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Il futuro di un’Europa a corto di energia, di giovani e territori passa da un partenariato alla pari con i paesi africani
Nell’immaginario collettivo il Nord e tutto il continente africano hanno una idea di territori d’oltremare. È un condizionamento storico. L’Italia, che è un Paese con chilometri di coste, ha nel tempo subito numerose, molteplici aggressioni e tutte quante venivano dal mare, visto che al Nord è protetta dalle Alpi.
Dalle guerre puniche in poi fino allo sbarco degli alleati nella seconda guerra mondiale il mare ha rappresentato la parte più indifesa. Anche la liberazione, per alcuni invasione, di Garibaldi arriva da Marsala, nella quale cittadina siciliana sbarcano i 1000 per risalire lo stivale.
L’AFRICA È AL CENTRO DELLA STORIA EUROPEA
Quindi tutto ciò che proveniva dalla costa sapeva di aggressione. “Mamma li turchi”, così venivano chiamati tutti coloro che arrivavano dal mare. Questo era il grido dominante quando si avvistavano navi che si avvicinavano al territorio.
Ma ora è necessario un cambio di paradigma. È indispensabile guardare al Mediterraneo con un nuovo cannocchiale, questa volta utilizzato nella sua posizione naturale e non in quella contraria che fa vedere le immagini molto più lontane.
La Tunisia, la stessa Libia, sono realtà in cui vivono vicini di casa, che qualche volta hanno un colore un pochino più scuro ma che hanno origini e passato spesso comune. Lo avevano capito molto bene i romani che hanno cercato in tutti i modi di integrare tutti coloro che provenivano dal Nord Africa, tanto da farli diventare senatori dell’impero. Ma anche Otello è un generale valoroso moro al servizio della Repubblica di Venezia. Senza contare che, se facciamo il conto della serva, riuscire a spostare il baricentro da Berlino a Roma, ci fa passare da una condizione periferica ad una centrale.
CONVIENE ALL’EUROPA E ALL’ITALIA UN PARTENARIATO CON I PAESI AFRICANI
Al di là di questi aspetti assolutamente marginali, il tema vero è che conviene all’Europa e ancor di più all’Italia cominciare a considerare i territori della Tunisia, per esempio, non come aree lontane e desertiche, ma in continuità totale con l’ultimo lembo d’Italia che è la Sicilia.
Basta guardare una cartina geografica per rendersi conto che Tunisi è al di sopra del parallelo della provincia di Ragusa e che le coltivazioni che vengono praticate sono assolutamente simili a quelle del nostro Sud. Dobbiamo smettere di pensare al Mediterraneo e ai territori che si affacciano su esso da sud come realtà caratterizzati solo da conflitti e migrazione. Ma pensare a come fare del Mediterraneo una piattaforma di progressi condivisi.
Quando ha pensato all’area di libero scambio l’Unione Europea ha tentato di recuperare la dimensione euromediterranea, ma l’ha fatto senza convinzione e soprattutto senza risorse. Tra l’altro l’interesse del partner più potente e ricco dell’Unione era quello di allargare ad Est, perché più vicino e perché lì era sicuro di trovare praterie da percorrere per i propri affari, per le proprie aziende, in una forma di colonialismo mascherato che cercava costo del lavoro più basso, professionalità formate e un mercato di consumo interessante e in crescita.
LA GUERRA IN UCRAINA HA ROTTO IL GIOCATTOLO MA IL PARTENARIATO CON I PAESI AFRICANI RESTA CENTRALE
Fin quando il giocattolo si è rotto con la guerra in Ucraina e con la Federazione Russa che, timorosa di un colonialismo culturale forse più che di quello economico, ha risposto con i suoi soldati e i suoi tank per difendersi dal pericolo incombente.
E adesso tutti si sono resi conto che non vi è altra alternativa che quella di avere a che fare con i nostri vicini arabi, mentre d’altra parte si comprende come è finita un’era e come bisogna fare i conti con i nuovi popoli del centro Africa, che dovranno essere visti non in una posizione subordinata ma come partner con i quali le divisioni degli eventuali utili sugli investimenti non prevedano un patto leonino.
E collaborare ci conviene perché sono padroni di un territorio che è ricco di energia e di materie prime come pochi altri, mentre se non ci affrettiamo a considerare questa nuova prospettiva il rischio è che li troveremo già tutti “accasati” con cinesi o russi. Eppure siamo quelli che sono più vicini se è vero che il molo Favaloro a Lampedusa accoglie ogni giorno migliaia di persone che arrivano dalla Tunisia o dal golfo della Sirte.
L’IMPORTANZA DELLA TUNISIA NELLA COSTRUZIONE DEL FUTURO EUROPEO
Eppure da Marsala che è di fronte non parte alcun postale verso le coste sud, mentre l’esempio d’integrazione virtuoso di Mazara Del Vallo che ha una colonia tunisina molto nutrita non è stato né studiato né seguito. Abbiamo messo dentro l’Europa realtà che avevano un reddito pro capite più basso di quello tunisino, e abbiamo cooptato nell’Unione abitanti non paragonabili con i 12 milioni di cittadini tunisini che in questo momento sembrano rappresentare un pericolo ed una minaccia, per una popolazione europea di 500 milioni di abitanti.
E non abbiamo capito che il futuro di un’Europa a corto di energia, di giovani, ed anche di ampi territori dove poter posizionare impianti eolici, solari, ma anche rigassificatori, è proprio a due passi da casa, in una realtà raggiungibile in poche ore di aliscafo o di nave o in mezz’ora di aereo. Lo hanno capito molto più velocemente gli scafisti che si sono trovati una realtà economica importante di carne umana che li ha arricchiti velocemente.
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