Il progetto del Ponte sullo Stretto
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Secondo il presidente dell’Oice Giorgio Lupoi, il Ponte sullo Stretto è una grande occasione per la ripartenza. Una sorta di miracolo italiano come quello avvenuto dopo il dopoguerra
Se c’è un punto di osservazione privilegiato per capire che cosa si muove sul fronte delle infrastrutture, questo è sicuramente nei bilanci delle società di ingegneria e architettura. E i dati sono sicuramente da incorniciare dopo “venti anni di magra”, ammette il presidente dell’Oice (l’associazione delle organizzazioni di ingegneria, di architettura e di consulenza tecnicoeconomica), Giorgio Lupoi.
Nel 2022, giusto per fare un esempio, il fatturato ha raggiunto quota 3,7 miliardi mentre, quest’anno, si dovrebbero toccare i 4,5 miliardi, con un incremento del 17,9%. Tutto merito prima del super bonus e, subito dopo, del Pnrr: per oltre il 50% delle imprese, infatti, i contratti legati al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza coprono il 25% del fatturato. Tanto che l’85% delle imprese incontra non poche difficoltà a trovare sul mercato i professionisti che servono.
Ponte sullo Stretto, il presidente Oice: “abbiamo tutte le competenze tecniche per realizzarlo”.
“La verità è che non possiamo perdere questa occasione storica che, sotto molti punti di vista, ricorda il miracolo italiano del dopoguerra, quando i nostri ingegneri e i nostri architetti andavano in giro per il mondo forti delle conoscenze che avevano acquisito sul campo”, spiega Lupoi. E, in bella evidenza sulla sua agenda, c’è soprattutto un progetto, quello del grande Ponte sullo Stretto di Messina, che il governo ha intenzione di completare entro il 2032. “Un obiettivo alla nostra portata, abbiamo tutte le competenze tecniche per realizzarlo”.
L’ad di Webuild: “Cogliere il momento positivo per investimenti e risorse”
Parole condivise dal Pietro Salini, amministratore delegato di Webuild, la società leader del Consorzio Eurolink che si è aggiudicata la gara per la sua realizzazione. Anzi, Salini va anche oltre, e davanti alla platea degli ingegneri e dei tecnici riuniti al Maxxi di Roma per il convegno organizzato dall’Oice, spiega con un pizzico di emozione, che vorrebbe trasformare la grande opera destinata ad unire la Sicilia alla terraferma in una sorta di biglietto da visita della capacità del made in Italy nel mondo. E che, proprio per questo, vorrebbe che un po’ tutte le società di ingegneria e architettura del Paese firmassero in qualche modo il progetto.
Una sorta di grande opera collettiva del nostro know how. “Il settore delle infrastrutture aggiunge Salini – è in crescita e sta facendo da traino a prodotto interno lordo e occupazione, anche grazie alle risorse del Pnrr. Dobbiamo cogliere questo momento positivo in termini di investimenti e risorse disponibili per guardare oltre e puntare ad un progetto Paese più ampio, per disegnare il paese che vogliamo essere nei prossimi anni, dal punto di vista produttivo, infrastrutturale, sociale, orientando verso questo progetto sia le risorse intellettuali che quelle imprenditoriali e finanziarie”.
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Ma per centrare questo obiettivo, spiega ancora l’amministratore delegato di Webuild, “è fondamentale riuscire a superare il vincolo della frammentazione del comparto, attraverso sistemi imprenditoriali forti guidati da una impresa più grande che opera come main contractor di una filiera di imprese di dimensioni minori.
Salvini: “Negare il nucleare è una sciocchezza”
Nel settore delle grandi opere infrastrutturali la classe dimensionale delle imprese è cruciale, per far fronte alla crescita del contenuto tecnologico delle opere, per effettuare la formazione necessaria in sicurezza, per implementare le più avanzate tecniche di presidio in termini di trasparenza e legalità, oltre che per far fronte a shock improvvisi come l’aumento dei costi delle materie prime”. Il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, sottolinea invece un altro punto, quello del nucleare: “Negarselo è una sciocchezza, il tutto elettrico non esiste”.
Anche le società di ingegneria devono, comunque, fare i compiti a casa, per continuare a crescere e fare fronte alle sfide del Pnrr. “Non dobbiamo dimenticare il contesto dal quale siamo partiti, con un tempo medio di circa 15 anni per realizzare un’infrastruttura di oltre cento milioni di euro e almeno 382 grandi opere incompiute per un controvalore di 1,82 miliardi di euro”.
Ora, però, ci sono tutte le condizioni per una svolta. Nel secondo semestre di quest’anno sono stati lanciati 859 bandi per 694 milioni di servizi e 13,e miliardi di lavori. “Ormai i progettisti – aggiunge Lupoi – fanno le corse a fianco delle stazioni appaltanti”. Ma, avverte, senza il project management, sarà difficile rispettare le scadenze”.
Per il 2023 prevista una crescita del 25%
Per quanto riguarda, infine, le prospettive del settore, la “dinamica espansiva “è prevista attenuarsi ma non esaurirsi, per via dell’impulso proveniente dagli investimenti pubblici”. In particolare, si legge nel rapporto Oice-CEr presentato ieri, nel 2023, per effetto del Pnrr, si prevede una crescita del 25% che scende al 9,4% l’anno prossimo. “Un rallentamento nell’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e una manca risoluzione degli incagli legati al bonus 110% potrebbero però modificare significativamente le prospettive del settore”.
Per quanto riguarda, invece, le società di ingegnerie, sono attesi aumenti del 17,1% per l’anno in corso e del 15,1% per l’occupazione. Importante anche il peso della componente estera, che tornerebbe “ad esercitare un ruolo di traino, con un incremento del 30,5%, più del doppio rispetto alla già elevata variazione del 2022 (+13,7%). Resta “brillante” la dinamica del mercato interno, con un aumento nel 2023 del 12% dopo il 25,7% registrato nell’anno precedente.
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