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Mentre il sistema produttivo prova (anche con qualche successo) a rimettersi in carreggiata, il fardello della crisi per le famiglie continua a essere così pesante da costringerle a tagliare le spese, a partire da prodotti basilari come gli alimentari. Ieri l’Istat con i dati sul commercio al dettaglio di febbraio e il conto trimestrale (IV trimestre 2022) delle amministrazioni pubbliche, reddito e risparmio delle famiglie e profitti delle società nel quarto trimestre dello scorso anno, ha consegnato uno spaccato economico in parte positivo per le imprese, ma decisamente allarmante per quanto riguarda le famiglie.
LA CRISI IN CIFRE
All’aumento dell’1,9% (rispetto al trimestre precedente) della quota di profitto delle società non finanziarie si contrappone, nello stesso periodo, il calo del 3,7% del potere d’acquisto delle famiglie e la contrazione del 2% della propensione al risparmio.
E il risultato delle difficoltà economiche dei nuclei trova riscontro nel calo delle vendite al dettaglio a febbraio che sul mese precedente hanno perso in valore (-0,1%) e in volume (-0,9%). A cedere i beni alimentari (-0,3% in valore e -1,8% in quantità), mentre per i non alimentari sale il primo, ma cala il secondo.
Più evidente la discrepanza tra valore e quantità, se si prende in esame il dato tendenziale: le vendite al dettaglio sono salite del 5,8%, ma con volumi ridotti del 3,5%. Un andamento particolarmente significativo per i prodotti alimentari, balzati in valore del 7,9% ma con un calo del 4,9% in quantità, mentre per i non alimentari l’andamento è rispettivamente del +4,2% e del -2,3%.
In quest’ultima categoria, a correre sono i prodotti di profumeria e cura della persona con +10,5%, seguiti da utensili per la casa, casalinghi, giocattoli, prodotti farmaceutici e abbigliamento. I valori più bassi per libri e giornali, calzature ed elettrodomestici. Per tutti, comunque, la regola è la stessa: acquistare meno e spendere di più.
Un andamento che caratterizza le vendite al dettaglio da mesi. L’Istat, nel suo commento, ha evidenziato che per la prima volta, dopo cinque mesi, il calo congiunturale in valore ha interessato anche i beni alimentari.
In crescita, invece, tutte le forme distributive, in particolare la grande distribuzione, e nel settore alimentare performance marcatamente positive per i discount. Tutti i numeri confermano dunque che i consumatori sono in forte affanno.
La Coldiretti ha lanciato l’allarme sul taglio dell’8% degli acquisti di frutta, che hanno raggiunto i livelli minimi da inizio secolo. A svuotare la tavola l’impennata dei prezzi, dovuta anche alla contrazione produttiva per effetto del cambiamento climatico che ha decimato i raccolti.
Nel dettaglio dell’analisi di Coldiretti spicca il crollo del 17% delle quantità di pere, del 11% delle arance e dell’uva da tavola, dell’8% delle pesche, nettarine e kiwi e del 5% delle mele. Giù del 10% i consumi di ortaggi.
CONSUMATORI IN ALLARME
Complessivamente è stata ridimensionata la spesa per tutti i prodotti alimentari, ma con super esborsi. La situazione di difficoltà è resa evidente dal fatto che – ha sottolineato Coldiretti – volano gli acquisti di cibo low cost, con i discount alimentari che fanno segnare un balzo del +9,9% nelle vendite in valore, il più elevato nel dettaglio. Questo significa che le famiglie, spinte dai rincari, dirottano le proprie spese su canali a basso prezzo rinunciando anche alla qualità.
E con il maltempo che imperversa sul nostro Paese la situazione potrebbe peggiorare e incidere ancora di più sui prodotti, con danni per gli agricoltori che hanno già superato i 6 miliardi e per i consumatori, che dovranno far fronte a ulteriori aumenti.
Il report dell’Istat sulle vendite, secondo Confcommercio, «conferma il rallentamento della domanda delle famiglie». L’ufficio studi dell’organizzazione non modifica però «l’outlook favorevole per i prossimi mesi riguardo al superamento dell’attuale moderata recessione, grazie alle esportazioni e al traino del comparto turistico, in un contesto di rientro delle tensioni sui prezzi al consumo».
Per Confesercenti l’onda lunga delle tariffe energetiche, che ha bruciato 12 miliardi di potere d’acquisto e che ha costretto gli italiani a dare fondo ai risparmi, pesa ancora sui consumi. E anche nel 2023 la situazione resta difficile perché, nonostante la contrazione delle bollette, le tariffe sono ancora care: quest’anno, secondo Confesercenti, gli italiani pagheranno 39 miliardi, 7,8 miliardi in più rispetto a due anni fa.
E preoccupa soprattutto il dato sulle vendite alimentari per l’impatto sulle piccole superfici commerciali, più penalizzate rispetto alla Gdo.
Critiche le rappresentanze dei consumatori. Codacons ha ribadito gli allarmi sull’impoverimento degli italiani: il crollo del potere d’acquisto era atteso «ma la sua entità (-3,7%) rappresenta un vero e proprio allarme sociale ed economico. Inflazione alle stelle e caro-bollette hanno eroso mese dopo mese la capacità di acquisto dei cittadini, interessando generi primari come luce, gas, alimentari, di cui le famiglie non possono fare a meno».
Ora il pericolo, per l’associazione dei consumatori, è un crollo dei consumi: per questo ha chiesto di contrastarlo con il taglio dell’Iva su alimentari e generi di prima necessità.
I MUTAMENTI IN ATTO NELLA VITA DELLE FAMIGLIE
Dello stesso tenore le valutazioni di Assoutenti, in particolare sulla spesa alimentare che «al netto cala complessivamente per 7,1 miliardi di euro su base annua, con una riduzione media di -377 euro se si considera un nucleo con due figli».
L’Adoc ha parlato di stillicidio per le famiglie e se ai dati rilevati dall’Istat si aggiunge che si prospettano una Pasqua e i ponti del 25 aprile e del primo maggio con rialzi dei prezzi dei carburanti «il danno non è di lieve entità»”.
D’altra parte, secondo una rilevazione Ipsos per Federdistribuzione, il 56% dei cittadini percepisce che l’aumento del costo della vita incide pesantemente sui conti famigliari. E per questo le famiglie hanno modificato le abitudini di acquisto: il 60% presta più attenzione a offerte e promozione, il 46% sta più attento agli sprechi, il 29% ha cambiato il luogo dove effettua acquisti, il 28% ha ridotto le quantità e il 19% la qualità. Dalle risposte raccolte da Ipsos si evince che un italiano su due prevede un peggioramento durante l’anno.
Uno scenario che, ha sottolineato Federdistribuzione, preoccupa per la tenuta dei consumi, sia del comparto alimentare sia, in prospettiva, del settore non food e per gli effetti sulla tenuta delle filiere di eccellenza del made in Italy e sull’economia in generale.
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