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Su base annua la flessione della produzione industriale è del 2,1%. Vanno bene solo i mezzi di trasporto, farmaceutici e prodotti elettronici
L’economia mondiale continua a rallentare e in Italia l’allarme è alto. La frenata della locomotiva tedesca e anche i segnali meno brillanti che arrivano dalla Cina stanno condizionando le performance del nostro Paese. Ieri una doccia fredda è arrivata dai dati sulla produzione industriale di luglio pubblicati dall’Istat. Rispetto a giugno c’è stato un calo dello 0,7% e, se nel trimestre maggio-luglio il livello è cresciuto dello 0,2%, sui tre mesi precedenti, rispetto a luglio dello scorso anno, però la flessione è ancora più pesante, pari a 2,1%.
Su terreno negativo i beni di consumo e intermedi, in controtendenza quelli strumentali con +3%. Premiato con il segno positivo solo un tris di settori: fabbricazione di mezzi di trasporto (+10,1%), prodotti farmaceutici (+5,8%) e computer (+0,4%). Tutti gli altri sono negativi con gli andamenti peggiori per industria del legno, carta e stampa (-12,3%), coke e prodotti petroliferi raffinati (-10,8%), attività estrattive (-10,1,%), prodotti chimici (-9,2%), industrie alimentari, bevande a tabacco (-4,4%). I dati, pur se attesi, preoccupano il Governo.
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha segnalato le varie cause che hanno provocato questa situazione. Un fattore lo ha indicato nell’aumento del prezzo del petrolio a causa dei tagli decisi dall’Arabia Saudita, dall’Opec e dalla Russia. L’impatto sull’andamento industriale è dovuto anche alla situazione della Germania in recessione da mesi, senza dimenticare poi i rialzi dei tassi di interesse. L’Italia dunque sta pagando il prezzo di un trend negativo dell’economia europea. Un’opinione condivisa anche dal commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni. Anzi, secondo le ultime previsioni della Commissione Ue l’Italia dovrebbe crescere più della media europea.
Tra le cause delle criticità indicate da Gentiloni, anche il calo della domanda e dei consumi interni, le difficoltà con cui si scontra l’industria nei mercati globali e la stretta monetaria. Insomma nonostante la capacità di resilienza dell’Italia, è inevitabile la ricaduta sul sistema nazionale del clima pesante che c’è nel mondo, e in Europa dove, e questo forse non bisogna dimenticarlo mai, è in corso una guerra devastante. Le rappresentanze del mondo produttivo hanno lanciato l’Sos. La Confesercenti ha parlato di una “fase pre-recessiva” con l’arrivo di un autunno più difficile del previsto in un contesto internazionale di difficoltà e incertezze”.
Per Confcommercio il dato sulla produzione industriale è perfettamente in linea con quanto emerso dagli altri indicatori che però letti singolarmente non destano troppo preoccupazioni (produzione industriale e occupazione arrivano da mesi favorevoli), ma è la situazione generale che crea preoccupazioni. Soprattutto la domanda delle famiglie, la cui fiducia potrebbe subire un ulteriore e più pesante stop.
Alle famiglie guarda anche la Coldiretti che ha rilevato come il taglio della spesa alimentare degli italiani si trasferisca dal commercio all’industria portando al crollo della produzione di cibo Made in Italy che con -4,5% si è ridotto più del doppio rispetto alla media. Una frenata che è il risultato, secondo la Coldiretti, delle difficoltà in cui si trovano i cittadini che, spinti dai rincari, mettono meno prodotti nel carrello ma è anche il segnale dei problemi della filiera produttiva alle prese con l’esplosione dei costi dell’energia e delle materie prime.
Per questo il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, ha ribadito che non si può perdere la preziosa occasione offerta dal Pnrr. Il settore agroalimentare ha dimostrare di saper cogliere l’opportunità delle risorse messe in campo come dimostrano i progetti di filiera presentati che hanno superato di molto il plafond. Da qui la richiesta di un rafforzamento della dote per sostenere un settore che ha una ricaduta importante sul sistema produttivo e sui consumatori.
L’amministratore di Filiera Italia, Luigi Scordamaglia, da parte sua, ha sostenuto che l’export, anche se continua a tirare, non basta più. Il carrello della spesa alleggerito sta minando infatti “uno dei settori portanti della nostra economia”. I consumi alimentari valgono 260 miliardi, l’export 61 miliardi. Scordamaglia ha invitato anche a tenere la guardia alta sulle scelte della Bce perché “il decimo aumento consecutivo dei tassi darebbe il colpo di grazia alle famiglie e alle imprese”.
Dalle statistiche della Banca di Italia spicca una riduzione dei prestiti del 3,7% su base annua (- 2,3% al settore privato, -0,3% alle famiglie e – 4% alle società non finanziarie). Un quadro a tinte fosche è stato dipinto anche dalle associazioni dei consumatori. Per il Codacons i dati delineano “un vero e proprio crollo verticale per i beni di consumo”. E sul banco degli imputati ancora una volta è finita l’inflazione. Di recessione tecnica vicina ha parlato l’Unione Nazionale Consumatori.
Il nodo però è che al di là degli interventi che possono essere messi in campo dal Governo, a partire dal patto anti-inflazione che però deve essere definito nei dettagli, bisogna fare i conti con una economia internazionale che, ha spiegato la nota mensile dell’Istat , è in rallentamento “caratterizzata da dinamica eterogenea per aree geografiche e settori, inflazione ancora elevata ma in calo e condizioni di finanziamento restrittive che pesano soprattutto sulla domanda interna”.
A gravare sul manifatturiero la debolezza della domanda, mentre i servizi hanno perso lo slancio post pandemia. Le difficoltà in cui si dibattono molti Paesi hanno poi raffreddato le importazioni. A giugno il commercio globale di merci in volume è diminuito dello 0,7%, frenato in particolare dal calo dell’import dell’area euro, dei mercati asiatici emergenti e del Regno Unito.
Nello stesso periodo, i listini delle principali materie prime hanno ripreso a crescere: il prezzo del Brent ha toccato il valore più elevato da novembre 2022 e l’indice del gas naturale europeo è aumentato.
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