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Il tanto atteso dato sui prezzi al consumo negli Stati Uniti ha battuto le stime: in ottobre il carovita è rimasto stabile rispetto a settembre e ha ulteriormente rallentato al +3,2% anno su anno. Meglio ancora, cioè, delle stime degli analisti, che si collocavano intorno al +3,3%. Soprattutto per quanto riguarda l’inflazione core, quella che esclude cibo ed energia perché troppo ballerine, ha segnato un +4%, rivedendo così i livelli di settembre 2021.
In particolare, il cosiddetto indice shelter (quello legato alla casa), che rappresenta oltre il 70% dell’aumento totale di tutti i beni meno cibo ed energia, ha frenato al 6,7% rispetto al 7,2% del mese precedente.
Anche gli indici relativi alle attività ricreative (3,2% contro 3,9%), alla cura della persona (6% rispetto a 6,1%) e all’arredamento e alle operazioni domestiche (1,7% da 1,9%) hanno segnato rincari più contenuti, mentre quello dell’assicurazione automobilistica è salito ulteriormente (19,2 % contro 18,9%).
I MERCATI E LA BCE
Nel mondo finanziario, il dato sull’inflazione ha spinto le vendite sul dollaro e gli acquisti sulle Borse (Piazza Affari ha terminato la seduta in rialzo dell’1,45%) e sui titoli di Stato (debito pubblico) facendo scendere gli interessi.
Per esempio, il rendimento del Btp decennale italiano è calato al 4,4%, al minimo da due mesi dopo la svendita globale dei titoli di Stato, scommettendo sul fatto che la Fed e la Bce potrebbero mettere fine alla loro politica aggressiva dei tassi.
Inoltre, lo spread tra il Btp italiano e il Bund tedesco è sceso fino alla soglia di 170 per poi chiudere a quota 181.
La presidente della Bce, Christine Lagarde, la scorsa settimana, durante un evento del Financial Times, ha detto che ci vorrà più dei «prossimi due trimestri» perché la Banca centrale europea inizi a tagliare i tassi d’interesse, aggiungendo che se i tassi d’interesse fossero mantenuti ai livelli attuali «abbastanza a lungo» l’inflazione dell’eurozona potrebbe arrivare al suo obiettivo del 2%.
Ubs, invece, prevede che la Fed taglierà i tassi di ben 275 punti base nel 2024 riportandoli ben sotto il 2%, quasi 4 volte rispetto al consenso del mercato, mentre la più grande economia mondiale andrà in recessione.
In particolare la banca svizzera stima che la disinflazione e l’aumento della disoccupazione indeboliranno la produzione economica nel 2024, portando il Federal Open Market Committee a tagliare i tassi «prima per evitare che il tasso nominale dei fondi diventi sempre più restrittivo con il calo dell’inflazione, e poi nel corso dell’anno per arginare l’indebolimento economico».
LA CRESCITA EUROPEA
L’aumento dei tassi, l’inflazione e l’auto-riduzione dei consumi energetici hanno già fatto contrarre l’economia nell’eurozona. L’Eurostat ha confermato che il Pil nell’area dell’euro è calata dello 0,1% su base trimestrale tra luglio e settembre, segnando il primo segno meno dal 2020, quando c’era la pandemia.
La Bce ipotizza comunque che l’eurozona crescerà dello 0,7% nel 2023, dell’1% nel 2024, dell’1,5% nel 2025. Se però le previsioni si rivelassero troppo ottimiste – Francoforte definì per mesi l’inflazione “transitoria” – il taglio dei tassi probabilmente arriverà prima del previsto.
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