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TERREMOTO sui mercati europei mandati al tappeto dal fallimento di Silicon Valley Bank e Signature Bank. Piazza Affari è stata la peggiore avendo lasciato sul terreno il 4,03% seguita da Madrid (-3,54%), Francoforte (-3,01%), Parigi (-2,9%) e Londra (-2,67%). Le conseguenze del fallimento di Silicon Valley Bank non sono state arginate nonostante l’intervento d’emergenza della Fed e del Tesoro americano che hanno garantito i depositanti. Vuol dire che tutti i clienti saranno rimborsati. Non altrettanto azionisti e obbligazionisti.
Da qui la valanga vendite cui ha contribuito il contemporaneo crollo di Silvergate, affondata dalla crisi dei bitcoin e Signature Bank. Le banche regionali americane sono sotto pressione. First Republic perde il 76% mentre Western Alliance il 81%. Pesanti anche Pacwest Bancorp (-50%) e Charles Schwab (-18%). In molti casi le contrattazione sono state sospese. Il titolo Svb Financial Group sarà rimosso dallo S&P 500 dopo la chiusura di domani e sarà sostituito da Insulet Corp, produttore di dispositivi medici. Il titolo di Insulet guadagna oltre il 5%. Non temete, «il sistema bancario americano è sicuro».
Dalla Casa Bianca il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, tenta di tranquillizzare gli investitori: «Tutti i clienti che avevano depositi possono stare tranquilli. Nessuna perdita per i contribuenti». Il presidente ha fatto sapere che chiederà al Congresso di legiferare per «rafforzare» la regolamentazione bancaria, inasprita nel 2008 dopo la debacle di Lehman Brothers e poi nuovamente alleggerita durante il mandato di Donald Trump. Dobbiamo fare in modo, ha sottolineato, «di rendere meno probabile che questo tipo di fallimento si ripeta, e proteggere i posti di lavoro». Soprattutto «gli americani possono avere fiducia che il sistema bancario è sicuro. I vostri depositi saranno lì quando ne avrete bisogno», ha aggiunto. Ha affermato poi che i dirigenti delle banche in difficoltà dovrebbero essere licenziati: «Hanno consapevolmente assunto un rischio, quando non ha dato frutti hanno perso i loro soldi».
Le parole della guida della Casa Bianca non sembrano rassicurare al momento i mercati, con le Borse europee che collezionano pesanti perdite e Wall Street negativa in avvio di contrattazioni Oltre a Biden, anche la governatrice di New York, Kathy Hochul, ha preso la parola per calmare le acque. L’acquisizione della Signature Bank da parte dei regolatori federali, avvenuta domenica «non è un salvataggio» che mette a rischio i contribuenti statali, ha dichiarato Hochul in una riunione con Adrienne Harris, sovrintendente del dipartimento dei Servizi Finanziari dello Stato. «Si tratta di una circostanza insolita, ma il messaggio principale che voglio trasmettere ai newyorkesi è che i loro soldi sono al sicuro». In attesa di capire quanto il crollo odierno costerà agli azionisti, chi ha investito nelle banche americane ha già rimesso una buona fetta del proprio capitale.
Secondo i calcoli effettuati da Murthy Grandhi, analista di GlobalData, complessivamente le banche statunitensi hanno perso oltre 267 miliardi di dollari la settimana scorsa. Il caso Svb ha creato, spiega l’analista di GlobalData, le condizioni per la vendita incontrollata di azioni anche per altre banche esposte sul mercato del venture capital. Per quanto riguarda l’Europa invece, nonostante la giornata difficile a Piazza Affari, appare improbabile che le svalutazioni registrate dai bond nei portafogli delle principali banche europee si traducano in impatti concreti sui bilanci. Questo perché, sostiene Moody’s, gli istituti non si troveranno in condizione di dover vendere i titoli in perdita. Tanto da definire la riduzione del valore “per la maggior parte delle grandi banche europee temporanee e moderate”.
Anche gli istituti più piccoli, che si basano sui depositi, “possono contare sulla stabilità della loro fedele clientela, che consente loro di attendere un recupero del valore dei bond senza dover subire un incremento dei costi di raccolta”. Gli esperti dell’agenzia stimano che “circa un terzo dei titoli di Stato sia detenuto al costo ammortizzato piuttosto che al fair value”.
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