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Le banche centrali non allentano la presa, l’inflazione non molla spinta dal caro petrolio: il rialzo dei tassi azzoppa la transizione verde. Brutte notizie per l’obiettivo Net Zero al 2050, ma anche per i target europei del Fit for 55 entro il 2030

L’inflazione non molla spinta dal caro petrolio e le banche centrali non allentano la presa sui tassi. Annunciano altri rialzi o comunque promettono di mantenerli alti per lungo tempo. Due brutte notizie per l’obiettivo Net Zero al 2050 ma anche per i target europei del Fit for 55 entro il 2030. Thomas Ferguson, professore emerito all’Università del Massachusetts e direttore della ricerca presso l’Institute for New Economic Thinking e Servaas Storm, docente all’Università di Tecnologia di Delft hanno scritto sul Guardian che “i tassi di interesse più elevati rallentano notevolmente la transizione energetica (verde, ndr)”.

Infatti gli investimenti nelle rinnovabili sono competitivi rispetto alle tecnologie fossili già installate solo quando i tassi sono bassi”. Alcuni studi di ingegneria – citati dal Guardian – mostrano che, con i tassi al 4/4,5% il costo dell’elettricità del solare e dell’eolico terrestre aumenterà rispettivamente dell’11% e del 25%. Né i governi hanno risorse da a sufficienza considerato che, per vendere titolo di Stato, devono offrire rendimenti sempre più alti. Le stime dell’Agenzia internazionale per l’energia spiegano che il costo dell’elettricità prodotta da una centrale a gas aumenta di circa il 4% con tassi fra il 3% al 7%, mentre quello dell’eolico offshore e del fotovoltaico può salire del 30%.

L’AUMENTO DEI TASSI DI INTERESSE E LE RIPERCUSSIONI SULLA TRANSIZIONE VERDE

Non a caso – aggiungono Ferguson e Storm – “gli alti tassi di interesse proteggono i produttori tradizionali di petrolio e gas dalla concorrenza dei produttori emergenti di energia a basse emissioni”. Il tema è semplice: gli investimenti costano: finanziarli con gli interessi del 2% ha un impatto sopportabile con interessi del 6-7% la situazione è ben diversa. Ne sanno qualcosa le utilities italiane, alle prese con investimenti a debito in solare ed eolico. In una settimana l’indice Ftse Italia All-Share Utilities ha lasciato sul terreno il 5%.

Oggi soffrono Erg, che perde l’1,7% finendo a 23 euro, A2A e Terna (entrambi in rosso di quasi un punto percentuale). Rimbalzano invece algowatt (+11%), anche se il suo valore si è dimezzato rispetto a un anno fa, e Alerion (+0,7%) dopo aver perso 10 euro in dieci mesi. Italgas, dopo un balzo nel 2023 a sfiorare i 6 euro è tornata ai 5 euro di un anno fa. Sull’utility torinese pesa comunque anche l’operazione decisa dal suo grande azionista Snam (ferma nei confronti di fine settembre 2022 quando invece il Ftse Mib è salito di quasi il 30%). Snam la scorsa settimana ha piazzato sul mercato un bond da 500 milioni convertibile in azioni proprio di Italgas, in scia all’ultima tendenza di Wall Street.

LE CONTROMISURE CONTRO L’AUMENTO DEI TASSI ATTUATE DALLE AZIENDE USA

Infatti in risposta agli aggressivi aumenti dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve, che le società statunitensi di alto livello stanno ricorrendo sempre più al mercato delle obbligazioni convertibili per alleviare i crescenti costi di finanziamento. Quest’anno, secondo i dati della Bank of America sono stati emessi 12 miliardi di dollari in obbligazioni convertibili, pari a oltre un terzo dell’emissione totale. Si tratta della percentuale più alta in almeno un decennio. Il fatto è che l’economia globale potrebbe non essere pronta ad affrontare lo scenario peggiore, ovvero un aumento del tasso di interesse statunitense fino al 7% con stagflazione, ha riferito a Bloomberg Jamie Dimon, Ceo del colosso bancario Jp Morgan.

Da marzo 2022, la Federal Reserve ha aumentato il costo del prestito di riferimento di 525 punti base, portandolo nell’intervallo 5,25%-5,5%, per contenere l’inflazione. Secondo Dimon, la Fed potrebbe dover continuare ad aumentare i tassi per contenere l’inflazione persistente e gli imminenti aumenti del costo del denaro saranno probabilmente più dannosi per l’economia globale. “Passare dallo zero al 2% non ha rappresentato quasi alcun aumento. Passare dallo zero al 5% ha colto di sorpresa alcune persone…”, ha detto Dimon, durante un’intervista al Times of India. “Non sono sicuro che il mondo sia preparato per il 7%”. “Se ci saranno volumi più bassi e tassi più alti, ci sarà stress nel sistema”, ha concluso.


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