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Viktor Orban

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L’aveva annunciato, l’ha fatto. Il presidente dell’Ungheria Viktor Orban ha messo il veto all’approvazione del pacchetto di aiuti all’Ucraina da 18 miliardi di euro da parte dell’Ecofin che raggruppa il consiglio ministri europei dell’economia. Orban aveva detto venerdì che “gli Stati membri dovrebbero sostenere l’aiuto finanziario all’Ucraina tramite accordi bilaterali”.

Il piano di aiuti andava approvato all’unanimità, quindi il veto ungherese blocca l’erogazione dei fondi. Ma la Commissione europea ha fatto sapere che cercherà altre strade per approvare l’invio dei soldi a Kiev. “Vedremo cosa potremo fare ma ciò che è chiaro è che l’Ue è al fianco all’Ucraina e continuerà a sostenerla”, ha detto il portavoce della Commissione di Bruxelles Eric Mamer. Il ministro delle finanze ceco Zbynek Stanjura (Praga detiene la presidenza di turno del Consiglio della Ue) ha precisato che a questo punto si cercheranno “soluzioni alternative a ventisei Stati” per arrivare all’esborso di aiuti all’Ucraina già a gennaio.

Il veto ungherese è inevitabilmente intrecciato al dossier sui fondi europei destinati a Budapest, che l’Europa ha congelato contestando a Orban la mancanza di leggi nazionali contro il conflitto di interessi e la corruzione. I fondi all’Ungheria, gli aiuti all’Ucraina e la minimum tax sulle aziende multinazionali (un altro tema sul quale gli ungheresi non sono d’accordo) fanno parte di “un pacchetto unico”, aveva detto il ministro ceco Stanjura prima dell’inizio del vertice.

Un approccio che all’Ungheria non era piaciuto: “L’Ungheria considera un pericoloso precedente il fatto che il pagamento dei fondi Ue all’Ungheria sia legato ad altre questioni completamente estranee”, ha detto il ministro delle finanze di Budapest, Mihaly Varga. La Commissione ha aggiunto, “mantiene il blocco dei pagamenti all’Ungheria, nonostante il nostro governo abbia rispettato pienamente gli impegni assunti entro novembre in 17 casi richiesti dall’Ue”. Sui fondi a Kiev e sulla minimum tax invece “la nostra posizione è in linea con i nostri interessi nazionali”, ha concluso Verga.

Bruxelles ha deciso di andare avanti ugualmente. Come ha dichiarato il commissario al Bilancio, Johannes Hah, esaminerà come «trovare una soluzione per l’Ucraina già a partire da gennaio». Ciò comporterebbe, come fa notare Politico, un’operazione simile alla cosiddetta cooperazione rafforzata, un percorso legale per evitare i veti, hanno spiegato alcuni funzionari Ue. Questa ipotesi però richiederebbe ai Paesi membri di fornire garanzie di bilancio nazionali che, in alcuni casi, necessitano dell’approvazione parlamentare. I tempi così si allungherebbero.

Per questo l’Ecofin ha incaricato il Consiglio di lavorare su «una soluzione sostenuta da 26 Stati membri», che aggirerebbe il veto dell’Ungheria. La presidenza ceca deve ora decidere la via da seguire: un possibile nuovo vertice dei ministri delle Finanze forse già il 12 dicembre o riproporre la questione al summit dei leader Ue di metà mese. I governi hanno tempo fino al 19 dicembre per decidere sul congelamento dei fondi per l’Ungheria. Tuttavia esiste una terza via.

Convocare un Ecofin straordinario per completare l’iter decisionale sul meccanismo di condizionalità dei fondi Ue all’Ungheria “è l’ultima opzione”. ha chiarito il ministro dell’Economia ceco Zbynek Stanjura a margine dell’incontro. “È una mia decisione se ci sarà un Ecofin straordinario, nessuno dei miei colleghi ha detto nulla contro questa ipotesi – ha spiegato –. Ho detto che è l’ultima opzione, non posso escluderlo. Ma preferiamo si arrivi a un accordo in Coreper”, il comitato degli ambasciatori dei 27 Stati membri.

In ogni caso “la Commissione ha già delineato le opzioni per fornire all’Ucraina il supporto finanziario. Fondamentalmente ci sono due opzioni, con prestiti garantiti dal bilancio Ue o con garanzie nazionali”. Lo ha detto il vice presidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, durante la conferenza stampa al termine dell’Ecofin. “In ogni caso gli Stati membri sono determinati a lavorare per fare in modo che i finanziamenti arrivino in Ucraina a gennaio, in entrambi gli scenari – ha aggiunto Dombrovskis –. L’Ucraina è un paese in guerra e ha disperatamente bisogno di supporto e non possiamo permettere che un paese ritardi questo supporto”.

Orbán invece dovrà far adottare il suo piano di ripresa entro la fine dell’anno o rischia di perdere il 70 per cento dei 5,8 miliardi di euro previsti.


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