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Un rigassificatore

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Neanche i più ottimisti avrebbero potuto prevedere la scorsa estate che nel giro di pochi mesi il prezzo del gas sarebbe sceso, come ieri sera, a 56 euro al megawattora, sostanzialmente il livello di settembre 2021, molto prima dell’invasione russa in Ucraina. Neanche le temperature polari che hanno investito l’Europa la settimana scorsa (e la cui morsa è tuttora presente) hanno invertito il trend al ribasso.

Le Borse hanno festeggiato a modo loro. Dall’inizio dell’anno, infatti, il rialzo dei principali indici supera il 9%. Banche d’affari e fondi sperano in un atteggiamento più indulgente da parte delle banche centrali. La diminuzione del prezzo del gas ha fatto scendere l’inflazione, rendendo meno necessario l’inasprimento della politica monetaria. Un dato decisivo arriverà oggi con il Pil Usa del 4° trimestre Da notare che ad abbassarsi è stata tutta la curva dei futures sul gas, indicando un ottimismo generalizzato del mercato anche a medio termine: per tutto il 2023 (e per la primavera 2024) ci si aspetta un prezzo che oscilli tra 63 e 75 euro, quando solo 45 giorni fa le attese si attestavano a valori quasi doppi.

MENO TUBO, PIÙ RIGASSIFICATORI

Il risultato è che a metà gennaio l’Europa si trova con le scorte piene intorno all’80%%, quando tipicamente in questo periodo dell’anno siamo attorno al 60%. Insomma, grazie al clima clemente, alla minore domanda e al maggior ricorso al Gnl (Gas naturale liquefatto), gli Stati del Vecchio continente non hanno avuto bisogno di attingere agli stoccaggi; gli stessi stoccaggi che, inoltre, nessuno ha interesse a vendere sul mercato, vista la rapida discesa dei prezzi.

Il flusso di gas russo verso l’Unione europea è stato quasi azzerato. Siamo passati dai 150 miliardi di metri cubi del 2021 ai circa 25 miliardi di metri cubi previsti per il 2023 (via l’Ucraina e il gasdotto Turkstream). Per colmare il vuoto, la Ue ha quasi raddoppiato le importazioni di Gnl: 123 miliardi di metri cubi nel 2022, contro i 74 del 2021. Circa un terzo del Gnl importato l’anno scorso proveniva dagli Stati Uniti (diventati primi esportatori al mondo). Curioso come, nel silenzio quasi generale, al secondo posto si trovi proprio la Russia, seguita dal Qatar.

IL RISVEGLIO DELLA CINA E LA CONCORRENZA ASIATICA

La situazione generale è migliore di quanto ipotizzato la scorsa estate. Tuttavia, è troppo presto per dichiarare vittoria nella guerra dell’energia. «Sebbene il tentativo di Putin di utilizzare la dipendenza europea dal gas russo come strumento di ricatto sia fallito, l’Europa si trova ancora di fronte a una sfida importante per garantire il soddisfacimento del proprio fabbisogno energetico nell’inverno 2023-2024, e oltre», afferma Justin Thomson, responsabile investimenti azionari globali di T. Rowe Price.

«L’era della Russia come principale fornitore che soddisfa il fabbisogno energetico europeo è finita – sostiene Thomson – Non è più possibile tornare allo status quo precedente alla guerra in Ucraina, la transizione dall’energia russa sarà tutt’altro che semplice».

Il gas russo rappresenta infatti ancora più del 40% delle riserve europee per questo inverno. «Ai livelli attuali di domanda – dice Thomson -ciò significa che l’Europa dovrebbe attrarre il 30% del mercato globale del Gnl per arrivare in sicurezza fino alla primavera del 2024». Un’impresa ardua, considerato che la produzione di esportazione degli Usa è già ai massimi e, soprattutto che la domanda asiatica, in particolare cinese, di Gnl è destinata ad aumentare. Due anni e mezzo di pandemia hanno pesato non poco sull’economia del Dragone.

Ora, però, il gigante asiatico dà segnali di risveglio: le autorità di Pechino sembrano aver accantonato la politica zero-Covid e il Paese si sta riaprendo sia internamente sia all’esterno, e con lui la sua economia. «A nostro parere, una distensione più rapida del previsto della politica zero-Covid di Pechino e le politiche industriali favorevoli del governo contribuiranno a innescare un rimbalzo dell’attività economica più forte di quanto atteso nel primo semestre del 2023 – afferma Christiaan Tuntono, Senior Economist Asia Pacific di Allianz Global Investors – A fronte di una base statistica modesta nel 2022, nel 2023 la crescita potrebbe tornare a livelli in linea con il potenziale (4,5%-5%) o superiori».


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