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Anche dai cambiamenti climatici estremi, tra siccità e alluvioni, possono arrivare nuove opportunità di lavoro legate a investimenti con ricadute importanti sul sistema agroalimentare. Ne è convinto il direttore generale dell’Anbi (Associazione dei consorzi di bonifica ed irrigazione), Massimo Gargano, che ha stimato la creazione di 45mila posti con la realizzazione del Piano invasi.
Si tratta della costruzione di una rete di laghetti e invasi (progetto messo a punto con Coldiretti) per conservare l’acqua piovana che oggi viene dispersa per l’89% e redistribuirla ai campi, alle industrie e ai consumatori, utilizzandola anche per produrre energia. E in una situazione come quella attuale, in cui una larga parte del Paese è in emergenza siccità e nell’altra la pioggia abbondante (l’Italia continua a essere uno dei Paesi dove piove di più) crea ingenti danni, si potrebbe trovare la quadra.
L’Anbi sta marciando in questa direzione come dimostra anche il raggiungimento degli obiettivi del cronoprogramma del Pnrr per 880 milioni di euro a cui si possono aggiungere altri 500 milioni di opere finanziate dal ministero Infrastrutture e Trasporti. Si tratta dunque di una opportunità per investire in un’agricoltura sempre più resiliente e sostenibile e rafforzare l’occupazione.
Intanto anche la Coldiretti ha presentato un rapporto che rileva come nelle campagne, con l’arrivo dell’estate, ci sia bisogno di 100mila lavoratori. Che rientrano in quel milione di posti che devono essere coperti secondo quanto ha dichiarato il ministro del Lavoro, Marina Elvira Calderone.
Le aziende agricole e zootecniche richiedono oltre alla manodopera per i lavori tradizionali e la raccolta anche figure specializzate come i trattoristi, i serricoltori, i potatori e i tecnici dell’agricoltura 4.0 per guidare droni, leggere i dati metereologici e utilizzare gli strumenti informatici. In un anno infatti il fatturato dell’agricoltura 4.0 è cresciuto di oltre il 30% raggiungendo 2 miliardi. Aprendo così nuovi spazi per trovare un’occupazione di livello.
E’ necessario assicurare nei campi personale in grado di interpretare i dati delle centraline meteo per monitorare l’umidità dei terreni e dare la giusta quantità di acqua, ma anche di maneggiare i sistemi hi tech per distribuire i fertilizzanti e di utilizzare le attrezzature di precision farming. Anche la guida di un trattore è un’attivita per superspecializzati. Senza contare droni e robot che stanno invadendo le campagne. Superano ormai il milione di ettari le superfici agricole dove vengono impiegate tecnologie avanzate e questo richiede un adeguamento anche degli addetti considerando che oltre la metà delle aziende adotta più di una tecnologia. E la stessa situazione si verifica nelle industrie con i sistemi di cloud computing, QR code ecc.
Per tornare nei campi solo nei vigneti, per le operazioni culturali primaverili e la vendemmia, servono 20mila addetti. Il settore vitivinicolo è infatti ad alta intensità di lavoro (80 giornate lavorative di media) e per la delicatezza delle operazioni richiede capacità manuali e professionalità. Nelle vigne, secondo lo studio di Coldiretti, un lavoratore su sei è straniero. Ma sono numerosi anche i giovani italiani: gli under 35 infatti rappresentano un terzo degli occupati in totale nel settore agricolo. A rafforzare le occasioni di un impiego per tutti, comprese le donne, gli sbocchi occupazionali offerti dalle numerosissime attività che si affiancano a quella agricola e che costituiscono il pianeta multifunzionalità. Rappresentano, come ha spiegato anche l’ultimo censimento dell’Istat, la nuova frontiera del settore agricolo e agroalimentare con fatturati in netta crescita. Si spazia infatti dalla trasformazione nell’azienda agricola dei prodotti alla vendita diretta, dalle fattorie didattiche agli agriasilo, fino alle attività ricreative, l’agricoltura sociale per l’inserimento di disabili, detenuti e tossicodipendenti, la sistemazione di parchi, giardini, strade, l’agri-benessere e la cura del paesaggio o la produzione di energie rinnovabili.
Molte attività sono a misura delle imprenditrici, ma anche delle lavoratrici e rappresentano un’importante “valvola” per chi ha perso in questi ultimi anni segnati dalla pandemia e dalla guerra il posto di lavoro. Soprattutto nel Sud dove le attività multifunzionali stanno avendo uno sviluppo importante.
La fame di “lavoratori” è emersa con evidenza anche in occasione dell’ultimo decreto flussi che ha visto un boom di domande: 252mila a fronte delle 82.705 quote previste. Un differenziale che la Coldiretti ha chiesto di colmare con urgenza tenendo conto che in Italia un prodotto agricolo su 4 è raccolto da stranieri. Ammontano a circa 360mila i lavoratori che arrivano da 164 Paesi e garantiscono il 30% delle giornate lavorative totali.
Quest’anno intanto per il lavoro occasionale c’è un sistema che potrebbe offrire un contributo rilevante. Si potrà testare, infatti, proprio nella fase che parte in questi giorni, la formula che ha sostituito i voucher. Grazie a una semplificazione burocratica si potranno assumere per lavori a tempo, pensionati, studenti, disoccupati, percettori di Naspi, reddito di cittadinanza, ammortizzatori sociali e detenuti ammessi al lavoro all’esterno. Al lavoratore saranno garantite tutte le tutele contrattuali previdenziali e assistenziali.
Ai 100mila posti nelle aziende agricole e zootecniche se ne affiancano altri 50mila per i prossimi cinque anni nelle industrie alimentari. Un settore dove – spiega Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia,- c’è una carenza di tutte le figure dagli operai generici e specializzati ai tecnici della qualità fino agli ingegneri. Ma a cosa attribuire questa penuria di addetti? Scordamaglia non ha dubbi: innanzitutto al mismatch tra formazione scolastica e mondo del lavoro. In pratica non vengono formate figure professionali in grado di rispondere alle esigenze di una industria sempre più tecnologicamente avanzata. Sono i limiti della formazione scolastica. Ma c’è dell’altro.
Spesso le aziende alimentari operano in aree di forte concentrazione di industrie e dunque scatta la competizione tra imprese. In pratica l’industria forma il dipendente e poi lo perde. Intanto per intervenire concretamente e subito Filiera Italia – sottolinea Scordamaglia – sta reagendo attivando Academy per fare formazione in proprio. In questo modo si potranno realizzare progetti ad hoc in grado di mettere a disposizione dell’azienda le professionalità adeguate.
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