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Christine Lagarde

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Nell’ultima riunione prima della pausa estiva, il 27 luglio, la presidente della Bce, Christine Lagarde, aveva detto che a settembre tutto sarebbe stato possibile: la prima pausa dopo nove rialzi consecutivi dei tassi, oppure un nuovo aumento. Durante l’estate nulla è cambiato, e la decisione attesa per domani resta più aperta che mai. Solo nelle ultime ore i mercati diventano pessimisti: l’inflazione Usa, risalita sulla spinta del prezzo della benzina, è la prova che l’incendio non è ancora domato e che le banche centrali dovranno proseguire gli sforzi. Ma ora è diventato un percorso a ostacoli: ogni giorno un indicatore diverso segnala che l’economia europea sta rallentando e la stessa Bce domani taglierà le stime sulla crescita. Un nuovo rialzo potrebbe tirare all’Eurozona la volata verso la recessione.

Alla vigilia della riunione decisiva, il board dei governatori Bce apprende dagli Usa la brutta notizia: per il secondo mese consecutivo i prezzi al consumo sono saliti del 3,7% ad agosto, sopra le attese degli analisti che scommettevano su +3,6%. A luglio erano al 3,2%. Anche l’inflazione core, al netto di alimentari ed energia, è aumentata. Pesa il prezzo della benzina, e riaccende i timori che possa rimettere in moto la spirale al rialzo di tutto il resto.

La Fed, che ha già portato i tassi al livello più alto degli ultimi 22 anni, dovrà decidere il da farsi la prossima settimana e gli analisti già vedono almeno un altro rialzo entro dicembre. La Bce invece ha solo poche ore per scegliere la prossima mossa, la più delicata dall’inizio del ciclo dei rialzi più rapido della sua storia, partito a luglio dell’anno scorso. Nove aumenti consecutivi per un totale di 425 punti base (da -0,50% a 3,75%), senza mai pensare a una pausa. Ora uno stop è sul tavolo, caldeggiato dalle colombe, assieme ad un nuovo rialzo, per cui premono i falchi. La situazione è molto complessa e per la prima volta da un anno anche mercati e analisti non hanno le idee chiare. Fino a ieri le due opzioni erano date al 50/50, ma dopo il dato dell’inflazione Usa qualcosa si è mosso.

I timori che la Bce tiri ancora dritto tengono le Borse negative, ma è solo un umore che non tradisce certezze. I governatori dell’euro guarderanno ai dati più recenti. Prima di tutto si troveranno davanti quelli sul Pil del secondo trimestre, che Eurostat ha da poco rivisto al ribasso a +0,1% (quello italiano ha sorpreso in negativo calando dello 0,4%). E le stime sulla crescita 2023 tagliate dalla Ue a +0,8% (per l’Italia +0,9%). Isabel Schnabel, membro del board esecutivo, aveva anticipato qualche settimana fa che anche la Bce sarebbe stata costretta a rivedere le sue stime di giugno, che con tutta probabilità caleranno da 0,9% a 0,6%.

Il calo della produzione industriale nella zona euro a luglio (-1,1%, in Italia -0,7%) è solo l’ultimo campanello d’allarme in ordine di tempo. Il timore, però, è che la Bce sia costretta a rivedere anche le stime sull’inflazione, al rialzo, dando ai falchi nuovi argomenti per insistere sulla stretta. I prezzi, scesi a luglio al 5,3%, ad agosto sono rimasti stabili. E “l’inflazione di fondo resta ostinatamente alta”, aveva detto Schnabel il 31 agosto. Secondo le nuove previsioni della Commissione Ue, i prezzi rimarranno ben sopra il target del 2% ancora nel 2024 (al 2,9%). Il board dovrà quindi trovare il modo di proseguire la lotta all’inflazione senza deprimere definitivamente l’economia. Secondo alcuni analisti questa sarebbe l’ultima occasione per aumentare i tassi prima che l’economia sia troppo debole per colpirla con una nuova stretta al credito. L’alternativa sarebbe optare per una pausa, dando tempo ai passati rialzi di fare effetto, ma inasprendo i toni sulle prossime mosse, escludendo tagli dei tassi nel medio orizzonte.


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