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COME con le tessere di un mosaico, dato dopo dato si costruisce il racconto vero del “miracolo” italiano. Ieri, in una sola giornata, la relazione del governatore della Banca d’Italia, l’ultima di Vincenzo Visco, i conti trimestrali del primo trimestre, le stime provvisorie dei prezzi al consumo di maggio e la revisione al rialzo di Moody’s della stima di crescita dell’economia italiana (+0,8% per il 2023), più della Francia, a fronte di un andamento piatto della Germania, hanno restituito la narrazione di un’Italia capovolta rispetto a quanto si andava ripetendo nei mesi scorsi.
GLI OSTACOLI SUPERATI
Il Paese corre e, nonostante le difficoltà inevitabili dopo una pandemia e con una guerra in corso nel cuore dell’Europa, lo fa meglio degli altri partner. Nelle considerazioni finali Visco è stato chiaro: «A fronte degli shock di intensità inusitata degli ultimi anni, l’economia italiana ha mostrato una notevole capacità di resistenza e reazione». A parlare sono i numeri sciorinati da Bankitalia. Recupero del crollo già a fine 2021, poi l’espansione economica che ha portato a un incremento nel 2022 del 3,7% «ben superiore alle attese». E per quest’anno si punta, secondo le previsioni disponibili, all’aumento dell’1%.
Un risultato importante perché realizzato nonostante le difficoltà poste dal conflitto in Ucraina. Insomma, l’Italia sembra davvero aver azionato tutte le contromisure per reagire al meglio anche all’impatto della crisi ucraina. E ha risposto bene anche il mercato del lavoro, con il riassorbimento del forte calo dell’occupazione che aveva riguardato soprattutto i giovani e le donne. Secondo Bankitalia, a trainare la crescita sono stati soprattutto le costruzioni, per effetto dei bonus, e i servizi. Ma anche l’industria manifatturiera è rimasta sui livelli pre Covid del 2019.
LA RIMONTA DEL PIL
E, a conferma delle valutazioni positive dell’Authority monetaria nazionale sono arrivati anche i dati Istat sul prodotto interno del primo trimestre dell’anno, in recupero dello 0,6% sul trimestre precedente e dell’1,9% rispetto allo stesso periodo del 2022. Con una crescita acquisita per quest’anno pari allo 0,9%. Una ripresa azionata, secondo l’Istat, dai consumi privati (+0,3%), da quelli pubblici e dagli investimenti entrambi in salita dello 0,2%. Bene anche ore lavorate, posizioni lavorative e unità di lavoro, stabili solo i redditi da lavoro.
Uno scenario decisamente favorevole disegnato dalle analisi di istituti nazionali ed esteri che assume ancora più valore se- come suggerisce Bankitalia – si tiene conto «delle debolezze che ancora affliggono la nostra economia e che negli ultimi decenni si sono riflesse in un progressivo arretramento del reddito pro capite rispetto agli altri Paesi avanzati». Uno degli aspetti evidenziati è per esempio il «protratto ristagno della produttività del lavoro» al quale hanno contribuito «sia la bassa efficienza dei processi produttivi, sia, nella fase successiva alla crisi finanziaria globale, la debolezza dell’accumulazione di capitale». Negli ultimi 25 anni – prosegue la relazione di Bankitalia – il prodotto per ora lavorata è cresciuto di appena lo 0,3% all’anno, meno di un terzo della media degli altri Paesi dell’area dell’euro.
LE SPINE DEL LAVORO E DEGLI INVESTIMENTI
Nel mirino anche la carenza di adeguati investimenti tecnologici e la qualità del capitale umano, ancora insufficiente. Una situazione che ha frenato la redditività delle imprese, ma anche le retribuzioni, che restano le più deboli in Europa «al netto dell’inflazione». Non è mancata una bacchettata sulla maggior diffusione del lavoro temporaneo e parziale e anche le formule contrattuali atipiche che, se da un lato hanno aumentato il numero di occupati in molte famiglie, hanno però favorito il permanere di salari modesti.
È vero che l’anno scorso sono stati stabilizzati molti contratti, ma resta la precarietà che colpisce in particolare i giovani, con il 20% che dopo 5 anni è ancora impiegato “a tempo”. Da Visco un assist al salario minimo da introdurre «con il necessario equilibrio». Per Bankitalia il fattore lavoro è determinante per le prospettive di sviluppo dell’economia che «dipenderanno in larga misura dalla capacità di tornare a ritmi di crescita della produttività del lavoro nettamente superiori a quelli degli ultimi 25 anni e almeno pari a quelli medi osservati negli altri Paesi dell’area dell’euro». Progressi ne sono stati fatti, ma resta comunque l’assioma che «un’economia innovativa richiede una forza lavoro qualificata, con conoscenze adeguate e continuamente aggiornate».
IL PESO DELL’INFLAZIONE
Il trend economico favorevole ha zittito i “gufi”, ma pesano ancora molte incertezze a partire dall’inflazione. Anche su questo fronte, però, Visco prospetta scenari rassicuranti: «La normalizzazione monetaria e la restrizione del credito ci riporteranno a prezzi stabili». Anche se la ricchezza delle famiglie si è ridotta. La guerra in Ucraina è stata determinante per la fiammata dei prezzi, con rialzi straordinari dell’energia, ma le tensioni hanno coinvolto anche prodotti agricoli e fertilizzanti «mettendo a rischio la sicurezza alimentare delle economie più povere e vulnerabili». Un vulnus anche per l’economia italiana, con l’erosione del potere di acquisto delle famiglie.
Ora, grazie al crollo del prezzo dei beni energetici, l’inflazione si sta raffreddando. A maggio l’indice dei prezzi ha segnato + 0,3% sul mese precedente e + 7,6% su base annua rispetto al +8,2% rilevato dall’Istat ad aprile. A piegare la curva su base tendenziale i listini del beni energetici non regolamentati calati da +26,6% a +20,5%. In ribasso gli alimentari lavorati (da +14% a +13,4%), mentre non si fermano quelli freschi che sono aumentati a +8,9% da +8,4% di aprile.
IL CARRELLO DELLA SPESA
Rallenta la crescita del carrello della spesa e dei prodotti ad alta frequenza di acquisto (+11,3%). L’aumento congiunturale degli alimentari non lavorati (molto meno i lavorati), i servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona, e i servizi all’abitazione, è stata solo in parte compensata dal calo degli energetici. Gli alimentari restano “osservati speciali” con un incremento quasi doppio rispetto al dato medio dell’inflazione. A gonfiare i listini anche l’andamento climatico che ha distrutto i raccolti portando così alle stelle in particolare i prezzi degli ortaggi. Aggravando, secondo Coldiretti, le criticità delle famiglie costrette nel 2022 a tagliare del 9% gli acquisti di ortofrutta. Con difficoltà crescenti per i consumatori, ma anche per le imprese agricole, il 34% delle quali (dati Coldiretti) continua a lavorare a reddito zero o addirittura negativo.
Se l’inflazione rimarrà fino al 2050 superiore al 2% il rischio, secondo le stime di Confesercenti, è di bruciare 10 miliardi di potere d’acquisto delle famiglie in tre anni. E per Codacons l’inflazione al 7,6% si traduce in una maggiore spesa su base annua pari a 2.879 per unnucleo con due figli e di 2.223 per una famiglia tipo, con 915 euro in più solo per mangiare.
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