Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, insieme al Presidente francese Emmanuel Macron, al Cancelliere tedesco Olaf Scholz, l Presidente rumeno Klaus Iohannis e il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky
5 minuti per la letturaStorico: un aggettivo troppo spesso abusato. Ma nel caso della visita a Kiev di Draghi, Scholz e Macron sembra azzeccato. “La visita di oggi non è solo simbolica, ma politicamente cruciale per ciò che decideremo la settimana prossima” sulla candidatura dell’Ucraina, ha detto ieri la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola. Una spia dell’importanza dell’evento viene anche dagli insulti di Dmitrij Medvedev. Il suo ultimo tweet deride i tre leader europei come “mangia rane, salsicce di fegato e spaghetti” che prometteranno “l’adesione all’Ue e vecchi howitzer all’Ucraina” e “torneranno a casa in treno, come 100 anni fa”. Dice Medvedev: “Va tutto bene. Ma non avvicinerà l’Ucraina alla pace”.
Parole sprezzanti che tradiscono tuttavia un certo ‘rosicamento’ da parte dell’ex presidente della Russia. La verità è che, per la prima volta dall’inizio della guerra, l’Unione europea si presenta in Ucraina con i suoi capi di governo più autorevoli per segnare il territorio. “È il momento dell’Europa, che deve raccogliere le sfide con coraggio, lo stesso coraggio dimostrato dal presidente Zelensky, con determinazione e unità. Lo dobbiamo agli ucraini e agli europei”, dice il presidente del Consiglio Mario Draghi in conferenza stampa a Kiev.
Al termine dell’incontro con il presidente Volodymyr Zelensky, il premier italiano usa proprio quell’aggettivo: “Oggi è una giornata storica: l’Italia, la Francia e la Germania, tre paesi fondatori dell’Ue, sono venuti in Ucraina per offrire il loro sostegno incondizionato a Kiev. Un popolo che si è fatto esercito per resistere” all’aggressione russa e per “vivere in libertà”. Draghi mette a tacere i numerosi (e rumorosi) fan della resa di Kiev all’aggressore: “Vogliamo la pace ma l’Ucraina deve difendersi”.
Inoltre, “è l’Ucraina a dover scegliere la pace che vuole, quella che ritiene accettabile per il suo popolo. Solo così può essere una pace duratura”. E, chiarisce Draghi, “per l’Ucraina la premessa della pace è l’integrità territoriale”. Una precisazione cruciale: l’Europa non può chiedere all’Ucraina di arrendersi. Non sarebbe soltanto un atto di viltà morale, ma un errore politico. Significherebbe accettare il sopruso del più forte e distruggere la legittimità e il senso dell’ordine liberale emerso dalla fine della seconda guerra mondiale.
Perfino la Francia, che nelle ultime settimane era apparsa più morbida nei confronti della Russia, sembra rafforzare la posizione dell’Ucraina. Una fonte diplomatica francese ha spiegato ai giornalisti al seguito del viaggio a Kiev che, nell’ambito della vittoria militare contro la Russia, la Francia vorrebbe che l’Ucraina riprendesse anche il controllo della Crimea: “Siamo per una vittoria integrale con il ripristino dell’integrità territoriale su tutti i territori conquistati dai russi, compresa la Crimea”, ha detto il funzionario francese, ammettendo che “la posta in gioco è la sicurezza di tutti noi” e che “la vittoria militare ucraina spetta a Zelensky definirla”.
Concetti che appaiono in linea con quelli pronunciati da Mario Draghi, che continua a ricordare che è Putin a non volere la pace. Ma c’è un altro passaggio politico fondamentale nel discorso del premier italiano a Kiev. “Il messaggio più importante della nostra visita è che l’Italia vuole l’Ucraina nell’Ue, vuole che abbia lo status di candidato e sosterrà questa posizione nel prossimo Consiglio europeo. Zelensky sa che è una strada da percorrere, non solo un passo”, assicura Draghi alla vigilia di una riunione del Consiglio europeo che dovrà assumere una decisione in merito la prossima settimana. E perfino Macron appoggia finalmente con chiarezza questa posizione.
