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Stima preliminare confermata: l’inflazione a dicembre ha rallentato la corsa. Rispetto a novembre l’aumento è stato dello 0,3%, ma su base annua l’indice nazionale dei prezzi al consumo è cresciuto dell’11,6% rispetto al +11,8% del mese precedente. Lo ha rilevato l’Istat che ha evidenziato come la media del 2022 si sia attestata su un incremento dell’8,1% (+1,9% nel 2021). A frenare i rialzi, che comunque restano ancora significativi, i prezzi dei beni energetici scesi a +63,3% da + 69,9% e degli alimentari non lavorati da + 11,4% a + 9,5%. Colpo di acceleratore invece per gli energetici regolamentati (saliti a +70,2% da 57,9%), gli alimentari lavorati (da 14,3 a +14,9%), i servizi ricreativi, culturali e per la persona e quelli relativi alle comunicazioni. A dicembre comunque l’inflazione di fondo (al netto da energetici e alimentari freschi) è cresciuta da + 5,6 a+ 5,8%. Il cosiddetto carrello della spesa è invece un pochino più leggero (da +12,7% a + 12,6%).
Il nodo è rappresentato dagli energetici e dai beni alimentari che risentono molto degli aumenti dei primi. Se proseguirà il trend di raffreddamento di gas e petrolio l’aumento dei prezzi potrebbe rientrare. Ma per ora la situazione resta difficile con un andamento dei listini che agisce sempre di più come tassa ingiusta, con un impatto più pesante – come ha sottolineato l’Istituto di Statistica – sulle famiglie con minore capacità di spesa. I prezzi al consumo infatti con una crescita annua dell’8,1% hanno raggiunto il livello più ampio dal 1985.
La bolletta per i consumatori è molto salata. Perché se è vero che si è attenuato il ritmo di crescita dei prodotti alimentari (da +13,2% a +12,8%; +0,2% da novembre), soprattutto per quanto riguarda quelli freschi (da + 11,4% a + 9,5%,-0,6% su novembre) al traino di frutta e vegetali, contemporaneamente però si è intensificato l’andamento dei prodotti lavorati con +0,8% sul mese e a +14,9% dal 14,3% il tendenziale.
A livello territoriale sono 11 le regioni (Sicilia, Trentino Alto Adige, Sardegna, Liguria, Abruzzo, Puglia, Umbria, Veneto, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Toscana) dove il tasso inflazionistico è più alto di quello nazionale, la Calabria è in linea con il dato nazionale, mentre le altre regioni sono al di sotto. Per quanto riguarda i capoluoghi, le città più care sono Catania, Palermo e Messina, quelle dove l’inflazione morde meno Potenza e Aosta. L’Istat ha comunque ricordato le misure adottate con i vari bonus per alleggerire la spesa energetica delle famiglie e con la modifica del tetto Isee si è allargata la platea dei beneficiari (circa 3 milioni di nuclei per il bonus elettrico e 2 milioni per il gas). Ai sostegni del governo si sono aggiunti anche quelli adottati da alcune regioni, per esempio la Basilicata ha azzerato il costo della materia prima del gas per 110mila.
Nonostante le speranze di ulteriori cali del costo dell’energia e i segnali di rallentamento dei prezzi, per Confesercenti il quadro per il 2023 resta incerto con prospettive difficile perché l’Italia è stata il Paese europeo più colpito dalla crisi energetica e i prezzi dell’energia anche nei prossimi anni resteranno in ogni caso superiori di oltre il 150% rispetto al periodo dal 2009 al 2022. Codacons ha continuato a parlare di “stangata”, costata nel 2022 un aggravio di 2.369 euro a famiglia per una spesa a carico degli italiani di 61,3 miliardi in più sull’anno precedente. Federconsumatori ha ribadito come l’inflazione incida soprattutto sulle famiglie meno abbienti e ha denunciato la marcata riduzione dei consumi, persino in un settore essenziale quale l’alimentazione.
E in effetti è particolarmente allarmante la situazione alimentare, secondo la lista degli aumenti stilata dalla Coldiretti. Il bilancio del 2022 si è chiuso infatti con un esborso aggiuntivo di 2,6 miliardi – ha spiegato l’organizzazione – solo per mettere in tavola pane e pasta, a cui si sono aggiunti 2,3 miliardi in più per la verdura, 2,2 miliardi per la carne, 1,8 miliardi per latte, formaggi e uova, 1 miliardo per il pesce e quasi la stessa cifra per la frutta. Complessivamente, con un aumento medio dell’inflazione del 9,1%, le famiglie hanno dovuto investire solo per mangiare ulteriori 13 miliardi.
“La pandemia prima e la guerra poi – ha commentato il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini – hanno dimostrato che la globalizzazione spinta ha fallito e servono rimedi immediati e un rilancio degli strumenti europei e nazionali che assicurino la sovranità alimentare, riducano la dipendenza dall’estero e garantiscono un giusto prezzo degli alimenti per produttori e consumatori”.
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