Mario Draghi, Emmanuel Macron, Boris Johnson e Olaf Scholz durante il G7
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Mentre la guerra in Ucraina si dispiega, nella sua drammaticità, lentamente, si è alzato di molto, nelle ultime settimane, il tono del confronto tra Usa e, più in generale, il mondo occidentale e la Cina. Nei primi mesi del conflitto si imputava a Pechino la non volontà di intervenire come mediatore di pace rispetto alla Federazione Russa. Si riteneva infatti che Xi Jinping, in quanto primo compratore dei prodotti e di petrolio e gas di Mosca, fosse in possesso delle leve di persuasione necessarie per imporre a Putin uno stop delle ostilità.
L’ESCALATION IMPROVVISA
Gli ultimi dieci giorni hanno registrato un netto peggioramento della qualità e dei contenuti del confronto tra Washington e Pechino. Entrambi hanno fatto ricorso a contesti multilaterali per evidenziare la reciproca volontà di coagulare intorno a sé un novero sempre più ampio di Paesi. Hanno infatti partecipato al G7 – organizzato sulle Alpi bavaresi – Paesi esterni all’alleanza quali l’Indonesia, Paese democratico di religione mussulmana ma, nel contempo, grande partner commerciale della Cina.
La quasi contemporanea riunione dei Brics – l’alleanza tra Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa – ha invece sancito la nascita del sistema “Brics Plus”, ovvero un gruppo allargato comprendente altri Paesi come Argentina, Messico, Egitto, Nigeria, Senegal, Indonesia, Emirati Arabi, Arabia Saudita e altri.
Negli ultimissimi giorni, la tensione è diventata ancora più esplicita: la Nato, riunitasi a Madrid, ha dichiarato per la prima volta che la Cina rappresenta una sfida globale: per la sua assertività e per il suo sistema di valori. La Cina ha reagito ieri evidenziando che la Nato è una minaccia per la sicurezza del pianeta. Se colpisce la velocità di questa escalation, non altrettanto sorprendente è lo stato della relazione tra mondo occidentale e Cina.
Fino al 1991, infatti, l’equilibrio del Pianeta si è retto su un confronto bipolare tra Cina e Unione Sovietica: entrambi impegnati ad armarsi ma proprio per questo consapevoli che qualsiasi passo falso avrebbe determinato una guerra dagli esiti imponderabili. La caduta del muro di Berlino e il crollo dell’Unione Sovietica hanno creato le condizioni per un contesto unipolare: gli Usa come unica superpotenza egemone.
IL RUOLO CHIAVE DELLA CINA
Nello stesso periodo assistiamo però alla crescita tumultuosa dell’economia cinese, cresciuta di circa 10 volte nello stesso lasso temporale. La situazione odierna è pertanto del tutto naturale – pur nella sua criticità – ed è il risultato di due dinamiche opposte: da un lato, la perdita della capacità di leadership degli Usa a seguito della crisi finanziaria del 2008, della fuga dall’Afghanistan e dell’assalto di Capitol Hill.
Dall’altro, la sempre maggiore assertività e volontà della Cina di giocare il ruolo di polo di attrazione dei Paesi asiatici e dei (tantissimi) Paesi dimenticati dall’Occidente (Africa, Paesi euroasiatici, Sud America per fare alcuni esempi). L’escalation dialogica di queste ultime settimane deve pertanto essere interpretata come la definitiva e irreversibile uscita da un sistema geopolitico unipolare e l’affermazione delle prime schermaglie per la definizione di un nuovo ordine mondiale. Un ordine che, a dispetto di quanto si legge e si sente sui media mainstream, non potrà fare a meno della Cina.
Il Dragone serve in quanto motore economico fondamentale. Due dati su tutti: negli ultimi anni circa il 30% della crescita del Pil mondiale è di matrice cinese, metà del fatturato delle aziende produttrici di beni di lusso dipende da acquisti cinesi. D’altro canto, qualsiasi azione finalizzata a gestire il tema del cambiamento climatico deve vedere coinvolta la Cina perché si inneschi qualche consistente miglioramento nella direzione della sostenibilità. È quindi importante capire verso quale ordine mondiale ci stiamo dirigendo. È sicuramente presto per identificarlo con precisione: di sicuro non sarà unipolare, evidentemente sarà almeno bipolare, con Cina e Usa a giocare un ruolo chiave.
Potremmo però andare verso un’assoluta novità – figlia del mondo iper-connesso di questi decenni – ovvero la presenza di un sistema multilaterale in cui oltre a Cina e Usa potrebbero affacciarsi ulteriori polarità: in primis, la Federazione Russa, che con la sua tradizione imperiale potrebbe mal sopportare il ruolo di junior partner della Cina. L’Europa stessa, che potrebbe scoprire ben presto che un allineamento totale all’ombra di Washington potrebbe non rappresentare la migliore delle opzioni. L’India e i suoi Paesi satellite, che in virtù di una rivendicazione nazionalista potrebbero non riconoscersi in alcuna delle altre coalizioni.
SCHERMAGLIE PERICOLOSE
Molto importante sarà soprattutto come si arriva al nuovo ordine, le schermaglie di questi mesi non promettono bene. È necessario, in particolare, che Cina e Usa si rendano rispettivamente conto della forza della controparte e, in questo senso, trovino con questa presa di consapevolezza la forza per non andare oltre, anzi arretrare nei toni.
Se vogliamo evitare la guerra, occorre paradossalmente che le due super potenze si temano: così come era accaduto durante la guerra fredda. Per motivi differenti, sembra invece che oggi sia Cina e Usa sottovalutino la controparte. Urge un cambio di atteggiamento.
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