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Francesco Maria Chelli

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Lo studio Istat sullo stato di salute dell’Italia conferma l’andamento positivo del Pil, ma accende i riflettori sulla situazione critica dei giovani

Il binario è quello giusto e la “locomotiva Italia” è ben avviata nella sua corsa, ma qualche rischio di deragliamento c’è ancora. Il calo demografico, la condizione di difficoltà dei giovani, ma anche la povertà energetica e l’impatto dei cambiamenti climatici restano gli ostacoli da superare. Le prospettive comunque sono incoraggianti.

Il “Rapporto annuale 2023. La situazione del Paese”, illustrato al Senato dal presidente dell’Istat, Francesco Maria Chelli, restituisce l’immagine di un’Italia che ce la sta facendo e anche meglio di altri Paesi europei. Ha superato le difficoltà drammatiche della pandemia e sta reagendo anche alla grave crisi provocata dal conflitto in Ucraina che ha messo sottosopra le economie mondiali. Il forte rincaro dei prezzi dell’energia e delle materie prime – spiega il rapporto dell’Istat – ha condizionato l’evoluzione dell’economia, con rilevanti aumenti dei costi di produzione per le imprese e dei prezzi al consumo per le famiglie.

L’ITALIA VISTA DALL’ISTAT, CRESCE IL PIL MA LA SITUAZIONE DEI GIOVANI…

Ma nel 2022 l’Italia ha inanellato una serie di successi. È proseguito il recupero dell’attività produttiva e a fine anno il saldo commerciale è tornato in attivo. Il Pil nel primo trimestre del 2023 ha messo a segno una crescita del 3,7% inferiore solo a quella della Spagna, con il deciso sorpasso di Francia e Germania, rispettivamente a +2,5% e +1,8%. E anche per quanto riguarda l’inflazione, che si conferma il vulnus della crescita, il nostro Paese è riuscito a ridurre il divario rispetto all’area euro passato all’1,9% a maggio rispetto al 3,1% di dicembre 2022.

Tornando al Pil, al traino hanno contribuito i consumi delle famiglie (+5,5% rispetto al 2021) e gli investimenti fissi lordi che con +9,4% hanno raggiunto il valore più elevato degli ultimi dieci anni. Un contributo forte è arrivato dalle costruzioni, su cui ha inciso anche l’effetto bonus. La crescita non ha premiato però nello stesso modo tutte le aree: +4,2% nel Nord-est, + 4,1% nel Centro, +3,5% nel Mezzogiorno e +3,1% nel Nord-ovest. Ottimi segnali arrivano anche dal mercato del lavoro con più occupati (545mila unità ) e calo di disoccupati (-339mila) e inattivi (-484mila).

L’EMERGENZA SULL’INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE

Per quanto riguarda l’occupazione giovanile nella fascia di età tra 25 e 34 anni a vincere è il Centro-Nord con 8 giovani su 10 che sono riusciti a conquistare l’agognato “posto”, mentre al Sud sono solo 5. È però nel Mezzogiorno che si rileva la maggiore incidenza delle imprese giovanili con il 13,9%, che scende al 13,2% nelle isole e al 10,1% nel Nord-est. È comunque sempre più emergenza per l’invecchiamento della popolazione e il calo delle nascite (-27mila rispetto al 2019), fenomeni che sono destinati ad accentuarsi – questo l’allarme lanciato – con effetti negativi sul tasso di crescita del Pil pro capite.

Il suggerimento è di investire sul benessere delle nuove generazioni per compensare con la loro valorizzazione l’insufficiente turn over generazionale. Ma su questo fronte spuntano le problematiche più pesanti: “Gli indicatori che riguardano il benessere dei giovani – afferma l’Istat – in Italia sono ai livelli più bassi in Europa”. Il nostro, come è stato ripetuto da più di uno studio, non è un Paese per giovani. La fotografia scattata dall’Istat lo conferma: il 47,7% degli under 34 “mostra almeno un segnale di deprivazione (istruzione, lavoro, coesione sociale, salute, benessere), di questi il 15,5% rientra nella categoria dei “multi-deprivati”.

Inoltre quella che viene definita “la trappola della povertà”, e cioè il meccanismo di trasmissione intergenerazionale è più intenso che negli altri Paesi Ue. L’ascensore sociale funziona sempre meno se è vero, come si evince dalle statistiche, che un terzo degli adulti a rischio di povertà proviene da famiglie in difficoltà economiche. Si spende poco per l’istruzione e anche in questo caso l’Italia è la Cenerentola con un investimento del 4,1% del Pil a fronte del 5,2% in Francia, del 4,6% in Spagna, del 4,5% in Germania e del 4,8% della media della Ue 27.

PRESTAZIONI SOCIALI A FAMIGLIE E MINORI

Erogazioni al lumicino anche per le prestazioni sociali alle famiglie e ai minori: 1,2% del pil nettamente al di sotto del 2,5% della Francia e del 3,7% della Germania. Per non parlare della condizione dell’edilizia scolastica con solo il 40% degli istituti certificati. Ad allontanare i ragazzi dalla scuola anche le difficoltà dei trasporti che rappresentano uno “svantaggio significativo” per il Sud, dove quasi il 15% degli istituti è poco raggiungibile, una percentuale che cala al 7,8% nel Centro e al 5,7% nel Nord. Tante dunque le preoccupazioni comprese quelle relative ai cambiamenti climatici con fenomeni estremi che in questi ultimi anni si sono intensificati.

D’altra parte il 2,2% della popolazione vive in aree a pericolosità da frana considerata elevata o molto elevata e l’11,5% in territori con pericolosità da alluvione da media a elevata. Due in particolare – ha sottolineato il presidente dell’Istat – le emergenze non ancora risolte, l’acqua e la povertà energetica. La disponibilità media annua della risorsa idrica ha raggiunto il livello minimo nel 2022, mentre persiste il dissesto delle infrastrutture idriche. Mentre siccità ed eventi meteo avversi hanno penalizzato in particolare il Sud e il settore agricolo.

Un altro obiettivo è combattere la povertà energetica: nel 2022 il 17,6% delle famiglie a rischio di povertà ha ammesso di non essere in grado di riscaldare adeguatamente l’abitazione, il 10,1% di non essere in regola col pagamento delle bollette. I bonus non bastano se queste criticità sono denunciate anche dal 27,1% dei nuclei che li ha ricevuti.

ISTAT, IN ITALIA CRESCE IL PIL MA NON PREOCCUPANO SOLO I GIOVANI

I coni d’ombra dunque ci sono. Anche il dato di ieri sulle vendite al dettaglio a maggio pone qualche problema. Rispetto ad aprile l’Istat ha rilevato un +0,7% in valore e +0,2% in volume con l’incremento dei beni non alimentari in quantità e valore e solo in valore per gli alimentari. Su base tendenziale però le vendite crescono del 3% in valore ma perdono il 4,7% in quantità. In particolare i prodotti alimentari segnano +7,7% e -3,8% in volume, quelli non alimentari rispettivamente -0,6% e -5,2%.

Ancora una volta la situazione che si presenta – come ha denunciato la Coldiretti- è di una spesa maggiorata di 4 miliardi per mangiare portando però meno prodotti in tavola. Una difficoltà confermata dall’exploit degli acquisti low cost con i discount che hanno segnato un balzo del 9,5% nei primi cinque mesi. I rincari – ha sottolineato Coldiretti – spingono le famiglie a orientare la spesa su canali a basso prezzo rinunciando anche alla qualità mentre le difficoltà si estendono alle imprese agricole colpite dai raccolti decimati dal maltempo e dai prezzi bassi.


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