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Sembra complicarsi la vittoria russa a Severodonetsk, la città del Lugansk al centro di una vasta offensiva da parte degli invasori che ormai ne controllano quasi tutto il territorio. Secondo il ministero russo della Difesa «le unità delle forze armate ucraine, dopo aver subito perdite importanti (in alcune unità fino al 90%) durante la battaglia per Severodonetsk, si stanno ritirando in direzione di Lysichansk». Mosca nelle ultime ore avrebbe rafforzato il suo contingente militare nella regione, per condurre l’assalto finale contro la città. «I combattimenti nella città proseguono», ha fatto sapere Kiev.

Gli attacchi – sostiene la Difesa ucraina – sono concentrati nella periferia di Severodonetsk e nella regione di Bakhmut, a sud. Le forze ucraine, nel frattempo, avrebbero respinto i russi in due villaggi vicino a Sloviansk, a 60 chilometri da Severodonetsk. Altrove, la linea del fronte non si sposta. Gli invasori difendono le postazioni a nord, vicino a Kharkiv, e a sud. «I russi stanno subendo perdite enormi» ha detto Serghei Haidai, governatore del Lugansk.

Svyatogorsk, intanto, un vasto incendio ha devastato l’antico monastero ortodosso della Santa Dormizione, recentemente attaccato dai russi. Sulle origini del rogo è scambio di accuse fra Mosca e Kiev. «Il tempio principale del monastero di Svjatogorsk Lavra», nella regione di Donetsk, «un santuario del mondo ortodosso che è diventato un rifugio per i profughi, è in fiamme dopo un attacco russo – ha twittato Mykhailo Podolyak, consigliere di Volodymyr Zelensky – Un vero sorriso diabolico del ‘mondo barbaro russo’, per il quale nulla è sacro. L’Ucraina riporterà il diavolo dietro la cortina di ferro».

Per Zelensky «gli occupanti sapevano cosa stavano bombardando. Sanno che non ci sono obiettivi militari sul territorio del monastero, che c’erano circa 300 laici che avevano trovato rifugio dalle ostilità e tra loro 60 bambini. Ma i russi lo hanno bombardato lo stesso, come il resto del Donbass». Ma per il ministero russo della Difesa i responsabili sarebbero i «nazionalisti ucraini» che «hanno dato fuoco al monastero in legno della Santa Dormizione, mentre la 79ma brigata d’assalto aerea si ritirava dalla città di Svyatogorsk, nella Repubblica popolare di Donetsk».

Nel frattempo, la ripresa dei negoziati – nonostante le recenti aperture – stenta a riprendere. Ieri il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha rinnovato il suo appello «per la cessazione immediata delle violenze, per l’accesso umanitario senza restrizioni a tutti coloro che ne hanno bisogno, per l’evacuazione in sicurezza dalle aree di combattimento dei civili lì intrappolati e per la protezione urgente dei civili e il rispetto dei diritti umani in linea con le norme internazionali».

Per David Arakhamia, componente della squadra negoziale ucraina, i negoziati potranno ripartire solo dopo che nuove armi avanzate saranno arrivate a Kiev e la posizione dell’Ucraina si sarà «rafforzata». «I negoziati dovranno continuare quando la nostra posizione negoziale si sarà rafforzata. E al momento può essere rafforzata» se le armi «costantemente promesse dai partner internazionali alla fine arriveranno in quantità sufficienti».

Per Podolyak, fra l’altro, «la guerra potrebbe trascinarsi per altri sei mesi». Nel novero delle negoziazioni fanno parte anche le trattative per ottenere il rilascio dei difensori di Azovstal (Mariupol), ora prigionieri nell’autoproclamata repubblica di Donetsk, dove rischiano un processo in stile Norimberga e, quindi, una condanna a morte. Ottimista, sul punto, il ministro dell’Interno ucraino, Denys Monastyrsky; «sappiamo tutti che alla fine arriveranno a Kiev – ha dichiarato – e stiamo facendo di tutto perché ciò accada».

Se i negoziati non ripartono, le sanzioni europee sono pronte a colpire al cuore l’economia russa, limitando l’import di petrolio e mettendo nel mirino banche e personalità vicine all’élite putiniana. Per il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitri Medvedev, le misure Ue sarebbero «doppiamente illegali. Non solo statisti o deputati ma anche le famiglie, che non sono in alcun modo in grado di influenzare i loro parenti, sarebbero responsabili delle mitiche violazioni inventate da loro».

Poi un ardito paragone fra sanzioni e mafia: «l’Occidente – ha osservato ironico l’ex presidente russo – potrebbe abbracciare anche altre regole familiari progressiste: per esempio, ci sono molte cose utili nei modi della ‘Ndrangheta e di Cosa Nostra».


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