazione apparisse disperata e insostenibile. Ma gli Alleati decisero di annientare il nazismo e i suoi alleati.
Tutte le persone in buona fede si accorgono delle difficoltà in cui versa Israele. Più passano i giorni e più le dichiarazioni di solidarietà e di sostegno si fanno più caute. Secondo molte Cancellerie toccherebbe a Israele dimostrare responsabilità, per non allargare il conflitto, incendiare il Medio Oriente e far pagare ai civili della Striscia le colpe di Hamas.
Come se fosse possibile distinguere in quella comunità i terroristi dai civili palestinesi. Se Hamas fosse davvero interessato a proteggere gli abitanti di Gaza, non se ne farebbero uno scudo umano, uno strumento di ricatto politico e morale nei confronti di un’opinione pubblica democratica alla quale il governo deve rispondere, non solamente sul piano internazionale, ma anche su quello interno.
Poi, sono inaccettabili le manifestazioni di sostegno ad Hamas che stanno emergendo in giro per l’Italia, con crescente imbarazzo della sinistra. Anche il Pd si arrampica sugli specchi per non rompere del tutto con quei settori che, anche al suo interno, hanno fatto dello slogan dei due Stati, un sostanziale pretesto perché Hamas non vuole “farsi Stato”, ma soltanto ammazzare gli ebrei L’antisemitismo è una piaga mai suturata nella storia secolare dell’Europa, sulla quale ha potuto imporsi la “banalità del Male’’ del nazismo.
Ma le radici erano piantate in vicende tragiche e spietate di secoli di autodafé, di pogrom, di ghettizzazione, di conversioni forzate, di negazione dei più elementari diritti, di torture e massacri.
L’ODIO ANCESTRALE
Hannah Arendt ha spiegato quali sono i motivi di questo odio ancestrale che non ha solo aspetti religiosi (gli ebrei sono stati qualificati per secoli dalla Chiesa Cattolica come “deicidi’’, gli uccisori di Dio).
Fu Giovanni Paolo II, quando si recò a visitare la Sinagoga di Roma, a dichiarare che non solo non hanno nessuna colpa le generazioni che si sono succedute nel tempo, ma neppure l’intero popolo ebraico di allora, perché la responsabilità della morte di Gesù ricade soltanto su coloro che la vollero, agendo con settarismo e ingiustizia.
Abbiano, coloro che lo raccomandano, il coraggio di spiegare quale sarebbe la reazione proporzionata che dovrebbe condurre Israele. Durante la tragedia dell’Olocausto, gli ebrei si fecero prendere casa per casa, imbarcare su carri piombati e vennero condotti nei campi di sterminio. L’unico caso di resistenza armata avvenne nel Ghetto di Varsavia, laddove gli ebrei dimostrarono ai nazisti la dignità di morire combattendo. Israele è sorto proprio da quella pagina gloriosa.
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