È chiaro che le parole del capo dell’esecutivo a Kiev sono anche il frutto dello scambio di idee con gli altri compagni di viaggio. E che rappresentano l’unità di intenti del trio più ‘pesante’ della nomenklatura dei 27. Per l’Italia è un grande successo perché entra a pieno titolo nella cerchia più stretta dei paesi che contano. Una cerchia dalla quale spesso l’Italia è stata esclusa. È, soprattutto, un successo dell’Unione Europea che attraverso i suoi rappresentanti più rilevanti battezza l’Ucraina come un paese europeo, la salvezza del quale è motivo della sopravvivenza dell’idea stessa di Europa.
Dal viaggio di ieri emerge poi quella soggettività strategica che da sempre pare il tallone d’Achille dell’Ue, ritenuta solitamente un vagone a rimorchio della locomotiva statunitense. La visita a Kiev consegna – soprattutto alla stanza dei bottoni del Cremlino – questo messaggio: l’Europa c’è, con un suo profilo, d’accordo con gli Stati Uniti ma con una sua specificità.
Sul punto ritorna, non a caso, il presidente ucraino Zelensky: “L’Ucraina è in prima linea” ma “l’aggressione russa è contro tutta l’Europa unita, contro tutti noi”. Il governo di Kiev dichiara il suo apprezzamento per la solidarietà offerta dall’Ue e ricorda che gli aiuti militari, soprattutto missili antiaerei, saranno necessari per riconquistare i territori occupati dall’esercito invasore. Proprio ieri, dopo l’incontro dei ministri della Difesa della Nato, il segretario generale Jens Stoltenberg ha dichiarato: “siamo pronti a continuare a fornire all’Ucraina un sostegno senza precedenti”. E perfino il Bundestag tedesco si muove finalmente in questa direzione. In mattinata i tre leader avevano compiuto una visita tra le macerie di Irpin, sobborgo a nord ovest di Kiev diventato uno dei luoghi simbolo della guerra dopo l’attacco delle forze russe nelle prime fasi del conflitto e teatro di un massacro di civili.
Per un’ora Draghi, Scholz e Macron, con l’aggiunta del presidente rumeno Klaus Iohannis, si muovono tra palazzi bombardati e anneriti, gli interni delle abitazioni sventrate e i segni della vita quotidiana abbandonati dai civili in fuga. “Come Bucha, Irpin è da tempo diventata un simbolo dell’inimmaginabile crudeltà della guerra russa, della violenza insensata. La brutale distruzione di questa città è un memoriale: questa guerra deve finire”, ha scritto poi su Twitter il cancelliere tedesco Olaf Scholz.
La visita tra le macerie è stata anche l’occasione per parlare di ricostruzione. “Ricostruiremo tutto. Hanno distrutto gli asili, hanno distrutto i giardini di infanzia. Ma tutto verrà ricostruito”, ha assicurato Mario Draghi dopo il sopralluogo. “Gli ucraini hanno già iniziato: hanno un sistema digitale per cui ogni luogo che è stato distrutto è ora nel sistema. Sanno esattamente dove sono i siti che devono essere ricostruiti. Ogni famiglia ha una app dove fa la descrizione di quello che è successo, e sono già a uno stato molto avanzato”, racconta il presidente del consiglio.
E pensare che il giorno prima, ammettendo le reali intenzioni del Cremlino, il solito Dmitrij Medvedev aveva detto che “non si sa che se tra due anni l’Ucraina esisterà ancora”. Insomma. La Russia di Putin vuole cancellare l’Ucraina. L’Unione europea vuole ricostruirla e accoglierla nella famiglia europea. È proprio vero: se i leader europei saranno coerenti – e la sensazione è che non abbiano alternative – la visita di ieri resterà nella storia.
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