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«È essenziale che Putin non vinca questa guerra. Allo stesso tempo dobbiamo chiederci se può essere utile parlargli. Sono scettico dell’utilità di queste telefonate, ma ci sono ragioni per farle. Queste conversazioni dimostrano che è Putin a non volere la pace». Non fa giri di parole il presidente del Consiglio, Mario Draghi, intervenendo nel corso della riunione straordinaria del Consiglio europeo. Il confronto con il capo del Cremlino «è necessario per risolvere il problema del grano che mette a rischio milioni di vite umane. «Se non ci sarà una soluzione – afferma – dovrà essere chiaro che la colpa è di Putin».
E ancora una volta ribadisce che «deve essere l’Ucraina a decidere che pace vuole. Se l’Ucraina non è d’accordo sui termini, la pace non può essere sostenibile». Intanto, sostiene, offrire all’Ucraina lo status di Paese candidato all’adesione Ue può essere un gesto simbolico importante.

Sul tavolo dei capi di Stato e di governo dei 27 riuniti a Bruxelles ci sono gli sviluppi del conflitto e il sostegno all’Ucraina, la crisi alimentare – che è stata al centro del trilaterale tra Draghi, il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco, Olaf Scholz – la questione energetica e lo stato dell’arte del processo di affrancamento dall’energia russa. «Non possiamo immaginare che dopo il conflitto la nostra politica energetica tornerà come prima – afferma il premier. Quello che è successo è troppo brutale. Dobbiamo muoverci ora per cambiare i nostri fornitori di energia nel lungo periodo». E all’ordine del giorno della prima giornata c’è il sesto pacchetto delle sanzioni contro Mosca, con il tribolato accordo sull’embargo alle importazioni del greggio russo che ha dilatato i tempi del varo. Il premier italiano si appella al mantenimento di una linea comune: «Dobbiamo mantenere unità sulle sanzioni. L’Italia è d’accordo sul pacchetto, purché non ci siano squilibri tra gli Stati membri».

La discussione è andata per le lunghe, la prospettiva è un accordo “a metà”.

Mentre sul tetto al prezzo del gas – fortemente caldeggiato dal premier Draghi in occasione del vertice di Versailles di marzo – l’Italia segna un primo risultato con il mandato alla Commissione di “esplorare” un price cup temporaneo messo nero su bianco nelle conclusione del Consiglio Ue. Un passo avanti anche se la strada è tutt’altro che spianata: il premier olandese, Mark Rutte, tra i maggiori oppositori dell’iniziativa, insieme alla Germania di Scholz, dichiara amicizia al presidente del Consiglio italiano, ma gli annuncia la “battaglia”.

L’EMBARGO SUL GREGGIO

Sull’embargo al petrolio gli ambasciatori dei 27, riuniti nel Coreprer (il Comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri), presentano un’intesa di principio che prevede uno stop in due tempi, che viene inserita nella bozza di conclusione del Consiglio europeo: entro la fine del 2023 si fermerebbe l’import del greggio trasportato via mare dal 2023, equivalente ai 2/3 delle importazioni totali da Mosca, in un secondo momento – la data non è stata indicata – quello che arriva nella Ue tramite oleodotto e che riguarda soprattutto l’Ungheria. Germania e Polonia si sono impegnate a sospendere l’import di greggio attraverso l’oleodotto dell’Amicizia entro la fine dell’anno: in questo modo il taglio alle importazioni russe aumenterebbe fino a oltre il 90% del totale. La Germania è al lavoro per «diventare indipendente dalle importazioni di carbone russo entro l’autunno» e per «uscire dalla dipendenza dalle importazioni di petrolio russo entro la fine dell’anno», conferma il cancelliere Scholz al suo arrivo al vertice, dicendosi ottimista sulla possibilità di un’intesa anche a livello dei governi.

IL VETO DI ORBAN

A stretto giro le parole del leader ungherese Viktor Orban sembrano rimettere tutto in discussione: dice che non c’è nessun accordo e punta il dito contro il «comportamento irresponsabile» della Commissione Europea che «ha presentato proposte» sulle sanzioni «senza lasciare la decisione agli Stati membri». Un mancato accordo, sostiene, sarebbe da imputare esclusivamente all’esecutivo europeo. «Non possono sganciare una bomba nucleare sull’economia dell’Ungheria», tuona. Per rimuovere il veto all’embargo chiede garanzie per «la sicurezza energetica dell’Ungheria». «La soluzione di lasciar gli oleodotti fuori» dall’applicazione della sanzione «è un buon approccio – afferma – ma dobbiamo avere la garanzia, nel caso in cui accada un incidente nel percorso del gasdotto attraverso l’Ucraina, che ci sia per noi il diritto di avere il petrolio Russo attraverso altre fonti. Se abbiamo questa garanzia va bene».

Le resistenze di Budapest spingono la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, alla cautela: «Le mie aspettative che si possa risolvere nelle prossime 48 ore sono basse. Ma sono fiduciosa che in seguito sarà possibile», afferma entrando alla riunione. Al suo scetticismo fa da contraltare la fiducia manifestata dall’alto rappresentante dell’Ue per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza, Josep Borrell, e dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel: arrivare a un’intesa «non è facile, perché ci sono diverse sensibilità e preoccupazioni – afferma Michel – ma abbiamo fatto progressi nelle ultime ore e spero che riusciremo a prendere una decisione su questo». Si aspetta un’eccezione anche per la Bulgaria, con la possibilità di importare il greggio russo fino al 2024, anche il premier Kiril Petkov. A indicare con chiarezza la posta in gioco è la presidente delll’Europarlamento Roberta Metsola: «Occorre salvaguardare l’unità dell’Ue», ma «c’è un limite alla flessibilità» che può essere adottata «senza perdere la credibilità» agli occhi del mondo. L’appello all’unità lo rivolge ai leader europei il presidente ucraino Volodymyr Zelensky intervenendo al vertice europeo in videocollegamento. «Non dividetevi e approvate subito le sanzioni», le sue parole.

IL PRICE CUP

Al vertice il premier italiano si presenta con l’obiettivo di trovare una strada per spingere sul price cup. La bozza finale dice che qualche passo avanti è stato fatto. “Il Consiglio europeo invita la Commissione a esplorare con i nostri partner internazionali modi per frenare l’aumento dei prezzi dell’energia, compresa la fattibilità dell’introduzione di massimali temporanei dei prezzi”. La Commissione si era dichiarata a favore del tetto al prezzo del gas solo in caso di blocco delle forniture da parte della Russia, cioè in situazione di indiscussa emergenza. A bloccare la strada del premier sono soprattutto le obiezioni di Olanda e Germania: «Il punto – dice Rutte parlando con i giornalisti – è capire che cosa si intende per price cap. Se si intende che diciamo ai russi vogliamo cento e vi paghiamo ottanta, dobbiamo assicurarci che loro consegnino ancora il gas a ottanta. Se invece si intende dare sussidi a livello nazionale per le bollette energetiche, servirebbero molti soldi dai bilanci dell’Italia o dell’Olanda per farlo». «Io e Mario Draghi siamo grandi amici e abbiamo sempre risolto le divergenze», dice, ma «su questo ci sarà molto dibattito».


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