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Xi Jinping a Mosca in visita ufficiale da Putin

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Nelle ore immediatamente precedenti allo sbarco di Xi Jinping a Mosca, da Washington filtrava un atteggiamento misto di sospetto e di convinzione. Il primo legato alla reale valenza di un colloquio bilaterale tra due leader decisamente più prossimi tra loro di quanto ognuno di essi non lo sia con i corrispettivi occidentali. E la seconda alla certezza che ogni eventuale richiesta di tregua da un tavolo congiunto tra Mosca e Pechino non avrebbe spostato alcun equilibrio. Anzi, secondo il portavoce del Consiglio per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, John Kirby, intervenuto a Fox, una proposta simile sarebbe stata inaccettabile, in quanto non avrebbe significato altro che una «ratifica delle conquiste fatte fino a oggi dalla Russia».

Richieste di tregua vera e propria non ne sono arrivate. E l’incontro tra il presidente cinese e Vladimir Putin, di rientro patria dopo il blitz a sorpresa nella città occupata di Mariupol, è servito semmai a ribadire le posizioni. Anche perché, nonostante il pressing da parte della Comunità internazionale, non è certo (e orse nemmeno probabile) che Xi si presti a un faccia a faccia anche con Volodymyr Zelensky. Il leader cinese ha sottolineato che Russia e Cina «devono avere stretti rapporti», mentre il suo anfitrione ha rinnovato il suo interesse «alle proposte della Cina per risolvere la crisi in Ucraina».

In sostanza, nonostante il velo di sedicenti buone intenzioni, dall’incontro tra Putin e Xi emerge sostanzialmente poco a favore della causa della pace. O quantomeno del dialogo. Piuttosto, dal faccia a faccia sembra venir fuori un tentativo della Russia di sganciarsi da un’etichetta che la vorrebbe isolata e senza partner attendibili. In questo sembrano essere riposte le «grandi speranze» paventate da Putin alla vigilia dell’incontro a Mosca.

Un atteggiamento ottimistico che ha trovato riscontri solo parziali a Pechino, dove la visita del presidente è stata interpretata più che altro in un’ottica di normali relazioni diplomatiche. Ufficialmente, Xi Jinping si è recato a Mosca per presentare il «piano di pace della Cina», quello che la Russia definisce sostanzialmente avere «un ruolo costruttivo nella risoluzione della crisi». Una visione ottimistica nella quale Putin non ha mancato di riservare qualche critica all’Occidente, visto come responsabile della crisi in Ucraina, «provocata e vigorosamente alimentata» dal desiderio di «mantenere il suo dominio internazionale e preservare l’ordine mondiale unipolare».

Poco dopo l’atterraggio a Mosca, Xi si era detto fiducioso che la visita sarebbe stata fruttuosa e che avrebbe dato «nuovo impulso allo sviluppo sano e stabile delle relazioni Cina-Russia di partenariato globale e cooperazione strategica in una nuova era», parlando dei due Paesi come di «buoni vicini e partner affidabili». E in effetti, quel che emerge dal colloquio sono rapporti stretti e intenti comuni, anche se il presidente cinese cerca di assottigliare lo squilibrio, sostenendo come il piano di pace della Cina preceda «il rispetto della sovranità di tutti i Paesi», pretendendo però lo stop alle sanzioni, attuate ed eventuali. Nella speranza di imbastire il piano di risoluzione attraverso la strada politica. Anche perché, la f ine della guerra favorirebbe «la stabilità della produzione globale e delle catene di approvvigionamento».

Troppo poco per convincere la Comunità internazionale. È lo stesso John Kirby a sottolineare le macchie d’olio nel piano di pace: «Se vai a Mosca e ti siedi per tre giorni allo stesso tavolo del presidente Putin e ascolti il suo punto di vista su una guerra che ha cominciato e che potrebbe finire oggi, dovresti come minimo alzare il telefono e parlare anche con il presidente Zelensky».

Di sicuro, gli Stati Uniti sono spettatori interessati. La Casa Bianca ha fatto sapere di star seguendo molto da vicino la visita di Xi a Mosca. Ma, rispetto ai partner, assume una posizione decisamente più guardinga. Anzi, Washington a appello a Kiev affinché respinga un’eventuale richiesta di cessate il fuoco, qualora Xi dovesse avanzarla. Non solo. Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, attribuisce alla visita la volontà di fornire una «copertura diplomatica» alla Russia nel suo operato oltreconfine. Anzi, «il fatto che il presidente Xi si rechi in Russia pochi giorni dopo che la Corte penale internazionale ha emesso un mandato di arresto per il presidente Putin suggerisce che la Cina non sente di ritenere il Cremlino responsabile delle atrocità commesse in Ucraina».

Tuttavia, Blinken si tiene il beneficio del dubbio, visto che alcuni elementi della proposta cinese rispecchiano quelli che gli Stati Uniti hanno «sostenuto a lungo, tra cui garantire la sicurezza nucleare, risolvere la crisi umanitaria, proteggere i civili e, in effetti, il primo elemento chiede di sostenere la sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale di tutti i Paesi». Il presidente cinese avrà due giorni a disposizione per dimostrare di essere in Russia per perorare la causa della stabilità.


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