Il ministro Raffaele Fitto
4 minuti per la letturaI ritardi sul cronoprogramma, la trattativa con Bruxelles per rimodulare il Piano, le “perplessità” degli alleati nel governo sull’uso di tutti i fondi, le recriminazioni delle opposizioni: quando dice che il Pnrr è «una sfida da far tremare i polsi» Raffaele Fitto, ministro per gli Affari europei, Sud, politiche di coesione e Pnrr, si riferisce alla messa a terra delle risorse, con l’avvio degli investimenti, e al cammino delle riforme. Ma il contesto si fa via via anch’esso sempre più sfidante. «Servono risposte adeguate e all’altezza», che sottendono un’assunzione di «responsabilità» e una buona dose di «realismo», utile anche per «cogliere per tempo le criticità».
«Non si tratta di compiere delle scelte ma di prendere atto di quello che è possibile e non è possibile fare», sottolinea il ministro intervenendo a un convegno alla Luiss sul tema “Pnrr: sfide e opportunità”. «Questo governo, e non c’è nessuna polemica, ha rispetto ai precedenti governi un orizzonte temporale di 5 anni», afferma, e quindi «ha l’obbligo non di capire cosa accade per la prossima scadenza ma cosa accade a giugno 2026», perché questo «sarà il governo della conclusione del piano e dovrà dare conto del piano».
La guerra ha completamente travolto lo scenario già complicato che il Next Generation Eu si proponeva di aggiustare. Il regolamento di attuazione, ricorda il ministro, all’art. 21, mette in conto la possibilità di modificare il Recovery, se le condizioni lo avessero richieste. «Penso che quando è stato scritto nessuno potesse immaginare che in Europa sarebbe scoppiata una guerra e una drammatica crisi dal punto di vista energetico, con tutto ciò che questo ha comportato», rimarca il ministro.
Alle difficoltà “strutturali” dell’Italia sulla spesa si aggiungono quelle di contesto, e le dimensioni finanziarie del piano italiano rendono ancora più ardua la missione: «Il nostro Pnrr è il più grande d’Europa – rileva il ministro – c’è un surplus di attenzione sulle modalità di spesa delle risorse e sulle scelte» perché gran parte dei fondi sono a debito.
I ritardi ci sono e sono incontestabili. Certo, puntualizza Fitto, non dipendono dalle modifiche della governance, e il dl che le prevede, ancora in discussione in Parlamento – ieri l’ok del Senato, il 12 l’approdo in Aula – «entrerà in vigore solo quando sarà convertito in legge».
«Dove ci sono elementi di criticità bisogna ragionare serenamente», puntando ad una «collocazione dei progetti in programmi dove non rischiano di perdere il finanziamento»: Fitto torna a sottolineare l’esigenza di «una visione complessiva», ovvero di un’integrazione tra il Pnrr e le politiche di coesione – che valgono da sole circa 80 miliardi – che hanno un arco temporale più lungo. L’impegno del governo – scrive in un tweet al termine dell’incontro con gli studenti della Luiss – è «mettere in campo tutte quelle azioni necessarie affinché le risorse sia del Pnrr sia della Politica di coesione vengano utilizzate per realizzare investimenti che stimolino la crescita». Per allinearle e farne un unico “sistema” serve l’ok della Ue a un uso flessibile delle risorse in campo.
Alle sollecitazioni “consegnate” martedì da Fitto e dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, al Commissario Ue per il Bilancio, Johannes Hahn, si aggiunge “l’auspicio” di Giorgia Meloni che, al termine del bilaterale a Palazzo Chigi con il premier spagnolo Pedro Sanchez, invita la Ue a «fare attenzione a che non si percepiscano due pesi e due misure, due velocità sull’attuazione delle decisioni». «Come si è proceduto velocemente sull’allentamento degli aiuti di Stato che era caro ad alcuni Stati – afferma – confidiamo nella stessa velocità per una piena flessibilità nell’utilizzo dei fondi esistenti e sul fondo sovrano per sostenere le industrie europee», un’altra partita legata ai risultati del Pnrr.
Intanto sulla scena nazionale si fa ancora sentire l’eco dei distinguo della Lega sull’impiego di tutti i fondi – e continua ad alimentare l’attacco delle opposizioni a una maggioranza «spaccata» e «nel caos» e il pressing affinché ne dia conto in Parlamento – e gli scenari di un assedio al governo, a Fitto in primis, da parte del Carroccio. Ma il ministro getta acqua sul fuoco: sul Pnrr nel governo e nella maggioranza «si procede benissimo, senza alcuna difficoltà. Sento cose che non esistono». Sulla data di un suo intervento in Aula rinvia al Parlamento.
Dalla Lega il capogruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo, ribadisce che bisogna «evitare di indebitarsi per realizzare opere inutili o che resteranno incomplete», assicurando che «il governo farà tutto il possibile perché ci sia una rimodulazione, ossia che le risorse vengano spostate su progetti che siamo sicuri verranno realizzati». E su questo punto torna sul tavolo la questione “Sud”. Romeo ritiene infatti «assolutamente praticabile» la proposta del governatore del Veneto, Luca Luca Zaia, di riallocare i fondi del Pnrr non spesi dai Comuni più lenti, quelli del Mezzogiorno, metterli in un salvadanaio comune da cui chi ha la capacità di realizzare i progetti può attingere. Ma tra le principali mission del Piano c’è quella di ridurre i divari territoriali. Lo sottolinea il governatore della Basilicata, Marco Marsilio: «I fondi del Pnrr arrivano all’Italia perché c’è un Mezzogiorno in ritardo, il peso di queste regioni, ancora nell’obiettivo 1, fa crescere il montante di soldi che l’Europa ci riconosce per colmare il divario. Se poi, invece, si danno a regioni o comuni che già viaggiano, alle regioni che stanno già avanti, il divario aumenta».
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