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I dati veri dicono due cose. Primo. I prezzi dei carburanti da una settimana veleggiano abbastanza stabili e ieri mattina il ministero dell’Ambiente e sicurezza energetica ha diramato il censimento dei prezzi reali di benzina e gasolio. Lo scostamento è irrilevante: in una settimana sono rincarati, sì, ma di pochi millesimi di euro al litro. La benzina è aumentata di 0,7 centesimi, il gasolio di 17 millesimi. Alla rilevazione dei prezzi medi regionali il rincaro si aggira sui 2 millesimi per la benzina e 4 per il gasolio.

La seconda cosa detta dai dati reali è: la rilevazione europea conferma quanto viene percepito dai consumatori. Tolte accise e Iva, infatti, il prezzo industriale di benzina e gasolio in Italia è fra i più sobri d’Europa; ciò che rende feroci i prezzi dei carburanti è solamente il peso del fisco. Il prelievo che finisce nelle casse dello Stato è superiore al 100% rispetto al costo industriale.

IL PESO DEL FISCO

Ogni martedì gli uffici del ministero dell’Ambiente rielaborano i prezzi rilevati nei distributori nella settimana precedente e li ripropongono come prezzo medio settimanale per il servizio fai-da-te. Sono questi i prezzi realmente applicati. Ecco i numeri, che sono arrotondati al centesimo di euro.

Il prezzo della benzina, in modalità self service, si attesta a 1,94 euro al litro, il gasolio a 1,84 euro al litro.

Il prezzo della benzina è formato da 86,6 centesimi di prezzo industriale (il quale comprende il prezzo di mercato, ma anche tutti i costi e le tasse a monte, dalle royalty sul giacimento fino al reddito del benzinaio e alla sua Irpef) e 72,8 centesimi di accisa. A questo prezzo deve essere sommata l’Iva al 22 per cento, pari a 35 centesimi. Il peso del fisco sulla benzina è quindi pari a 1,08 euro al litro, con un prelievo che ammonta a circa il 125 per cento del prezzo industriale.

Il prezzo del gasolio è formato da 89,5 centesimi di prezzo industriale (il gasolio è più caro della benzina ed è solamente la penalizzazione fiscale a rendere più costosa la benzina) e 61,7 centesimi di accisa. A questo prezzo va sommata l’Iva al 22% pari a poco più di 33 centesimi. Il peso del fisco sul gasolio è pari a 95 centesimi al litro, con un prelievo pari a circa il 106% del prezzo industriale.

PREZZI CARBURANTI, MALE CAMPANIA, CALABRIA E PUGLIA

Dal primo agosto, così ha deciso il governo, un altro ministero deve tenere un altro censimento: si tratta del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, il quale deve calcolare il prezzo medio regionale che i benzinai devono esporre per (così si vorrebbe) scoraggiare le speculazioni.

Ecco i dati che emergono: il Molise è la regione in cui il pieno di carburante ha subìto il maggior incremento di prezzo, 2 euro e 20 centesimi. Al secondo posto delle regioni “cattive” c’è la Provincia autonoma di Bolzano, dove un rifornimento di benzina viene a costare, rispetto all’inizio del mese, 1 euro e 95 centesimi in più. Al terzo posto la Campania, con 1 euro e 85 centesimi per ogni pieno.

Guardando al prezzo assoluto, dopo le autostrade è Bolzano ad avere il costo al litro maggiore (1,984 euro), seguita dalla Basilicata (1,971) e dalla Puglia (1,969).

Anche per quanto riguarda il gasolio la regione meno virtuosa resta il Molise, con un salto di 4 euro e 50 centesimi per un rifornimento. Al secondo posto la Campania: 4,35 euro. Medaglia di bronzo per Bolzano, con 4 euro e 30 centesimi.
In valore assoluto, però, viene rilevato che anche per quanto riguarda il gasolio è sempre Bolzano la più cara (1,890 euro al litro), seguita dalla Calabria (1,874) e dalla Valle d’Aosta in posizione ex aequo con la Liguria (1,872).

L’UNIONE CONSUMATORI SUI PREZZI DEI CARBURANTI

«Nonostante dopo il 16 agosto l’impennata dei prezzi abbia subito un rallentamento, dal primo agosto a oggi il prezzo medio in autostrada della benzina self è rincarato di 3,4 cent al litro, pari a 1 euro e 70 centesimi per un pieno di 50 litri. Va ancora peggio per il gasolio, che balza di 7,8 cent al litro, pari a 3 euro e 90 cent a rifornimento», protesta Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori.

ELETTRICITÀ IN FRENATA

Secondo i dati di Terna, la società che gestisce la rete di trasmissione nazionale, nel mese di luglio la domanda di elettricità nel nostro Paese è stata pari complessivamente a 30,1 miliardi di chilowattora, registrando una diminuzione del 3,3% rispetto allo stesso periodo del 2022. L’indice Imcei elaborato da Terna, che prende in esame i consumi industriali di circa 1.000 imprese “energivore”, registra una flessione dell’1,2% rispetto a luglio dello scorso anno. Positiva la variazione dei comparti dei mezzi di trasporto, del cemento, calce e gesso, degli alimentari e della siderurgia, mentre restano stabili le ceramiche e vetrarie. In flessione tutti gli altri settori, in particolare la cartaria e la chimica.

A livello territoriale, la variazione tendenziale di luglio 2023 è risultata differenziata: negativa al Nord e al Centro (rispettivamente -6,1 per cento e -2,3 per cento), positiva al Sud e nelle Isole (+1,6 per cento).

MENO IMPORT ELETTRICO

Nel mese di luglio 2023 la domanda di energia elettrica italiana è stata soddisfatta per l’85,6% con la produzione nazionale e, per la quota restante (14,4%), dal saldo dell’energia scambiata con l’estero. La produzione nazionale netta è risultata pari a 25,9 miliardi di chilowattora, in diminuzione del 2,7% rispetto a luglio 2022.

Le fonti rinnovabili hanno prodotto complessivamente 11,6 miliardi di chilowattora, coprendo il 38,4% della domanda elettrica (a luglio dello scorso anno è stato pari al 31,3%). La produzione da rinnovabili a luglio è stata così suddivisa: 38,4% idrico, 33,6% fotovoltaico, 12,4% biomasse, 11,7% eolico, 3,9% geotermico.

Torna a salire la produzione delle centrali idroelettriche dopo la siccità del 2022 (+32,4%) e la produzione da fonte eolica (+31,8%). In calo la produzione da fonte termica (-13,6%) e in leggero calo il geotermoelettrico (-1,5%). Per quanto riguarda il saldo import-export, la variazione è pari a -8,8% per un effetto combinato della diminuzione dell’import (-6,2%) e dell’aumento dell’export (+53,1%).

RADDOPPIO DELLE FONTI RINNOVABILI

Secondo le rilevazioni di Terna illustrate nel report mensile, considerando tutte le fonti rinnovabili, nei primi sette mesi del 2023 l’incremento di capacità in Italia è pari a 2.956 megawatt, un valore superiore di circa 1.515 megawatt (+105%) rispetto allo stesso periodo del 2022.

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