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La Santa Sede impegnatissima nel tentativo di portare avanti il piano di pace in Ucraina e la Russia sembra apprezzare l’iniziativa del Vaticano
A oltre cinquecento giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, sarebbe il caso di intendersi definitivamente su che cosa sia pace. Se un pacifismo a senso unico ,tutto slogan urlati e ipocrita equidistanza tra aggressore e aggredito, allora è una dimensione talmente autoreferenziale da svaporare nella più totale irrilevanza. Se invece è paziente tessitura diplomatica alla ricerca di spiragli di dialogo, la pace diventa arte del compromesso tra realismo e capacità di immaginazione.
Ed è proprio questa la strada imboccata con convinzione da papa Francesco con la sua “missione di pace” per l’Ucraina che ha appena ricevuto l’inatteso plauso di Mosca la quale in una nota cita apertamente il Vaticano e le sue iniziative. Attenzione anzitutto alle parole, il ministero degli Esteri russo le soppesa una ad una. “Prendiamo atto del sincero desiderio della Santa Sede di promuovere il processo di pace”.
GUERRA IN UCRAINA, VATICANO AL LAVORO PER LA PACE MA NESSUN VIAGGIO IN RUSSIA PER IL MOMENTO
E subito dopo: “Allo stesso tempo nessun passo pratico è stato preso dalla parte vaticana per organizzare il viaggio di un emissario a Mosca”. Infine si rimarca che “qualsiasi sforzo in questa direzione avrà senso solo se si terrà conto della ben nota posizione di principio della Russia su possibili negoziati di pace”. Con il che è così evidente la pregiudiziale russa sul proprio piano di pace da far sorgere il serio interrogativo se non si tratti di un rinnovato altolà a qualsiasi proposta alternativa a quella del Cremlino camuffato da segnali di apertura al Vaticano.
È un testo che comunque si presta a molteplici interpretazioni soprattutto se messo in rapporto ai passi finora compiuti dal Papa e dal Vaticano. In primo luogo: Mosca apre al “sincero desiderio della Santa Sede” ma non parla di “piano” di pace. E pour cause: se ad oggi un piano davvero esiste, lo conoscono soltanto Francesco e il suo mediatore per l’Ucraina, il presidente dei vescovi italiani, cardinale e arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi. Il quale ha fatto sapere di non volerne fare cenno finché la missione non avrà assunto contorni più definiti.
E quanto al viaggio a Kiev e a Mosca, nella conferenza stampa, giovedì, per la chiusura dell’Assemblea dei vescovi italiani, ha opposto un deciso no comment, dando così fondamento al ministero degli Esteri russo sull’assenza, per ora, di iniziative per un viaggio a Mosca. Per il Papa e la Santa Sede la questione dei viaggi è delicatissima perché si gioca tutta sulla contestualità: ossia missione a Kiev solo se contemporaneamente anche a Mosca. Qui emerge una evidente asimmetria.
Mentre per la capitale ucraina non ci sarebbero grossi problemi, in Russia permangono forti distanze con il Vaticano. Il personaggio decisivo è il patriarca moscovita Kirill, strenuo sostenitore di Putin fin dal primo giorno dell’invasione. Kirill e Francesco non si vedono dal 2006 e durante la guerra si saranno sentiti solo un paio di volte. L’abbraccio ecumenico che li unì a Cuba è solo un ricordo, i rapporti si sono raffreddati.
I TENTATIVI DI AVVICINAMENTO DI PAPA FRANCESCO A KIRILL
Francesco ha provato il riavvicinamento durante il suo viaggio a Budapest nell’incontro con il metropolita ortodosso Hilarion tutt’ora in buoni rapporti con Kirill, e poi con la visita in Vaticano del metropolita russo Antonij, braccio destro di Kirill. E Kirill è in strettissimo rapporto con Putin, bisogna verificare se le iniziative diplomatiche di Francesco abbiano raggiunto il presidente russo.
Resta il fatto che per la prima volta Mosca prenda atto positivamente del “sincero desiderio della Santa Sede di promuovere il processo di pace”. In politica estera nulla avviene a caso e l’iniziativa del ministero degli Esteri russo, che deve aver avuto il beneplacito di Putin, potrebbe essere letto in controluce anche come l’auspicio se non l’incoraggiamento a che il viaggio a Mosca di un emissario della Santa Sede. Non ancora definito, si realizzi. Il che riaccende i riflettori sui protagonisti dell’azione diplomatica, Francesco e Matteo Zuppi.
Questi non è stato scelto a caso dal Papa come suo mediatore unico per l’Ucraina. Zuppi ha infatti all’attivo una significativa esperienza diplomatica, essendo tra gli artefici nel ’92 degli accordi di pace in Mozambico sotto l’egida della Comunità di Sant’Egidio dopo 16 anni di guerra. Credenziali importanti che, aggiunte ai suoi buoni rapporti sia con gli ortodossi russi che quelli ucraini, gli conferiscono buone chance di partenza. Ma certo, quali che siano le prime mosse previste dal piano di pace, la missione di Zuppi comincia in salita. Prova ne sia la terza parte della nota del ministero degli Esteri russo dove si ribadisce il punto fermo di Mosca per la pace, totalmente imperniata sulle conquiste territoriali. Un testo, come è ovvio, diametralmente opposto a quello ucraino che rivendica i confini del 1991. A queste condizioni né Francesco né il cardinale Zuppi possono più di tanto.
PIANO DI PACE DEL VATICANO, AL LAVORO PER RIPORTARE IN UCRAINA I BAMBINI DEPORTATI IN RUSSIA
Eppure c’è un altro piano che potrebbe aprire a spiragli di dialogo, quello umanitario. Il Papa e la Santa Sede sono impegnatissimi per far rientrare in patria i circa ventimila bambini ucraini deportati dai russi. Un’emergenza che ha poi costituito l’unico punto in comune tra Francesco e il presidente ucraino Zelensky nell’incontro in Vaticano. E anche sul rilascio dei prigionieri molto si sta muovendo grazie all’attivismo della Santa Sede. Non è detto che basti. Ma neppure che tutte le porte rimangano sbarrate.
Nel mattatoio Ucraina tutti gli attori in campo sono consapevoli che in definitiva non si potrà combattere all’infinito. E Francesco forse più di tutti. Il suo incaricato Zuppi lavora perciò ancora sotto traccia. Ma se quel viaggio in Russia si potrà fare con delle proposte che partano almeno da un cessate il fuoco, allora anche Mosca non avrà più alibi.
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