Il ministro Giancarlo Giorgetti
5 minuti per la letturaIndietro non si torna, lo stop alla cessione crediti e allo sconto in fattura dei bonus edilizi – Superbonus in primis – posto dal decreto arrivato giovedì scorso a sorpresa sul tavolo del Consiglio dei ministri resta: a rischio c’è la tenuta conti pubblici, ha spiegato via social domenica la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sottolineando che la misura è costata finora 105 miliardi, 2mila euro a ogni italiano, con truffe per 9 miliardi.
Ma il governo è al lavoro per trovare una “formula” che risolva la questione dei crediti incagliati, per una valore di circa 19 miliardi, che mette a repentaglio la sopravvivenza di migliaia di imprese, travolgendo migliaia di posti di lavoro. «La ferma determinazione» a porvi rimedio e a «trovare le soluzioni più adeguate» per le imprese «che hanno agito correttamente nel rispetto delle norme», è messa nero su bianco anche nella nota diffusa a conclusione degli incontri di ieri Palazzo Chigi, nella Sala Verde, tra l’esecutivo e i soggetti finanziari e imprenditoriali coinvolti. E con la stessa nota il governo è tornato a confermare le detrazioni d’imposta per i bonus edilizi.
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, e i ministri dell’Economia e dell’Ambiente, Giancarlo Giorgetti e Gilberto Pichetto Fratin, e la sottosegretaria all’Industria, Fausta Bergamotto, hanno incontrato prima i rappresentanti di Abi, Cdp e Sace, subito dopo quelli di Ance, Confedilizia, Confindustria, Confapi, Alleanza cooperative italiane, Cna e Confartigianato.
Eventuali decisioni arriveranno solo dopo il parere di Eurostat – attesto in settimana – sull’annualità in cui contabilizzare i crediti, nel 2022 o quest’anno. In quest’ultimo caso il margine di manovra del governo sarebbe strettissimo in quanto un onere maggiore sul disavanzo metterebbe a rischio il rinnovo delle misure contro il caro-energia che scadono a fine marzo.
In ogni caso gli aggiustamenti al dl arriverebbero solo durante il confronto parlamentare sul decreto.
«Serve una risposta rapidissima, non c’è più tempo», è stato l’appello-allarme dell’Ance, rilanciato dalla presidente Federica Brancaccio, varcando la soglia di Palazzo Chigi. I sindacati sono sul piede di guerra: Cgil e Uil si sono dette pronte allo sciopero generale.
«La soluzione che noi cerchiamo è sull’intero ammontare dei crediti, 110 miliardi di euro. L’urgenza ora è sullo stock dei crediti che in base alle rilevazioni dell’agenzia delle entrate fanno riferimento alle imprese del settore edilizio, che hanno l’esistenza ad oggi di 19 miliardi circa di crediti incagliati. Lo sforzo che noi facciamo oggi e nei prossimi giorni con i tavoli tecnici è come far sgonfiare questa bolla», ha detto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, nel corso dell’incontro.
La bolla “rimbalzerà” su un tavolo tecnico intorno al quale torneranno a sedere i rappresentanti delle associazioni di categoria che hanno preso parte al confronto. L’obiettivo, spiegano da Palazzo Chigi, è arrivare all’individuazione di «norme transitorie al fine di fornire soluzioni nel passaggio dal regime antecedente al decreto legge a quello attuale, tenendo conto della situazione delle imprese di piccole dimensioni e di quelle che operano nelle zone di ricostruzione post-sisma».
Due le proposte arrivate sul tavolo: la cartolarizzazione del credito o le compensazioni tramite i modelli F24 presentati in banca.
Nel primo caso il meccanismo prevede l’individuazione delle risorse incagliate, la costruzione di ‘pacchetti’ di crediti da cedere poi sul mercato con società veicolo specializzate. Il problema, in questo caso, è quello dei tempi.
Attraverso invece l’utilizzo degli F24 – perorato congiuntamente dall’Abi e dai costruttori dell’Ance – in pratica le banche, che non possono più acquistare nuovi crediti perché hanno esaurito lo spazio di ‘smaltimento’ fiscale nei prossimi anni, potrebbero scaricare i debiti compensandoli con gli importi dei pagamenti fiscali fatti dai clienti con i modelli F24 ai propri sportelli.
Proprio su questa seconda opzione, ovvero sulla possibilità di compensare i crediti fiscali delle imprese utilizzando, in parte, i debiti fiscali delle imprese attraverso il modello F24, il governo avrebbe dato alle associazioni segnali di apertura.
«Siamo soddisfatti, abbiamo trovato apertura e grande consapevolezza da parte del governo che vanno sbloccati i crediti pregressi, quindi un’apertura all’F24 che era una proposta nostra e di Abi, e un tavolo immediato per il futuro. Il governo è consapevole che le misure vanno prese rapidamente», ha detto la presidente dell’Ance, Brancaccio, al termine del vertice a Palazzo Chigi. «Si è ragionato sulla possibilità di consentire eventualmente lo sconto in fattura per alcune fasce di reddito e per gli incapienti». L’Ance ha anche chiesto «un’apertura da parte delle partecipate a comprare i crediti pregressi».
Soddisfatta a metà Confedilizia: il presidente Giorgio Spaziani Testa ha lamentato le mancate risposte su un eventuale coinvolgimento di Cdp e delle grandi aziende partecipate dallo Stato per l’acquisto dei crediti. Confapi – che, ha evidenziato il presidente Cristian Camisa, rappresenta 3 dei 19 miliardi di crediti incagliati – ha chiesto di portare da quattro a dieci anni la detrazione dei crediti, in modo da «evitare dei rischi per molte aziende». Inoltre, ha proseguito, «abbiamo auspicato che mentre si arriva all’anticipo degli F24, che è una delle ipotesi in campo, si possa attivare un prestito ponte con la cessione dei crediti da parte di Enel ed Eni, che hanno capienza e possibilità di reperire questi crediti».
Oggi sarà il leader dei 5 Stelle, Giuseppe Conte, a incontrare le principali associazioni. Ieri, intanto, intervenendo a Quarta Repubblica, su Rete 4, ha accusato la premier di aver messo in atto «una manipolazione informativa». «Dire che i conti pubblici sono stati dopati – ha sostenuto – è una accusa gravissima, di cui sarebbe responsabile Draghi, che ha governato per 18 mesi, e adesso Meloni e Giorgetti. Non prendiamo in giro gli italiani, devono chiarire una notizia che allarma i mercati».
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