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Joe Biden e Vladimir Putin

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LE CONCLUSIONI del G7, sul continuare gli aiuti all’Ucraina a tempo indeterminato, non bastano a nascondere il dilemma che, più o meno apertamente, cova negli animi. Bisogna continuare a supportare l’Ucraina in una guerra che vede aumentare ogni giorno il numero dei morti e delle devastazioni? Una guerra che nel resto d’Europa e del mondo causa inflazione e probabilmente recessione? Una guerra che potrà portare carestia e fame in molti Paesi dell’emisfero Sud? Oppure bisogna suggerire una pace che inevitabilmente vedrà l’Ucraina costretta a cedere una parte del territorio e ad accettare umilianti impegni sul proprio futuro?

LE CONVINZIONI DELLE “COLOMBE”

I “falchi’ dicono che non bisogna cedere e Putin non deve vincere: se vincesse, non si fermerebbe… Le “colombe” dicono che nel resto d’Europa e nel resto del mondo l’inflazione causa scontento e sfiducia, e cresce il numero di coloro che ne hanno abbastanza e vogliono che quella guerra cessi, costi quel che costi… Forse è bene cercare una risposta al dilemma riandando a quel che successe con la Seconda guerra mondiale.

Molti guardano a Neville Chamberlain, il Primo ministro inglese che nel 1938 firmò l’Accordo di Monaco con Ribbentrop, come a un imbelle e rassegnato “facitore di pace”, che incoraggiò Hitler a continuare in un espansionismo che di lì a poco avrebbe portato a una guerra mondiale. Ma la posizione di Chamberlain in quell’anno era popolare fra il pubblico inglese. Ricorda lo storico della Seconda guerra, Max Hastings (in un articolo su Bloomberg.com) che l’ambasciatore tedesco a Londra, Herbert von Dirksen, disse come Chamberlain fosse convinto che la coesione sociale della Gran Bretagna, perfino la nozione dello stesso Impero inglese, non sarebbero sopravvissute neanche al caos di una guerra vittoriosa. E, dopo il disastro a Dunkirk nel 1940, molti inglesi, inclusi generali e ministri, conclusero che l’Inghilterra doveva far pace con Hitler, perché non era possibile sconfiggere la Germania sul campo di battaglia.

Il Duca di Bedford, subito prima di Dunkirk, scrisse all’ex Primo ministro David Lloyd George (che a suo tempo aveva guidato la Gran Bretagna alla vittoria nella Grande guerra) che bisognava cercare la pace con Hitler «prima invece che dopo», dato che la forza militare della Germania era così grande che «sarebbe follia pensare che potremmo batterla» (e Lloyd George era d’accordo).  

IL MALE ASSOLUTO

La litania degli appeasers non finisce qui. Lord Halifax – ricorda ancora Max Hastings  – disse a Winston Churchill (che allora era “First Lord of the Admiralty”) che se Mussolini potesse intermediare una pace con Hitler «saremmo sciocchi a non accettare». E infine, durante l’evacuazione delle truppe inglesi da Dunkirk, il direttore dell’intelligence militare inglese disse a un corrispondente della Bbc: «Siamo finiti. Abbiamo perso l’esercito e non avremo mai la forza per farne un altro». Conclusione: tutti questi pessimisti avevano ragione, da un punto di vista puramente razionale.

Ma, oltre la razionalità, c’è la moralità, c’è una superiore saggezza. E tutto cambiò con il famoso discorso del neo-Primo ministro Churchill al Parlamento inglese nel 1940. Churchill aveva capito che Hitler era il male assoluto, e non ci potevano essere compromessi. Per questo disse al popolo inglese che non aveva niente da offrir loro, se non «lacrime e sangue», fino alla vittoria, «a tutti i costi».

Se vogliamo trarre conclusioni da questo confronto con quel che successe nel 1940-45, dobbiamo chiederci: Putin rappresenta anch’egli oggi il “male assoluto”? È difficile dire di no. A parte la megalomania (si vede come un nuovo Pietro il Grande, lo Zar di tutte le Russie…), le mani di Putin grondano sangue: è personalmente responsabile di decine di migliaia di morti per un atto di aggressione che non è stato provocato, che non trova alcun fondamento né nella legge né nella morale.

Bisogna allora continuare a sostenere l’Ucraina. E, in un certo senso, gli europei sono fortunati. “Razionamenti e inflazione” non suonano bene e non sono certo piacevoli. Ma sono infinitamente meglio di “lacrime e sangue”.


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