Una parata militare a Mosca
3 minuti per la letturaIl presidente Putin si è compiaciuto del fatto che l’economia russa ha retto l’urto della guerra meglio di quanto si stimava. E quanti argomentano che le sanzioni non mordono avranno così più acqua da portare al loro contorto mulino. In un certo senso Putin ha ragione. Ad aprile 2022, due mesi dopo l’insana invasione dell’Ucraina, il Fondo monetario stimava che il Pil della Russia sarebbe caduto dell’8,5% nel 2022. A luglio la stima era scesa al -6%; a ottobre al -3,4%; e le stime più recenti del Fondo (a gennaio 2023) danno un -2,2%.
LA LETTURA DEI DATI CHE DÀ TORTO APUTIN
Beninteso, queste stime sono basate sulle statistiche russe, che non sono sempre affidabili, e possono anche essere manipolate politicamente. Ma il miglioramento delle stime non è inverosimile. Quando volano i “cigni neri” sul cielo delle economie, stime e previsioni sono difficili, dato che i cigni neri (in Australia sarebbero i “cigni bianchi”, dato che i cigni nel Nuovissimo continente sono tutti neri) sono una tantum per definizione e non possono trovare appigli previsivi nelle passate esperienze.
E all’inizio della guerra (che Putin ancora definisce “operazione militare speciale”) si erano dati altri guai economici: cadute verticali della Borsa e del rublo, che facevano presagire altrettanto verticali cadute di domanda e produzione.
A sgonfiare l’albagia del presidente russo bisogna tuttavia andare a guardare un’altra previsione: a gennaio 2022 – il mese prima della sciagurata invasione – il Fondo dava, per l’anno appena iniziato, una previsione di crescita, per l’economia russa, del 2,8%. Dal che si evince che oggi il Pil della Russia si trova di 5 punti sotto rispetto al livello atteso.
PEGGIO DI UN CRIMINE: UN ERRORE
E non è solo questione di quantità; è anche questione di qualità. Questa ultima stima per il 2022 (-2,2%) ha dietro di sé un grosso aumento delle spese militari. Di solito – l’osservazione è cinica ma vera – le guerre fanno bene all’economia (almeno le guerre che non comportano devastazioni del patrio suolo).
L’America, dopo la Grande depressione, ebbe un’effimera ripresa nel 1937, una ripresa che tuttavia durò poco, e gli Usa si scrollarono di dosso la debolezza economica solo con l’imponente spesa bellica legata alla Seconda guerra mondiale. Questo -2,2% della Russia 2022 si è accompagnato, dunque, a più cannoni e meno burro: i russi se ne accorgeranno… La natalità decresce e chi può – specie i cervelli migliori – emigra.
Per quanto riguarda l’effetto combinato guerra/sanzioni, guardiamo ai due grafici. Il primo mostra le traiettorie del Pil (economie avanzate, economie emergenti e Russia) stimate dal Fondo subito prima dell’invasione (della quale cade oggi l’anniversario). Come si vede, l’economia russa cresceva, per quell’anno e per il successivo, anche se meno degli altri (come si conviene a un’economia che è poco diversificata, quasi a monocultura energetica).
Il secondo grafico mostra le ultime stime del Fondo: +2,7% per le economie avanzate, +3,9% per i Paesi emergenti, mentre la Russia è l’unico Paese del mondo che è andato in recessione (-2,2%, come detto).
L’impietosa linea verde misura le distanze fra la dinamica dell’economia russa e quella del resto del mondo. E allo stesso tempo misura l’effetto guerra/sanzioni, un effetto che vale parecchi punti di Pil. Dal 2021 al 2024 sono tre anni perduti per l’economia dell’ex impero sovietico (un impero che Putin vorrebbe rinverdire).
Continuiamo sulla qualità della recessione russa, in quanto aggravi la quantità. Il conflitto, con il suo carico di morti (che intorbidiscono il tessuto sociale), con il suo carico di “più cannoni e meno burro” (non a caso Putin ha detto che distribuirà aiuti) e con il suo strascico di sanzioni (che vanno a sfilacciare il già fragile tessuto produttivo), è un veleno sottile che va e andrà percolando nel gran corpaccio dell’economia russa e continuerà a minare le performance anche negli anni a venire. Ed è questa la più forte ragione che, prima o dopo, potrà spingere Putin a un negoziato. Diventa sempre più evidente, insomma, che l’invasione russa dell’Ucraina è stata, come avrebbe detto Talleyrand, «peggio di un crimine, un errore».
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