Angela Merkel e Vladimir Putin
5 minuti per la letturaIl passaggio dovrebbe essere da Eurest a Eurabia. In realtà qualche tentativo di spostare a Sud il baricentro dell’Europa negli anni è stato fatto.
Ma la resistenza e la forza economica della Germania, oltreché l’attrazione fatale che subiva Angela Merkel, originaria dell’Est della Germania, russofila nel senso di vicina per cultura, acquisita nella ex DDR – lei parla benissimo il russo- e quindi vicina prima all’Unione Sovietica e poi alla Federazione Russa, hanno portato l’Europa a quell’attrazione fatale verso i confini, dalla Lituania alla Estonia, dalla Finlandia alla Ucraina, che avrebbero messo la Nato in contatto diretto con l’Orso russo, che era prevedibile che si sarebbe svegliato.
Ma timidi tentativi di allargare verso il Mediterraneo, nella prima fase con degli accordi commerciali, anche se falliti, sono stati fatti. Un esempio per tutti l’area di libero scambio che doveva partire entro il 2010 e che poi in realtà è rimasta solo sulla carta.
Perché è evidente che per potersi allargare verso Sud è necessario provvedere ad investimenti importanti che portino al rafforzamento delle deboli democrazie che si affacciano sul Mediterraneo africano.
L’esempio di Roma doveva essere illuminante e poteva essere seguito ma invece si è preferito, anche con la complicità del nostro Governo, spostare il baricentro verso Berlino, facendo diventare Roma periferica.
Non bisogna dimenticare infatti che il più grande contributo all’allargamento ad Est fu dato da Romano Prodi, quando era presidente della Commissione Europea.
C’è da dire che la cultura dell’Est europeo é certamente molto simile a quella dell’Ovest, a cominciare dalla religione cristiana, per continuare con la letteratura, con la musica. Quello che ci unisce a Budapest o a Praga, ma anche a Kiev o a Leopoli, e probabilmente anche a Mosca e a Leningrado, è molto di più di quello che ci lega a Tunisi, a Tripoli o al Cairo. Le differenze culturali a cominciare dalla diversa religione fanno dei due popoli quello europeo e del Nordafrica due entità molto diverse.
Se chiediamo a qualcuno di ricordare un musicista arabo probabilmente ha difficoltà mentre non è ha alcuna a ricordare Bedrîch Smetana, Antonin Dvorak, compositori cechi, o Pëtr Il’ic Tchaikosky compositore russo.
In letteratura poi si ripeterebbe lo stesso meccanismo. E anche vero che gli arabi hanno lasciato nella loro occupazione in Sicilia o in Spagna dei monumenti di una bellezza incredibile, così come l’arabo normanno è diventato un percorso che a Palermo è patrimonio dell’umanità, ma rimane sempre una distanza che è assolutamente maggiore di quanto non sia quella fisica, che invece è di tanti pochi chilometri da pensare con serietà ad una possibilità di costruzione di un tunnel che colleghi i due continenti.
Malgrado tutte queste difficoltà che non vanno sottovalutate, l’esigenza di una forma di integrazione tra le economie dell’Europa ormai allargata e quella dei paesi nordafricani ed anche forse di alcuni del Medioriente diventa sempre più indispensabile.
L’Europa peraltro perché ha un manifatturiero importante che può essere utile allo sviluppo futuro del Nordafrica. Quest’ultimo perché ha energia e risorse umane giovani che possono essere indispensabili per il futuro della vecchia Europa.
Forse il trauma che stiamo vivendo convincerà finalmente i burocrati di Strasburgo e Bruxelles che bisogna cambiare passo, mentre anche i Paesi frugali e quelli nordici, oltre che la grande Germania, si accorgeranno di quanto sia pericoloso legarsi mani e piedi ad un solo fornitore di energia.
L’approccio romano fu quello di portare la propria cultura in tali paesi, se andiamo a guardare Leptis Magna in Libia ci accorgiamo che si tratta di una Roma costruita nel deserto da quel Settimo Severo, che seppur arabo era diventato imperatore romano dal 193 al 211 d. C.
Era nato l’11 aprile 146 a Leptis Magna da una famiglia che, se anche era di origine italica, tuttavia era profondamente africanizzata e stava tornando soltanto allora lentamente alla cultura romana: le sue sorelle non sapranno mai parlare bene il latino; in lui stesso, nonostante la fine cultura greca e latina, si continuerà a sentire la traccia della pronuncia africana.
Oggi l’approccio dovrebbe essere assolutamente diverso, e dovrebbe essere quello della cooperazione con questi popoli per farli passare dalla fase dello sviluppo ritardato a quello dello sviluppo compiuto.
Come è stato fatto con i paesi che di volta in volta negli anni sono entrati nell’Unione Europea. E che con l’aiuto di essa sono riusciti ad uscire da una povertà endemica. Evidentemente ciò ha comportato aiuti importanti da parte dell’Unione, che hanno consentito sviluppo accelerato tanto che alcuni di essi oggi hanno un reddito pro capite più alto di quello del Mezzogiorno.
In realtà molti Paesi della costa nord africana, come la Tunisia, che ha un reddito pro capite a parità di potere d’acquisto, fatto 100 quello degli Stati Uniti, in $, di 43.1, l’Egitto di $ 18.8, il Marocco di $ 12.0 e l’Algeria di $ 18,4, contro quello dell’Italia di $70, sono ancora molto indietro.
Ma anche i Paesi dell’Est erano poveri se si pensa che ancor oggi l’Ucraina, che dovrebbe entrare, ha $ 20,4, la Bulgaria $38,8, la Romania $51,1.
Ma i vantaggi di far crescere questa realtà per l’Europa possono essere enormi e forse non paragonabili, oggi, con quelli avuti con l’allargamento ad Est, assolutamente indispensabile per i motivi detti,
ma che hanno portato vantaggi prevalentemente ai grandi Paesi continentali, Germania in testa.
Adesso è l’ora di riprendere la marcia, forse mai iniziata veramente, e con essa la messa a regime di un Mezzogiorno che può anche diventare batteria del Paese, ma che sarebbe meglio si pensasse farlo diventare secondo motore, cosa che non entra ancora nella testa di molti ministri nordici, che vedono nel Sud solo una colonia, e nel nord Africa un territorio da sfruttare.
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