Raffaele Fitto, ministro per gli Affari Europei, Coesione, Pnrr e Sud
5 minuti per la letturaLO SCONTRO ad alta tensione con i giudici contabili è tutt’altro che rientrato quando il Governo incassa la fiducia sul decreto Pa che contiene le norme che cancellano il controllo concomitante della Corte dei conti sulla spesa del Pnrr e prorogano di un anno lo scudo erariale. E mentre Raffaele Fitto, ministro per gli Affari Europei, Coesione, Pnrr e Sud, è impegnato a chiudere l’ultimo round del confronto con le Regioni per fare il punto sull’attuazione delle misure delle politiche di Coesione, rispetto alla programmazione 2014-2020 e 2021-2027, e del Pnrr e arrivare al coordinamento e all’impegno di tutte le risorse, che è il cuore della strategia che l’esecutivo punta a mettere in campo per rimodulare il programma concordato con la Commissione europea e spostare sulle programmazioni con un orizzonte più lontano i progetti del Recovery che realisticamente non potranno essere completati entro il 2026.
Due partite che, nelle intenzioni di Palazzo Chigi – con Fitto in prima linea – puntano ad accelerare l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e salvaguardare l’erogazione delle diverse tranche della sua dote. Intanto prosegue l’interlocuzione con Bruxelles per le modifiche al piano e la messa a punto del capitolo RepowerEu, con misure e interventi per l’efficientamento energetico e preparare il definitivo addio a Mosca.
Sul primo fronte Fitto, tra un bilaterale e l’altro con i governatori convocati a Roma, rimarca la posizione espressa dalla premier Giorgia Meloni, respingendo quindi l’accusa di una deriva autoritaria – «non c’è nessuna limitazione dei controlli della magistratura contabile» – e sottolineando che l’esecutivo «si muove in linea con il Governo Draghi». Quanto alla strategia dei “vasi comunicanti” tra tutti i fondi disponibili – in cui si inserisce anche il capitolo RepowerEu – il ministro torna a spiegarla così: il Pnrr, dice intervenendo a un incontro alla Camera, richiede «il completamento al cento per cento dei progetti entro giugno 2026», per cui «è evidente la necessità di un confronto e di una rimodulazione di una serie di interventi per finalizzare le risorse dove c’è reale capacità di spesa e sulle priorità che rientrano tra le nuove esigenze che ci troviamo davanti». Finora, ribadisce, l’Italia «non ha mai brillato né per capacità né per qualità di spesa». E la spesa delle risorse 2014-2020 inchiodata al 34%, pari a 43 miliardi circa su 126, sta a dimostrarlo.
«Se pensiamo adesso che le risorse ammontano a 220 miliardi e che il tempo è dimezzato, è evidente che si pongono delle serie valutazioni su cui è necessario riflettere», la conclusione del ministro. «Spostando progetti che non riescono a stare nel Pnrr» per una questione di tempi «si liberano delle risorse che possono essere riprogrammate» con il Repower ed altri «verso una politica industriale necessaria per il nostro Paese», aggiunge poi. Per quanto riguarda poi il cambiamento degli obiettivi intermedi, puntualizza poi, «non significa smantellare il piano ma metterlo in sicurezza». Su questa strada si procederà per gli asili nido per cui si chiederà una proroga.
A Roma per l’ultimo ciclo di incontri con le Regioni in agenda si ritrovano i presidenti Donatella Tesei (Umbria), Francesco Acquaroli (Marche), Michele Emiliano (Puglia), Renzo Testolin (Valle d’Aosta), Donato Toma (Molise), Christian Solinas (Sardegna), Arno Kompatscher (Provincia Autonoma di Bolzano), Luca Zaia (Veneto), Maurizio Fugatti (Provincia Autonoma di Trento). Nel trarre le somme del confronto il ministro parla di un «bilancio positivo», considerando l’intesa «sia sugli obiettivi sia sulle modalità». E il fatto che anche il governatore Emiliano abbia (in parte) riconosciuto che Fitto «ha teoricamente ragione nel volere mettere ordine nel caos che c’è stato negli anni passati» ha un suo peso, soprattutto considerando la bocciatura dell’uso dei fondi di coesione «per salvare il Pnrr» espressa arrivando all’appuntamento. Il governatore rivendica il primato pugliese nella spesa dei fondi europei e del Fondo di sviluppo e coesione, e insiste sulla necessità di sbloccare comunque il Fondo di sviluppo e coesione «perché si possa immediatamente partire con le oltre 4700 imprese che aspettano le risorse per cominciare a investire in Puglia. Adesso – afferma – è tutto fermo: il Fondo di sviluppo e coesione e quindi i fondi europei».
Toma invece raccomanda «di non toccare il cofinanziamento dei fondi comunitari Fsc, il famoso 15%». Se Zaia candida il Veneto «a realizzare progetti strategici» sul Pnrr «non solo per il nostro territorio, ma anche con ricadute a livello nazionale», Tesei garantisce «entro la fine di luglio» l’individuazione degli «ambiti sui quali concentrare le risorse previste dalla seconda fase della programmazione del Pnrr». «Il confronto è stato proficuo, ho riscontrato condivisione sul lavoro e consapevolezza sulla sfida da portare avanti da parte di tutti», riassume Fitto che guarda ora alla fase operativa che parte dall’avvio di 4 tavoli tecnici tra le strutture regionali e le task force istituite ad hoc dal Dipartimento per le Politiche di Coesione, cui sono sono assegnate cinque Regioni, tra cui due del Mezzogiorno. Conclusa l’analisi del ciclo di programmazione 2014-2020 si passerà alla condivisione dei progetti di rilevanza strategica da finanziare per il periodo 2021-2027. «La rapidità di riscontro delle Regioni sarà garanzia di tempi brevi per la definizione degli accordi», sottolinea.
Sotto la lente, tra le altre cose, intanto c’è il gap tra la spesa attuale e la spesa complessiva richiesta per la conclusione dei POR, in modo da individuare le soluzioni per restringerlo, la verifica definitiva del conseguimento delle Obbligazioni Giuridicamente Vincolanti per gli interventi a valere sul Fondo sviluppo e coesione, per stabilire l’ammontare dei definanziamenti e individuare i progetti che possono essere spostati sulla nuova programmazione. Si rende poi necessario un confronto sugli interventi che hanno trovato contemporanea rendicontazione in programmi diversi (europei e nazionali) e l’individuazione dei progetti strategici non avviati o non completati e meritevoli di attenzione.
Si parte da qui per arrivare all’individuazione dei progetti e delle misure che “per rilevanza strategica, coerenza con le strategie di sviluppo delle regioni, complementarietà e sinergia con gli interventi previsti negli stessi territori nell’ambito del Piano di ripresa e resilienza, potranno essere considerati prioritari nell’ambito dell’Accordo negoziale tra Governo e Regione, da sostenere con le risorse nazionali della politica di coesione – spiega una nota del ministero -. Negli Accordi sarà inoltre definita l’attribuzione del contributo di tali risorse al cofinanziamento dei Programmi Europei”.
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