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Prezzi in corsa, bollette alle stelle, salari al palo: italiani più poveri oggi di 30 anni fa, rispetto al 1995 reddito più basso di 150 euro

Anni di crescita vicina allo zero, la lunga crisi, prezzi in corsa, bollette alle stelle, salari al palo hanno reso le famiglie più povere oggi di 30 anni fa: rispetto al 1995 il reddito pro capite è più basso di 150 euro. Un dato messo in luce nel report realizzato da Confcommercio e Censis, che già nel titolo – “L’anno della transizione: fiducia elevata, consumi deboli” – racconta di un 2023 «complicato», «spartiacque tra il boom economico 2021-2022 e una fase che potrebbe essere di nuova crescita», avvertendo allo stesso tempo di «una pericolosa contraddizione» che «rischia di rallentarla».

IL REDDITO DEGLI ITALIANI, CHE SI SCOPRONO POVERI, VALE 150 EURO MENO DEL 1995

«Nel 2022, a prezzi costanti, non abbiamo recuperato né il reddito disponibile pro capite del 2019 né, tantomeno, quello del 2007, cioè il massimo», sottolinea il direttore dell’Ufficio Studi di Confcommercio, Mariano Bella – siamo addirittura sotto di 150 euro in termini reali rispetto al 1995, cioè quasi trent’anni fa. Tanto per dire che i trent’anni di bassa crescita si sentono nelle nostre tasche e nei temi di disagio sociale e crescita della povertà assoluta che ogni giorno dibattiamo». Sul fronte della spesa reale è andata un po’ meglio. Sono stati quasi recuperati i livelli del 2019, ma si è ancora ben lontani da quelli massimi del 2007, mancano ancora 800 euro a testa.

ITALIANI SEMPRE PIÚ POVERI, IL REDDITO ATTUALE VALE MENO DI QUELLO DI 30 ANNI FA

E questo in un quadro in cui le persone hanno recuperato speranza nel futuro, come mostra la fiducia che, rilevano da Confcommercio, «è ai massimi storici o quasi (47,6% gli ottimisti, contro il 20,1% dei pessimisti)», ma «le intenzioni di acquisto non solo sono inferiori al 2022, ma addirittura inferiori al 2019». «Il risparmio sta esaurendo il sostegno ai consumi e l’incertezza per l’inflazione e il rialzo dei tassi di interesse comprimono le intenzioni di acquisto. Si rischia di rallentare la ripresa, nonostante la fiducia delle famiglie sia alta», sostiene il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, chiedendo quindi al governo di «accelerare le riforme, in particolare quella fiscale, e utilizzare al meglio le risorse del Pnrr».

«Le famiglie sentono che le cose potevano essere peggio e tirano un sospiro di sollievo – spiega Bella – l’occupazione in qualche modo è ai massimi, i sostegni pubblici hanno funzionato, i consumi, grazie a turismo, spettacoli e cultura, attirano e danno soddisfazione; però l’inflazione non è domata e gli aiuti pubblici si riducono, come per esempio abbiamo visto con l’inflazione di aprile (+0,5%, +8,3% su anno) dovuta in larga parte alla rimozione di alcuni sconti in bolletta. A questo punto, visto che il potere d’acquisto di redditi e risparmi si riduce, le famiglie percepiscono la necessità, se le cose non dovessero migliorare rapidamente, di ricostituire un adeguato stock di risparmio per fare fronte al contesto ancora caratterizzato dall’incertezza; maggiore risparmio vuole dire minori prospettive e intenzioni di spesa».

CRESCONO I CONSUMI MA LE FAMIGLIE HANNO EROSO I RISPARMI

I numeri rilevati attraverso il sondaggio accreditano timori e prospettive. Nel 2022 la crescita dei consumi – che più che in un aumento dei beni e servizi acquistati si è tradotta in un aumento della spesa, data l’inflazione galoppante – è stata sostenuta dal risparmio. Oltre la metà delle famiglie intervistate ha dichiarato infatti di aver eroso il proprio tesoretto (55,5%) durante lo scorso anno. Nei prossimi mesi non sono attesi grandi stravolgimenti: due famiglie su tre, infatti, prevedono che quest’anno i redditi familiari resteranno sostanzialmente identici rispetto a quelli dell’anno prima. Questa quota si ferma al 53,7% per i consumi, mentre soltanto il 44,1% prevede di riuscire a mantenere gli stessi livelli di risparmio dell’anno scorso, la metà delle famiglie intervistate, infatti, (48,5%) teme di vedere il gruzzoletto messo parte diminuire rispetto al 2022.

Sul fronte dell’inflazione le previsioni sono confortanti. «Senza ulteriori shock, l’inflazione dovrebbe scendere sotto il 6% già ad agosto, l’inflazione media 2023 sotto il 6% e nel 2024 al 2,3% di media», è la stima di Bella, che rimarca poi l’importanza delle riforme e gli investimenti che «sono l’unica possibilità per superare il periodo di transizione e innescare una nuova fase di crescita».


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